Care lettrici, cari lettori

la settimana della giustizia è stata principalmente rivolta alla questione delle carceri, con l’uscita del nuovo report di Antigone sulla giustizia minorile. Inoltre il Csm ha dato parere negativo al ddl Nordio che abroga l’abuso d’ufficio, già votato al Senato.

Al ministero ci sono stati grandi cambiamenti, con le dimissioni ormai attese del capo di Gabinetto Alberto Rizzo, che aprono la contesa per la sua successione.

Infine, si è riacceso lo scontro tra governo e Corte dei conti, con il via libera definitivo della proroga dello scudo erariale contenuta nel Milleproroghe, che porterà a conseguenze significative in materia di controlli anche sull’utilizzo dei fondi del Pnrr.

Sul fronte dei commenti, la settimana è particolarmente ricca. Il professore di procedura penale alla Sapienza, Glauco Giostra, è tornato sul tema della pubblicabilità degli atti, smentendo la tesi per cui la riforma introdotta con l’emendamento Costa riporterebbe le lancette al 2017 della riforma Orlando.

L’ex procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, interviene sul reato di omicidio sul lavoro, allargando però l’analisi allo strabismo del ministero della Giustizia in materia di pene e anche di gestione degli uffici giudiziari.

La presidente di Unicost, Rossella Marro, affronta invece il delicato tema del comportamento del magistrato nella vita pubblica e le regole da seguire, che sarà anche tema del convegno organizzato da Unicost a Napoli per sabato 24 febbraio.

Infine, sono felice di poter pubblicare un estratto del nuovo libro del professor Giovanni Fiandaca dal titolo “Punizione”, edito dal Mulino. L’estratto scelto ragiona sulla funzione della giustizia riparativa e si interroga se essa – nella formulazione data dalla riforma Cartabia – sia compatibile con il principio laico di funzione rieducativa della pena.

Le dimissioni di Rizzo

Era nell’aria da mesi e infine è successo: Alberto Rizzo si è dimesso da capo di Gabinetto di Carlo Nordio e ora a via Arenula inizierà una guerra senza quartiere per la sua sostituzione.

Il clima al ministero della Giustizia era già tesissimo ormai da tempo e l’addio di Rizzo non ha stupito nessuno, visto che gli scatoloni erano già comparsi a fine gennaio. «Preferisce rientrare in ruolo», si limitano a dire fonti ministeriali. Rizzo, infatti, si gioverà di un emendamento al decreto Asset approvato in ottobre, che ha modificato la riforma Cartabia, estendendo a due anni la finestra entro la quale i magistrati fuori ruolo possono rientrare in servizio con funzioni direttive, senza dover aspettare un periodo di cooling off di quattro anni.

Anche al Csm, la notizia non ha colto nessuno di sorpresa. Rizzo, infatti, aveva esplicitamente detto a chi lo aveva cercato di non avere intenzione di ritirare – come invece è prassi che facciano i magistrati che hanno assunto ruoli tecnici nei ministeri – le sue candidature per la presidenza del tribunale di Firenze, per quello di Modena e la Corte d’appello di Brescia, i cui vertici sono scaduti rispettivamente lo scorso dicembre, ottobre e novembre.

La scelta di Rizzo ha una causa che tutti a via Arenula conoscono: a portare all’esasperazione il magistrato, stimato dai colleghi e dallo stesso ministro, è stato il ruolo sempre più debordante della vice capo di Gabinetto vicario, l’ex deputata di Forza Italia ed ex magistrata Giusi Bartolozzi, che nei mesi si è ritagliata il ruolo di eminenza grigia, ascoltatissima da Nordio e sempre pronta a mettere bocca in tutte le scelte.

Sulle carceri

"Il governo ha sbloccato 255 milioni di euro per l'edilizia penitenziaria per aumentare la capacità detentiva degli istituti, per recuperare 7.300 posti in più nelle carceri sui 9100 che attualmente mancano" per risolvere il problema del sovraffollamento, ha detto Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia. I posti "saranno finanziati nel primo anno" e "speriamo di potere completare nei prossimi 3 anni per arrivare ad azzerare il sovraffollamento", ha aggiunto Delmastro, spiegando anche l'impegno sul fronte delle assunzioni. "Quest'anno entreranno in formazione agenti per 3.800 assunzioni".

Ha concluso dicendo che "C'è chi crede che la prima risposta al sovraffollamento sia un provvedimento svuotacarceri e chi sceglie invece che si aumenta la capacità detentiva".

"Sui 19 suicidi del 2024 7 erano definitivi, 8 in attesa di primo giudizio e 3 con posizione giuridica mista, un solo detenuto era appellante" e c'è una "lieve prevalenza di 10 su 19 in custodia cautelare". Sono i dati elencati da Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel corso della sua audizione in Commissione Giustizia, precisando che i dati non devono essere sommati tra loro ma sono tutti relativi ai 19 suicidi, analizzati dal Dap internamente.

