Normalmente le inaugurazioni dell’anno giudiziario sono eventi formali, quest’anno però quella della Corte dei Conti è stata un infuocato attacco indiretto alla politica messa in campo dal governo Meloni e in particolare dal ministro con delega al Pnrr, Raffaele Fitto.

Nella sala del palazzo di viale Mazzini, con radunati i vertici istituzionali, è stato il presidente della Corte, Guido Carlino, a lanciare la prima stoccata nella sua relazione: «L'attuale assetto normativo, arricchito dall'elaborazione giurisprudenziale, garantisce, con la limitazione della responsabilità alle sole ipotesi di dolo o colpa grave, un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti e amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo e non di disincentivo, come più volte affermato dalla Corte costituzionale sin dal 1998».

Lo scudo erariale

Parole pesantissime, che riguardano la scelta sempre contestata dai magistrati contabili di restringere il loro controllo sulla responsabilità degli amministratori pubblici: il cosiddetto scudo erariale, che il governo vuole prorogare. Invece, «Il delineato sistema delle garanzie, unitamente alla perimetrazione normativa dell'elemento psicologico sembrerebbe rendere non necessaria la ulteriore proroga del cosiddetto ''scudo erariale'' (finalizzato a escludere le condotte attive dall'ambito di applicazione della colpa grave), introdotto in via eccezionale nel periodo pandemico per porre un rimedio alla paura della firma».

Anche il procuratore generale della Corte dei Conti, Pio Silvestri, ha sollevato la stessa preoccupazione: «Pur nel doveroso e assoluto rispetto delle prerogative del governo e del Parlamento, si guarda con preoccupazione a quegli interventi legislativi che potrebbero rendere sistemica la previsione normativa» dello scudo erariale introdotta con la pandemia.

Infatti, ha spiegato «La riduzione dell'area della responsabilità non sembra, quindi, la risposta più idonea a superare le difficoltà dell'azione amministrativa, poiché l'esenzione o la limitazione della responsabilità potrebbe fungere da disincentivo per l'attività di coloro che, operando con diligenza, cura e passione, non vedrebbero premiati il loro impegno e la loro professionalità».

Lo scudo erariale, infatti, è un salvacondotto che solleva da responsabilità contabili gli amministratori pubblici nel caso della «colpa grave». In questo modo, fatte salve le condotte volontarie, la perseguibilità a titolo di colpa grave si riduce alle sole omissioni, che sono una minoranza. In altre parole, prorogando lo scudo si riduce drasticamente la possibilità della Corte di indagare sul danno erariale.

Lo scudo era stato approvato nel 2020 con il decreto legge Semplificazioni firmato dal governo Conte 1 e doveva servire in via eccezionale per un anno come alleggerimento delle pressioni sulle amministrazioni nel periodo difficile della pandemia. Poi è stato prorogato da Draghi fino al 30 giugno 2023 per incentivare l’azione della pa, per evitare che il lancio dei progetti del Pnrr venissero frenati dalla burocrazia difensiva.

Il rischio prospettato dai giudici contabili è che l’ulteriore proroga prevista da un emendamento di FdI al Milleproroghe che la porta al giugno 2025 o addirittura 2026 (ovvero alla scadenza del Pnrr) crei un vuoto nella rendicontazione richiesta dall’Unione europea per l’utilizzo dei fondi del Pnrr, visto che il controllo è richiesto anche sulla colpa grave su cui la Corte dei Conti non dovrebbe più intervenire.

Riforme da condividere

Il secondo affondo riguarda invece il metodo, visto che sono da tempo in cantiere la revisione dei poteri di controllo della magistratura contabile. Carlino ha sottolineato che «La Corte, con spirito di leale collaborazione con le istituzioni titolari della rappresentanza politica intende fornire il proprio contributo tecnico per concorrere alla realizzazione di questi obiettivi sfidanti», ma – precisa – «ritenendo quanto mai attuale la disposizione che subordina l'adozione di riforme funzionali al previo parere delle Sezioni riunite (art. 1, R.D.L. n. 273/1939). Infatti, soprattutto nelle materie più complesse e che impongono su funzioni costituzionalmente garantite, è opportuno che le riforme vadano condivise e formulate con gradualità, come è avvenuto, ad esempio, per la redazione del Codice di giustizia contabile».

Carlino ha messo in luce il fatto che nel corso degli anni ci siano stati numerosi provvedimenti normativi in materia di attribuzioni giurisdizionali e di controllo della Corte, «spesso avviati con decretazione d’urgenza», che hanno prodotto un groviglio di norme «che hanno indebolito l’iniziale organicità del tessuto normativo». Da qui sfociano «le istanze di interventi razionali, che rispondano effettivamente alle esigenze di certezza giuridica e di coerenza ordinamentale manifestate dagli operatori del diritto, dalle amministrazioni controllate e dalla magistratura contabile», visto anche che «sono all'orizzonte significative riforme previste nel Pnrr, tra le quali, fondamentali nell'ottica della Corte, quelle della Pa e della contabilità pubblica. Il che rende auspicabile fornire alle funzioni di controllo un assetto procedurale in linea con gli standard internazionali in materia di audit del settore pubblico».

I rischi per il Pnrr

A sollevare preoccupazione sul Pnrr è stato anche il procuratore generale della Corte dei Conti, Pio Silvestri, che nella sua relazione ha detto che «L’attuazione del Pnrr, terminata la predisposizione delle regole di contesto, è entrata nel vivo e già si registrano diverse segnalazioni di irregolarità; in particolare, si tratta di indebita percezione ovvero non corretto utilizzo dei fondi da parte dei soggetti attuatori, irregolarità nella percezione dei contributi sub specie di opere non conformi al progetto o di assai significativi ritardi nella loro attuazione».

Il conflitto tra governo e Corte

La tensione si inserisce in un solco ormai profondo che si è aperto in particolare tra la Corte dei conti e il ministro Fitto. L’ultimo schiaffo che il ministro ha riservato alla magistratura contabile è stato quello di scavalcare nella nomina del giudice contabile da inviare alla Corte dei conti europea, individuando per il ruolo un suo uomo di fiducia, come anticipato da Domani.

Alla Corte, infatti, è arrivata la richiesta di individuare una coppia di nomi tra cui scegliere ed erano stati indicati il presidente della sezione di Controllo per gli affari comunitari e internazionali, Giovanni Coppola e la presidente di sezione Maria Annunziata Rucireta, con alle spalle dieci anni da capo del Gabinetto italiano proprio alla Corte dei conti europea.

Una volta avuti i due curriculum, però, il governo li ha accantonati entrambi in favore di un terzo nome: quello di Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, il magistrato contabile e uomo di fiducia di Fitto, che il ministro nel maggio scorso aveva messo a dirigere la Struttura di Missione Pnrr.

La nomina è già passata per palazzo Chigi, che con lettera del 3 gennaio 2024 ha trasmesso al Senato il 9 gennaio la proposta di nomina di Manfredi Selvaggi alla carica di componente della Corte dei conti europea. Poi il candidato italiano verrà audito in parlamento europeo e la nomina verrà ratificata dalla Commissione europea. Nessuna comunicazione ufficiale, invece, è stata data al Comitato di presidenza della Corte dei conti.

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