La firma dell’accordo di programma interistituzionale è stata rinviata, su richiesta del sindaco di Taranto, Piero Bitetti, che poco dopo aver ritirato le dimissioni da primo cittadino ha chiesto di coinvolgere il Consiglio comunale. La Camera ha approvato il decreto ex Ilva con 139 voti favorevoli e 85 contrari
La decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto resta al centro del dibattito, e l’accordo slitta ancora. Durante la riunione di giovedì 31 luglio al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), presieduta dal ministro Adolfo Urso, le parti coinvolte – regione Puglia, provincia, comune di Taranto, sindacati e associazioni datoriali – hanno lavorato a un verbale che sancisca l’impegno condiviso per la piena transizione ecologica dello stabilimento siderurgico.
Tuttavia, la firma dell’accordo di programma interistituzionale è stata rinviata, su richiesta del sindaco di Taranto, Piero Bitetti, che poco dopo aver ritirato le dimissioni da primo cittadino ha chiesto di coinvolgere il Consiglio comunale prima di decisioni definitive. Un nuovo incontro è atteso per il 12 agosto, mentre già da oggi partirà l’aggiornamento della gara per la cessione degli impianti.
Decarbonizzazione senza firma
L’obiettivo della riunione era definire un accordo che tracciasse il futuro green dell’ex Ilva, con un focus sulla decarbonizzazione attraverso l’adozione di forni elettrici e impianti di preridotto (DRI). Due le opzioni principali discusse: la prima prevede la costruzione di tre forni elettrici e tre impianti DRI; la seconda si limita a tre forni elettrici, senza specificare il numero di DRI. Il sindaco Bitetti, presente al tavolo dopo aver ritirato le dimissioni annunciate il 28 luglio a seguito delle proteste delle associazioni ambientaliste, ha riproposto una “terza via” già avanzata al Comitato tecnico su gas e DRI: tre forni elettrici abbinati a un solo impianto DRI.
Questa soluzione, che ridurrebbe il fabbisogno di gas e l’impatto della contestata nave rigassificatrice, non ha però raccolto consenso unanime. Nonostante una convergenza generale sull’installazione di tre forni elettrici, le posizioni restano eterogenee. Bitetti, eletto un mese fa con il sostegno del centrosinistra e vicino al governatore Michele Emiliano, ha sottolineato la necessità di un passaggio in Consiglio comunale per rispondere alle pressioni della comunità tarantina, che teme una proroga dell’uso del carbone per altri 12 anni, come previsto dall’attuale Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Il rinvio dell’accordo riflette le tensioni tra le esigenze produttive e le istanze ambientali della città. Le associazioni ambientaliste contestano un piano che, secondo loro, non garantisce una chiusura immediata dell’area a caldo, responsabile di decenni di inquinamento.
Il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, ha definito l’accordo proposto dal ministro Urso «uno schiaffo ai tarantini», accusando il governo di mancare di una strategia industriale coerente e di puntare su una nave rigassificatrice che favorirebbe la speculazione energetica più che la produzione di acciaio green. Bonelli ha anche criticato la proposta di Azione di posticipare il phase-out del carbone al 2038, definendola «inaccettabile».
Sul fronte industriale, Confindustria Taranto insiste su tre forni e tre DRI, con una nave rigassificatrice nel porto, per garantire continuità produttiva e competitività, ma avverte che servono tempi realistici (otto anni) e garanzie statali per attrarre investitori. La gara per la cessione degli impianti, che parte il 1° agosto e si chiuderà a ottobre, vede in lizza gruppi come Jindal e Baku Steel, ma resta l’incognita sui fondi necessari: il revamping degli altiforni, stimato in un miliardo di euro, appare un investimento rischioso per un impianto destinato a essere superato dai forni elettrici in pochi anni.
Il decreto: 200 milioni per il 2025
In parallelo, la Camera ha approvato il decreto ex Ilva con 139 voti favorevoli e 85 contrari, dopo il via libera alla fiducia. Il provvedimento stanzia fino a 200 milioni di euro per il 2025 per garantire la continuità produttiva e la sicurezza degli stabilimenti, introduce semplificazioni per investimenti sopra i 50 milioni di euro nelle aree ex Ilva o funzionali allo stabilimento, e disciplina la realizzazione degli impianti DRI. Inoltre, il decreto prevede la nomina di un commissario straordinario per coordinare gli investimenti.
Tuttavia il rinvio della firma dell’accordo interistituzionale al 12 agosto lascia aperto uno scenario incerto. Taranto si trova a un bivio: da un lato, la promessa di un polo siderurgico green, il più grande d’Europa, con una produzione di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio entro otto anni; dall’altro, il rischio di un compromesso che prolunghi l’agonia ambientale e sociale della città. La comunità tarantina, come sottolineato da Bitetti, chiede che la salute e l’ambiente siano priorità assolute. La prossima riunione sarà cruciale per capire se l’ex Ilva potrà davvero imboccare la strada della decarbonizzazione o se le divisioni locali e le incertezze industriali prevarranno, lasciando Taranto ancora in attesa di una soluzione definitiva.
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