Dei 19 detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri italiane da inizio anno "8 erano stranieri, 8 erano i carcere per reati di maltrattamenti e violenza sessuale, 5 per omicidio o tentato omicidio. Inoltre "4 su 19 avevano ricevuto provvedimenti sfavorevoli, 8 avevamo problemi psicologici e psichiatrici" e "10 su 19 effettuava colloqui regolari" anche al telefono, con i familiari. "Solo 4 non facevano colloqui ed erano stranieri, 6 non facevano colloqui con i difensori".

Il report di Antigone sulla giustizia minorile

Nel nuovo rapporto dell’associazione i dati sui detenuti nelle carceri minorili: a inizio anno sono 500, per metà stranieri, soprattutto under 18 in attesa di processo. Pesano le misure del decreto Caivano, con la custodia cautelare per fatti lievi e il trasferimento dei maggiorenni. La replica del ministero: «Abbiamo risposto a problemi reali». Qui un approfondimento sui dati presentati dal report di Antigone sulla giustizia minorile.

No del Csm all’abrogazione dell’abuso d’ufficio

Il plenum del Csm ha approvato a maggioranza, con 6 astensioni, il parere sul ddl Nordio, già votato al Senato e ora alla Camera.

Tra le questioni, l'abrogazione dell'abuso d'ufficio, “che non scongiura la 'paura della firma”, le novità in materia di intercettazioni "frutto di una rinnovata operazione di bilanciamento dei valori in gioco" e le nuove disposizioni sulla custodia cautelare, con la previsione dell'interrogatorio preventivo e la decisione demandata all gip collegiale che avrà ricadute "molto negative" sull'organizzazione degli uffici.

Sull’abuso d’ufficio il parere è negativo e si legge che "non sono rari i casi in cui l'abuso d'ufficio è contestato al pubblico amministratore in concorso con altri reati, anche più gravi". Si tratta comunque di "una soluzione che richiederà una valutazione approfondita ed effettiva dei suoi effetti concreti, onde evitare il rischio, evocato da alcuni, che l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio, norma che, come appena ricordato, assolve ad una 'funzione 'di chiusura' del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione', determini involontariamente un parziale depotenziamento del microsistema penale dedicato alla lotta contro la corruzione". Il parere solleva poi anche la questione del possibile contrasto con le norme europee: "laddove la proposta di direttiva della Commissione europea, attualmente all'esame del Consiglio dell'Unione in prima lettura, dovesse essere approvata nel testo proposto, potrebbe prospettarsi un problema di compatibilità tra la soluzione abrogativa e il diritto eurounitario".

Il Pd ha ripreso questa decisione, chiedendone conto al governo che sta tuttavia procedendo in modo spedito verso l’approvazione del ddl Nordio. "Il Csm riporta con dovizia di particolari tutti i fatti oggetto di sentenze definitive che con l'abolizione del reato, verranno cancellate. Tutte vicende di soprusi e prevaricazioni di pubblici ufficiali nei confronti dei cittadini che ora non avranno piu' alcuna difesa",hanno detto i democratici Debora Serracchiani e Andrea Orlando.

Lo scudo erariale nel Milleproroghe

Nel Milleproroghe è passata anche la proroga fino al 31.12.2024 dello scudo erariale. La decisione è stata presa direttamente da Fratelli d’Italia, che ha depositato l’emendamento per prorogare il salvacondotto che solleva gli amministratori pubblici da responsabilità contabili nel caso di «colpa grave». In questo modo, fatte salve le condotte volontarie (quindi dolose), la perseguibilità a titolo di colpa grave si riduce alle solo omissioni, che sono una minoranza.

La norma era stata pensata per la fase emergenziale della pandemia e della fragilità economica, per evitare che il lancio dei progetti del Pnrr venisse frenato, nella fase iniziale, dalla burocrazia difensiva. Ora che sta iniziando la messa a terra, però, questa esenzione rischia di diventare un buco nero in vista del futuro.

Le regole europee per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund prevedono che ci sia un controllo sulla gestione finanziaria e azioni di contrasto agli abusi, non solo in chiave penale, ma anche di recupero delle somme e di risarcimento del danno nel caso in cui vengano impiegate illecitamente anche «con colpa grave».

Proprio il caso che la proroga punta a sottrarre dal controllo della Corte dei conti. Il rischio, quindi, è quello di una incompatibilità tra diritto italiano e diritto dell’Unione europea, con enormi incertezze applicative. E reggerebbe poco anche il ragionamento del governo sulla paura della firma: lo scudo si applica anche alle imprese che percepiscono i fondi pubblici.

L’allarme era stato lanciato dal presidente della Corte dei conti Guido Carlino durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario ma è rimasta inascoltata. Ora i giudici contabili sono in agitazione e nei prossimi giorni dovrebbe tenersi un’assemblea dell’Amcc per decidere le prossime mosse.

