Oggi, martedì 8 novembre, la Corte costituzionale terrà l’udienza sulla questione di costituzionalità dell’ergastolo ostativo. In una ordinanza, la Corte ha già dichiarato l’incostituzionalità del cosiddetto “fine pena mai”, che prevede che i detenuti ostativi condannati per reati di mafia, terrorismo o associazione per delinquere non abbiano modo di accedere ai benefici carcerari se non accettano di collaborare con lo stato.

La legge che prevedeva una presunzione assoluta di pericolosità del detenuto che non ha collaborato è stata dichiarata incostituzionale ma la Corte aveva concesso del tempo al legislatore perché riformulasse la norma rispettando il principio della finalità rieducativa della pena.

Ora il governo ha approvato un decreto legge che contiene anche questa nuova norma – che il precedente parlamento non aveva fatto in tempo ad approvare – ma anche il nuovo testo presenta profili problematici.

In particolare, aumenta da 26 a 30 gli anni dopo i quali il detenuto “ostativo” può chiedere il beneficio, ma per ottenerlo senza collaborare deve dimostrare di aver reciso completamente i rapporti con la criminalità, di aver risarcito le vittime e di aver tenuto una condotta esemplare, su valutazione dei magistrati di sorveglianza.

Questa previsione – che era stata redatta e votata dalla Camera con l’astensione anche di Fratelli d’Italia ma non è arrivata in Senato – è considerata problematica da molti giuristi.

In particolare, si ritiene che si passi da una presunzione assoluta di pericolosità a una prova impossibile di non pericolosità. Nei fatti, quindi, per il detenuto rimane comunque impossibile accedere ai benefici penitenziari.

In ogni caso, anche dopo l’approvazione del decreto legge che andrà convertito entro 60 giorni, la parola spetta comunque alla Consulta. La legge ordinaria, infatti, non supera automaticamente – in quanto successiva – il vaglio dei giudici costituzionali. In particolare, i giudici potranno percorrere tre strade.

Restituisce gli atti

La prima e la più probabile è quella di restituire gli atti al giudice del procedimento. La questione dell’ergastolo ostativo, infatti, deriva da un ricorso incidentale, ovvero che nasce da un procedimento penale ed è stata sollevata da un giudice.

Ora quello stesso giudice dovrà applicare la nuova norma del decreto. La Corte, dunque, gli può restituire gli atti della causa e dargli modo di valutare se la questione di costituzionalità si sia risolta.

In altre parole: il giudice deciderà se, nella causa di ergastolo ostativo che sta trattando, la nuova norma risolve il dubbio di costituzionalità. 

Se così non fosse, lo stesso giudice potrà risollevare la questione davanti alla Consulta per un nuovo giudizio, questa volta sul nuovo testo.

Rinvia di nuovo l’udienza

Una seconda strada per la Corte è quella di rinviare nuovamente l’udienza, come ha già fatto in due occasioni. Nei due casi precedenti, il rinvio serviva per dare tempo al legislatore di redigere la nuova disciplina. In questo caso, invece, potrà essere giustificato dall’esigenza di far decorrere i sessanta giorni per la conversione del decreto legge.

Il fatto che le nuove previsioni siano contenute nel decreto legge le espone al fatto che, in sede di conversione in parlamento, queste vengano modificate. Quindi la Corte potrebbe decidere di rinviare fino a quando la nuova norma non sarà definitiva, così da esprimersi sul testo approvato dalle camere e non sul decreto legge potenzialmente modificabile subito dopo.

Dichiara l’incostituzionalità

La terza strada astrattamente possibile ma anche la meno probabile è quella che la corte si esprima sulla costituzionalità del nuovo testo. La Corte può ritenere di trasferire la questione di costituzionalità sul nuovo decreto. Tradotto: può ritenere che la nuova disciplina di fatto non intacchi i rilievi di costituzionalità presentati con l’ordinanza. Quindi, sostituendo il vecchio testo con il nuovo, potrebbe esprimersi comunque dichiarandolo incostituzionale.

Questa ipotesi, che significherebbe anche una forte censura politica all’operato del governo in carica, è però difficilmente concretizzabile.

Il testo dell’attuale decreto legge, infatti, deve ancora essere convertito e quindi è provvisorio: per la Consulta, quindi, significherebbe censurare con l’incostituzionalità un testo che non è nemmeno ancora stato convertito in legge.

Con tutta probabilità, dunque, la Corte sceglierà di restituire gli atti al giudice. Con il risultato che, con altrettanta probabilità, il giudice stesso lo rimanderà alla Consulta sollevando gli stessi dubbi di costituzionalità che aveva proposto sulla vecchia legge.

Così si sarebbe di nuovo daccapo: con una legge sull’ergastolo ostativo appena convertita in legge e la Consulta pronta a dichiararla di nuovo incostituzionale.

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