Il nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari, ha invitato alla prudenza: «Abbiamo contattato i gesuiti presenti sul territorio ma non siamo ancora riusciti ad avere conferma». Il gesuita romano è scomparso il 29 luglio 2013 nel nord della Siria, all’epoca occupato dallo Stato Islamico, dove si era recato per trattare la liberazione di alcuni ostaggi
La notizia si è sparsa in un baleno nel primo pomeriggio di martedì: in una fossa comune, nei pressi di Raqqa, in Siria, sarebbe stato rinvenuto il cadavere di un uomo in abiti religiosi che si riteneva potesse essere quello di Padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano scomparso il 29 luglio 2013 nel nord della Siria, all’epoca occupato dallo Stato Islamico, dove si era recato per trattare la liberazione di alcuni ostaggi.
A diffondere la notizia è stato il settimanale Oggi. La cosa però non è stata confermata dal nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari, il quale attenendosi a un criterio prudenziale spiegava: «Sono stato informato ieri sera», «le indicazioni sulla località del ritrovamento e sull’identificazione di Padre Paolo non sono ancora precise. Abbiamo contattato i gesuiti presenti sul territorio ma non siamo ancora riusciti ad avere conferma».
«Si tratta di una notizia incerta, impossibile da confermare al momento. Non abbiamo nessuna informazione precisa a riguardo, né io, né il nunzio né i gesuiti, ordine di appartenenza di padre Dall’Oglio. Sappiamo di un ritrovamento di una fossa comune dentro la quale sarebbero stati rinvenuti dei corpi di persone con indosso dei segni religiosi attendiamo di saperne di più di avere certezze prima di esprimerci. Indagini sono in corso. A guidarci in questo momento devono essere la preghiera e la prudenza». Così si espresso pure Hanna Jallouf, vicario apostolico di Aleppo che estende la sua giurisdizione sui fedeli cattolici di rito latino della Siria, commentando, per l’agenzia Sir, la notizia del possibile ritrovamento del corpo di padre Dall’Oglio.
D’altro canto, senza esame del Dna sarà ben difficile dire se il corpo che è stato ritrovato appartenga o meno a quello della gesuita scomparso nel luglio del 2013; non sarebbe per altro la prima volta che vengono diffuse, su suggerimento di fonti locali siriane, notizie infondate sulla sorte del religioso, prima sulla sua permanenza in via e poi sulla sua morte. La realtà è che,
f ino ad ora, nessun fatto concreto ha potuto sciogliere l’enigma circa la fine di padre Paolo.Simboli religiosi
Secondo il settimanale, tuttavia, «il ritrovamento sarebbe avvenuto a opera di investigatori partiti dalla città di Qamishli, sulla base di indicazioni raccolte nelle ultime settimane all’interno dei campi di detenzione dei guerriglieri ex Isis. Secondo fonti locali, le ricerche avrebbero subito puntato sul cimitero del villaggio di Frousya, a nord di Raqqa, capitale dello stato islamico dal gennaio 2014 all’ottobre 2017, e si sarebbero concluse nella giornata di lunedì 2 giugno davanti ai resti di un uomo che aveva ancora riconoscibili su di sé simboli religiosi cristiani».
E questo è un primo punto importante: perché Padre Dall’Oglio era stato espulso dalla Siria nel giugno del 2012 per il suo sostegno alle proteste contro il regime corrotto e violento di Bashar al Assad. Poi però, la rivoluzione democratica aveva ceduto alla deriva fondamentalista dell’Isis anche a causa della violenta repressione messa in atto dal regime. Così a violenza si sommò violenza e a farne le spese furono soprattutto i civili siriani, mente il paese diventava il terreno per una contesa politica e militare fra potenze esterne alla Siria.
Nel luglio del 2013, padre Paolo tenta comunque di rientrare clandestinamente in Siria, e si reca a Raqqa che di lì a poco sarebbe diventata capitale dell’Isis. Sembra che volesse trattare la liberazione di alcuni ostaggi cristiani catturati dai fondamentalisti, secondo altre fonti avrebbe portato un messaggio dei curdi per i capi dell’Isis a fine di evitare un allargamento del conflitto. Sia come sia, padre Dall’Oglio la sera del 29 luglio entra nel quartier generale dello Stato islamico e non fa più ritorno.
Solo che in quei giorni, il gesuita non era vestito con gli abiti da religioso, ma andava in giro in borghese, come si può vedere dall’ultimo video girato a Raqqa, il 28 luglio, solo un giorno prima del suo rapimento, in cui viene ripreso nel corso di una manifestazione di protesta pacifica. Oltre che un’abitudine, questa, era anche una scelta dettata dalla prudenza in un’area che stava per finire sotto il controllo assoluto dei fondamentalisti.
«Si parla di un corpo con abiti religiosi ma mio fratello aveva abiti civili», ha detto Francesca Dall’Oglio, sorella di padre Paolo, a Rainews24, aggiungendo di non credere alla notizia del ritrovamento del corpo. È anche vero che un simbolo religioso cristiano può essere pure una piccola croce, una catenina, non per forza, insomma, deve essere qualcosa di estremamente visibile.
Resta il fatto che la memoria di padre Paolo Dall’Oglio è senza pace. A turno, infatti, qualcuno cerca di utilizzarla per impossessarsene, strumentalmente. Odiato dal regime come dagli estremisti islamici dell’Isis, uomo di fede, fautore del dialogo islamo-cristiano cui aveva dedicato l’esistenza attraverso la fondazione della comunità monastica di Mar Musa, in Siria, e della rivoluzione democratica, padre Paolo in vita ebbe ben pochi amici e sostenitori, anche in Italia, e nella sua stessa Chiesa, dove era considerato con diffidenza e fastidio per le sue idee.
Eppure se la Siria di oggi può contare su un piccolo spiraglio di speranza, dopo 12 anni di guerra e di lutti, certo fragile e ancora incerto, un po’ lo deve anche alla visione profetica di padre Paolo Dall’Oglio.
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