La vera speranza della Corte dei conti, però, è nell’esito di un ricorso presentato alla Consulta in cui si solleva il dubbio di costituzionalità dello scudo erariale. Visto che le loro spiegazioni tecniche non sono bastate, i magistrati contabili puntano sul fatto che sia una sentenza dei giudici costituzionali a dare il doloroso stop al governo.

L’Anm incontra Nordio sul concorso straordinario

La Giunta dell'Anm ha incontrato il Guardasigilli Carlo Nordio al quale, lo scorso 13 febbraio, aveva chiesto un incontro dopo aver appreso della proposta del governo di indire un concorso semplificato con una sola prova scritta - a fronte delle tre prove scritte 'canoniche' alla quale si aggiunge la prova orale - e riservato ai soli giudici 'onorari' per l'ingresso in magistratura. L'iniziativa era stata motivata con la necessità di far fronte alle scadenze del Pnrr sullo smaltimento delle cause arretrate. Nel decreto Pnrr sono previsti circa 700 posti da magistrato riservato ai giudici onorari per colmare i vuoti nei tribunali più in difficoltà.

In una nota l’Anm ha parlato di un confronto franco - durato oltre un'ora - sugli strumenti possibili per far fronte agli obiettivi del Pnrr sul tema della copertura dell'organico che è strumento essenziale. "Nei prossimi giorni il confronto proseguirà e la stessa Anm rifletterà sul tema anche in prospettiva propositiva", si conclude.

Nella lettera al ministro, l’Anm definiva "La proposta di un concorso semplificato e riservato ai soli magistrati onorari non pare compatibile con l'assetto costituzionale dell'accesso in magistratura e fa fondatamente temere che possa condurre alla mortificazione del momento concorsuale che è , da sempre, tassello essenziale per assicurare la necessaria legittimazione tecnico-professionale ai magistrati italiani".

Lo stallo sui fuori ruolo

Il governo ha deciso di prendere tempo sui decreti legislativi della riforma Cartabia. Il sottosegretario Andrea Delmastro ha chiesto in Commissione Giustizia del Senato che si rinvii ancora sui pareri da dare ai due provvedimenti che riguardano il collocamento fuori ruolo dei magistrati e l'ordinamento giudiziario. I relatori Pierantonio Zanettin (FI) e Sergio Rastrelli (FDI) hanno preso atto della richiesta del governo e l'argomento all'ordine del giorno è slittato a data da de

Il deputato di Azione, Enrico Costa, ha denunciato “Un indecente stallo della maggioranza sui magistrati fuori ruolo e sull'ordinamento giudiziario, che dura da quasi due mesi. I relatori brancolano nel buio e si arriva al paradosso che a scrivere i pareri e' l'esecutivo, ossia lo stesso soggetto a cui questi pareri devono essere indirizzati”. 

Il reato di tortura

"Il problema del reato di tortura è esclusivamente tecnico, ci siamo adeguati alla convenzione di New York. Così come è stato recepito da quella convenzione, il reato presuppone il cosiddetto dolo specifico: il trattamento deve essere inflitto al fine di ottenere un determinato risultato, ma nella disciplina italiana è stato inteso come semplice volontà di commettere un reato. Non stiamo sottovalutando il trattamento che non può e non deve essere inflitto ad un detenuto, ma stiamo cercando di rimodulare quel determinato reato adeguandolo alla convezione di New York affinché venga individuato non il dolo generico ma il dolo specifico", sono state le parole del ministro Nordio al question time alla Camera, rispondendo sull’ipotesi di riscrittura del reato di tortura, introdotto dall’Italia già con grande ritardo. Il dibattito è in corso da tempo, qui un mio approfondimento dell’anno scorso. "Questo non significa minimamente che - ha spiegato Nordio - vi sia alcun diritto di giustificazione di comportamenti violenti. Si tratta di una rimodulazione di ordine tecnico perché questo reato così come è strutturato adesso manca dei caratteri di tipicità, tassatività e determinatezza, che dovrebbero renderlo adeguato e coincidenze con la convenzione di New York".

A Milano un giardino per Lidia Poet

Milano ha intitolato un giardino a Lidia Poët la prima avvocata in Italia. Si tratta dei giardini in via San Pietro in Gessate, di fronte al Palazzo di Giustizia, dove anche grazie a lei lavorano ogni giorno centinaia di avvocate, procuratrici e magistrate.

Lidia Poët nasce in provincia di Torino il 26 agosto del 1855 ed è tra le prime donne italiane a frequentare la facoltà di Giurisprudenza, in cui si laurea a Torino nel 1881. Superato l'esame di abilitazione alla professione forense si iscrive all'Ordine degli Avvocati e dei Procuratori di Torino nel 1883. La sua carriera però dura pochissimo: i pronunciamenti della Corte d'Appello e della Corte di Cassazione stabiliscono che "la donna non può esercitare l'avvocatura" e la sua iscrizione viene annullata. Ma lei non si rassegna e inizia la sua battaglia. Qui trovate un approfondimento sulla sua storia.

© Riproduzione riservata