Come ogni settembre si ripete il copione delle supplenze provvisorie, assegnazioni revocate, sostituzioni di pochi giorni. L’ingiustizia dell’algoritmo che assegna le cattedre amplifica un problema più profondo, cioè la mancata disponibilità di tutti i dati al momento del calcolo. E la responsabilità è tutta politica
Ogni settembre degli ultimi anni la scuola italiana ripete lo stesso copione. Il primo bollettino delle supplenze esce “monco” e nei successivi compaiono cattedre intere, spesso annuali, che al turno iniziale non risultavano. Sta accadendo anche ora: docenti di fascia alta hanno accettato spezzoni per non restare a terra, mentre colleghi più in basso hanno ottenuto, al secondo giro, incarichi fino al 31 agosto. Il problema non è la tecnologia: sono i dati e i tempi che la alimentano.
Gli episodi si sono moltiplicati in pochi giorni. L’11 settembre Bologna ha pubblicato il secondo turno; a Forlì-Cesena il 10 settembre è uscita la quarta integrazione dei part-time; a Taranto tra il 2 e l’11 settembre si sono susseguite revoche e riassegnazioni. A Bari sono stati annullati incarichi già presi in servizio; a Lecce si è ricalcolato il primo turno. In Liguria revoche a poche ore dalla presa di servizio. A Prato problemi nel completamento degli spezzoni su scuole diverse. Il primo bollettino fotografa un’istantanea incompleta, i successivi mostrano l’inventario vero.
Il ministero ha comunicato 41.901 nuove immissioni in ruolo e la conferma di quasi 58mila docenti di sostegno. Sul sostegno le assunzioni si sono fermate a 7.820 su circa 13mila autorizzate: le cattedre tornano al precariato. Le stime sulle deroghe indicano tra 60 e 70 mila posti aggiuntivi tra settembre e ottobre. A Napoli risultano già 9.745 posti in deroga, un dato che da solo misura la pressione sulle supplenze. Intanto i secondi giri si accompagnano a interpelli lampo e a rettifiche su punteggi e titoli: la scala è nazionale e anticipa un autunno di contenziosi.
Quale continuità didattica
Il conto lo pagano innanzitutto gli studenti. Le classi partono con supplenti “provvisori” nominati dai dirigenti per pochi giorni, con orari spezzati e cambi in corsa; il sostegno arriva tardi proprio dove servirebbe stabilità, e i Piani educativi individualizzati slittano. Nelle periferie urbane e nelle aree interne la ricerca di docenti di matematica, fisica e lingue resta un percorso a ostacoli; intanto molti istituti coprono le ore con disponibilità interne o spezzoni su più scuole, soluzione che scarica sui docenti viaggi e costi. Il quadro alimenta sfiducia e contenziosi: crescono gli accessi agli atti, si preparano ricorsi, si moltiplicano le richieste di revoca per punteggi errati o titoli non valutati. La continuità didattica resta un auspicio, mica un diritto, e il messaggio che passa ai precari è che il momento in cui si viene “lavorati” dal sistema conta più del punteggio costruito in anni di servizio.
L’algoritmo sbaglia
L’algoritmo infatti “va avanti” e non ricalcola: se al primo giro un docente in alto ha indicato solo cattedre intere e trova solo spezzoni, la mancata opzione è letta come rinuncia. Resta fuori anche se, nei giri successivi, emergono annuali. È la regola, non l’eccezione: la cronologia pesa più del punteggio. Non stupisce che il tribunale di Bologna, il 18 giugno 2024, abbia censurato assegnazioni che svuotavano il principio di priorità. La linea «l’algoritmo non sbaglia» dimentica l’Abc: se l’ingresso è inaffidabile, l’uscita replica l’errore. Qui l’ingresso sono disponibilità caricate in extremis, part-time e assegnazioni provvisorie dopo il 1° settembre, deroghe di sostegno a ondate. Ne nasce una catena di rettifiche che non restituisce tempo agli studenti.
Responsabilità politiche
Flc-Cgil parla di «ingiustizia sistemica» e chiede il ripescaggio degli esclusi e la pubblicazione preventiva e completa delle disponibilità. La Uil Scuola contesta l’ennesima proroga per ordinanza, reclama «regole certe», fine delle disparità per gli Itp e trasparenza sulle rettifiche; in più piazze denuncia incarichi revocati dopo la presa di servizio. La Cisl insiste su controlli preventivi e assistenza alle segreterie sotto organico. Anief avvia azioni legali e chiarisce le competenze tra Uffici provinciali e scuole. Il coro è diverso nei toni ma unisono nell’obiettivo: riallineare i dati alla realtà prima dell’elaborazione. Ma senza un’assunzione di responsabilità politica, il caos resterà la normalità.
La richiesta che arriva dal mondo della scuola è netta: rendere pubbliche e vincolanti tutte le disponibilità prima dell’elaborazione, con responsabilità chiare per chi omette o sbaglia. Chiedono poi un calendario unico che imponga scadenze certe per part-time e assegnazioni provvisorie, così che il primo bollettino rifletta davvero la realtà. Sul sostegno in deroga, che da solo può superare le centomila unità, chiedono autorizzazioni tempestive e monitoraggi pubblici: la trasparenza – dicono – non è un optional, ma l’unica garanzia di equità. E dopo ogni nuova ondata di posti, il sistema dovrebbe ricalcolare, non blindare l’ingiustizia del primo giro.
Finché queste condizioni resteranno fuori dall’agenda politica, la piattaforma continuerà a funzionare come un amplificatore dell’opacità che riceve. Ogni settembre i docenti saranno chiamati a scegliere al buio, le famiglie a fingere che sia tutto normale, e le istituzioni a definire “incidenti” quelle che sono ormai regole non scritte ma consolidate. Un rituale di precarietà che non ha più nulla di accidentale, se non la volontà di chi lo lascia accadere.
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