La modifica del ministero coinvolgerebbe tutti i supplenti che quest’anno scolastico abbiano lavorato almeno fino al 30 giugno. Cgil e Gilda si sono uniti in un fronte di dissenso: «Violato il principio di trasparenza e lesione del diritto all’accesso al rapporto di lavoro pubblico». Per le famiglie «significa poter dare continuità a un percorso già iniziato»
Le ultime decisioni del ministero dell’Istruzione e del Merito sul tema dei docenti di sostegno, inserite nel provvedimento del 26 febbraio, hanno suscitato numerose critiche e perplessità nel mondo della scuola. Il punto più discusso riguarda la possibilità di riconferma del docente di sostegno da parte delle famiglie, che coinvolgerebbe tutti i supplenti che quest’anno scolastico abbiano lavorato sino almeno al 30 giugno, sia specializzati con titolo accademico per sostegno didattico, sia non abilitati.
Una procedura che ha unito i principali sindacati del settore in un fronte comune di dissenso: Cgil e Gilda lo scorso venerdì hanno impugnato il decreto davanti al Tar del Lazio che «viola il principio di trasparenza necessario per garantire correttezza e regolarità nelle procedure di reclutamento ed è lesivo del diritto all’accesso al rapporto di lavoro pubblico per chi è collocato in posizione utile in graduatoria».
La continuità del sostegno
Ma cosa accade nella realtà quotidiana di chi ogni anno si trova a ricominciare da capo con un nuovo insegnante di sostegno?
«La mia prima reazione dopo aver letto della possibilità di riconferma dell’insegnante di sostegno è stata un sospiro di sollievo», racconta Chiara Cappelletti, mamma di Viola, una bambina autistica di 6 anni che vive in provincia di Milano e affronta ogni giorno le difficoltà di una scuola pubblica che dovrebbe garantire un’istruzione inclusiva, ma spesso non riesce a farlo pienamente. «Significa poter dare continuità a un percorso già iniziato, senza interrompere bruscamente il cammino fatto finora con un professionista che conosce bene mia figlia».
Cappelletti si dichiara favorevole alla norma, pur riconoscendone le criticità: «So bene che può portare alla riconferma di docenti anche non specializzati, privi del titolo universitario specifico per il sostegno. Ma non tutte le disabilità sono uguali, e per bambini autistici non verbali come Viola, la dimensione relazionale è fondamentale. È attraverso la relazione che si lavora sulle aree di apprendimento e sull’autonomia. Viola non può raccontarmi com’è andata la giornata, ma lo dimostra con affetto. Il legame con la docente attuale è evidente. Quando ci sono state altre figure, mia figlia andava a scuola malvolentieri, era difficoltoso instaurare una relazione positiva e quindi anche svolgere attività».
«Anche se una nuova insegnante fosse più qualificata», prosegue Cappelletti, «come genitore non me la sento di rischiare. I progressi di mia figlia sono avvenuti con determinate persone, indipendentemente dal loro titolo accademico. La realtà mi ha dimostrato che la formazione non è tutto: ci sono qualità umane che non si imparano con un master, ma che fanno davvero la differenza. L’umanità va oltre le competenze».
Un altro tema centrale, secondo Cappelletti, è il lungo tempo trascorso tra la nomina dei docenti e l’effettiva presa di servizio: «Con la possibilità di riconferma dell’insegnante, si garantisce la copertura sin dal primo giorno di scuola. Questo significa assicurare la frequenza regolare di bambini come Viola. L’assenza dell’insegnante, — che può non presentarsi anche per giorni dopo la nomina per poi rinunciare — il posto rimasto vacante compromette non solo il diritto allo studio, ma anche i progressi della bambina. E non solo: ha un forte impatto su tutta la famiglia».
Ritardi nell’assegnazione
Attualmente, le graduatorie provinciali per le supplenze (Gps) permettono a chiunque si candidi di scegliere scuole in cui non ha reale intenzione di lavorare, per poi rinunciare senza conseguenze.
Questo causa gravi ritardi nell’assegnazione degli insegnanti di sostegno, soprattutto nelle province del nord, dove le graduatorie di docenti abilitati si esauriscono rapidamente: è su questo aspetto che fa leva anche la forte opposizione portata avanti dalla Flc – Cgil scuola, come dichiara la segretaria generale Fracassi: «In Italia manca personale specializzato, più della metà dei circa 250mila posti di sostegno necessari ai processi di inclusione di alunne e alunni con disabilità sono assegnati in deroga, spesso ad anno scolastico inoltrato».
Secondo la dirigente sindacale, la soluzione al problema è molto semplice, si tratta di «sostenere l’accesso ai percorsi di specializzazione, implementando l’offerta formativa e abbassandone i costi, e stabilizzare i posti in deroga riassorbendoli nell’organico di diritto per immettere in ruolo i supplenti».
La riconferma dell’insegnante di sostegno da parte delle famiglie andrebbe di fatto a rendere inutilizzabili le graduatorie che sulla base di titoli e servizi garantiscono un giusto reclutamento, ma soprattutto non si risolverebbe il problema del precariato: se anche riconfermati, una volta terminati i percorsi dei ragazzi, si troverebbero nella stessa identica situazione di instabilità che caratterizza ad oggi docenti altamente specializzati, la cui presenza è indispensabile per il buon funzionamento della scuola e il diritto all’istruzione di tutti.
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