Continua con la sua dodicesima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

«La Pubblica amministrazione non può trattare con chi ha un cappuccio in testa». Rompere le “scatole cinesi” è una delle imprese più difficili per chi gestisce soldi pubblici e ha relazioni con le imprese private. È questa la dura dichiarazione di David Gentili, presidente della Commissione Antimafia di Milano, che rivela quanto sia complesso il lavoro di illuminazione delle zone grigie dove i soldi non sembrano più avere odore, né sembrano esistere le mani che li contano e li smistano. La figura del “titolare effettivo” è uno dei tasselli con i quali quella che fu la Milano da bere vuole connotarsi come la Milano della trasparenza, però questa buona pratica è ancora da blindare. Questo perché fino ad ora le Pubbliche amministrazioni non sono ancora obbligate a verificare la persona alla quale «è attribuita la proprietà diretta o indiretta ovvero il controllo» di una società, in due parole, appunto, il “titolare effettivo”, la controparte della Pa in concessioni, affidamenti, finanziamenti e appalti come già avviene per banche e intermediari finanziari.

Siamo a Milano perché è la più dinamica delle nostre città proprio grazie all’azione dei capitali privati ma «in tempi di Covid, anche i comuni medi italiani hanno tutti un vero problema di finanziamento economico e probabilmente una parte dello sviluppo deriverà anche dagli interventi privati. In questo senso l’economia va intesa in senso globale», avverte Mariangela Zaccaria, vice segretaria generale del Comune di Milano che insieme Fabrizio Dall’Acqua, a capo dell’ufficio, fanno quadrare il cerchio del piano Anticorruzione di Palazzo Marino. È lei a spiegarci come è stata tradotta l’intenzione dell’amministrazione di «trovare una formula affinché sapere almeno l’identità delle controparti sia obbligatorio» visto che il decreto del Mef per il Registro dei titolari effettivi previsto dalla direttiva europea s’è incagliato al Consiglio di Stato per via delle carenze di una legge che non chiarisce a chi spettino i controlli.

Un Comune e i suoi abitanti hanno il diritto di sapere chi maneggia i loro soldi con i quali viene stravolta la skyline della città. «I soggetti che vengono a contatto con le amministrazioni, utilizzano il suolo o i beni delle amministrazioni e sono altrettanto soggetti rilevanti ai fini di una corretta conduzione di tutte le attività dell'amministrazione, non solo gli appalti – spiega Mariangela Zaccaria –. È quindi interesse dell'amministrazione pubblica sapere chi è la persona a cui si fa fare un’operazione economica vantaggiosa, come un’operazione commerciale di una certa rilevanza o una convenzione urbanistica che spesso rappresenta un intervento di grande impatto nella città». Ma come si individua il finanziatore effettivo? A spiegarlo è ancora la vice segretaria generale. «La norma individua chi è il titolare effettivo e cioè, nei casi di società è la proprietà diretta, ovvero chi detiene più del 25 per cento del capitale. E noi dobbiamo controllare la persona fisica per conto della quale viene realizzata un’operazione o un’attività. Quindi fare le verifiche su questo soggetto, sulla sua moralità e sulla sua professionalità».

E su questo punto è nata una diatriba di alto profilo giuridico. Interpellata da Palazzo Marino, l’Autorità nazionale anticorruzione ha rimandato al mittente la richiesta di rendere obbligatoria la figura del “titolare effettivo”, perché l’attuale assetto legislativo non lo prevede. «Da una parte per anni il codice ha inteso le cause di esclusione in maniera tassativa – precisa Zaccaria – mentre i giuristi del Comitato antimafia del Comune, riprendendo spunto da una sentenza del Consiglio di Stato, ritengono che quelle clausole possono essere integrate qualora si vada alla sostanza della verifica dei requisiti». Quindi il Comune, che fa anche parte della rete di Avviso Pubblico, ha chiesto nuovamente parere all’Anac sulla scorta dei pareri motivati della Commissione antimafia, dove il tutto è nato nel 2018 con un ordine del giorno presentato da David Gentili e poi approvato in Consiglio comunale a maggioranza. «Il Comitato antimafia entra nel secondo tempo e speriamo di vincere», commenta Gentili che è anche autore del libro “Il giro dei soldi” (Altraeconomia, 2021) insieme a Ilaria Ramoni e Mario Turla, dove raccontano storie di riciclaggio.

Nel libro gli autori raccontano storie di riciclaggio e infatti, prosegue Gentili «sapere con chi si ha a che fare è fondamentale per tre questioni centrali. La prima è appunto il contrasto al riciclaggio, la seconda è il conflitto di interesse che può nascere tra pezzi dell'amministrazione comunale e le società private e per ultimo, come ha scritto il Comitato antimafia, conoscere il profilo professionale e reputazionale delle persone che abbiamo di fronte, anche per capire se esistono eventuali cartelli tra imprese». E qui rientra il tema dei travasi di società: tre aziende apparentemente diverse fanno tre proposte e partecipano a una gara pubblica attraverso un sistema di scatole cinesi, dietro le quali però si nasconde una sola testa. In un contesto simile il rischio riciclaggio è alto, per questo Milano ha scelto di segnalare tutti i soggetti che rifiutano di indicare chi paga, non potendo al momento escluderli. La questione è esplosa anche recentemente di fronte alla richiesta dell’amministrazione di sapere chi c’è dietro i capitali di Milan e Inter per la costruzione del nuovo stadio. «Noi per esempio parliamo con Paolo Scaroni – spiega Gentili – ma Scaroni è il presidente del Milan, non è il proprietario del Milan. Parliamo col fondo Elliott Management Corporation, è questo il proprietario del Milan...? Adesso pare che il titolare effettivo sia effettivamente Paul Singer che è il fondatore di Elliot, però poi il titolare effettivo non è chi costituisce il fondo ma chi ci mette i soldi perché il fondo esista».

Il problema delle strutture societarie opache va ben al di là dell’esempio appena fatto. Negli ultimi sei anni sulla piazza di Milano è transitato oltre 1miliardo di euro di denaro sporco riconducibile a riciclaggio mafioso, finanziamento al terrorismo, evasione e corruzione. Tra il 2014 e il 2020 il Comune ha effettuato 24 segnalazioni all’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, per 336 operazioni sospette del valore di 177.179.744,50 di euro. «Nel momento in cui la nostra controparte ha una struttura societaria opaca e non riusciamo a individuare il titolare effettivo, questa opacità è nei fatti un indicatore di un’operazione a rischio riciclaggio. E quindi nel momento in cui noi non possiamo escluderlo, perché Anac ci dice che non possiamo farlo, nel frattempo ti segnaliamo come azienda che sta facendo operazioni a rischio riciclaggio». I numeri parlano di un rischio più che concreto. «All’atto pratico – dati della Commissione Antimafia di Milano alla mano – le segnalazioni hanno comportato l’analisi di 5.624 operazioni economiche riguardanti, direttamente o indirettamente, 1.671 società, di cui 234 segnalate e 3.002 persone fisiche, delle quali 217 segnalate».

Secondo i dati raccolti la movimentazione di denaro analizzata «fa emergere in prevalenza un ciclo chiuso con ritorno al punto di origine al termine del fittizio giro di compravendite». Un altro elemento rilevato è che raramente si riescono a intercettare operazioni in corso, con la conseguenza di scoprire le carte a partita conclusa. Questo sistema opaco, che evidenzia solo in un secondo momento la rete e gli intrecci sotterranei, mina nel profondo la possibilità di una sana concorrenza di mercato. Il paradosso è che spesso negli ambienti economici di riferimento circola la bizzarra idea che più controlli vengono fatti, più si scoraggiano gli investimenti. Ma questo ragionamento «non può funzionare. Dovrebbero essere, per assurdo, le stesse associazioni di categoria dei costruttori, degli imprenditori, degli immobiliaristi a chiedere con forza la pratica del titolare effettivo, visto che sicuramente subiscono la concorrenza di operazioni di riciclaggio. Ora speriamo solo che Anac capisca che escludere una società che non dichiara il titolare effettivo è legittimo».

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