Il palazzo del Consiglio superiore della magistratura cambia nome, ma il clima teso al suo interno rimane lo stesso. Oggi, infatti, è giorno di celebrazione: palazzo dei Marescialli, chiamato così dal 1935 perchè era sede dei marescialli d’Italia (un grado militare istituito da Benito Mussolini nel Ventennio), diventa palazzo Vittorio Bachelet. L’intitolazione al professore cattolico e vicepresidente del Csm dal 1976 fino al suo assassinio per mano delle Br nel 1980 è un evento molto atteso e soprattutto fortemente voluto dall’attuale vicepresidente, Fabio Pinelli, eletto in quota Lega.

Nelle sue intuizioni, infatti, l’evento avrebbe dovuto rappresentare anche plasticamente il nuovo corso del Consiglio, alla presenza delle più alte cariche istituzionali, ma anche un modo per accreditarsi come interlocutore di rilievo per il governo di centrodestra. Tanto che la delibera del plenum è stata approvata il 7 febbraio e, nei progetti iniziali, l’intitolazione avrebbe dovuto avvenire in modo solenne proprio il 12 febbraio, data della morte di Bachelet. Tutto era pronto a ma a far slittare l’evento di due mesi - secondo ricostruzioni di fonti del Csm - è stata proprio un’improvvida mossa di Pinelli: con la conferenza stampa del 18 gennaio, inusuale nella prassi del consiglio, il vicepresidente ha maldestramente messo in imbarazzo il Quirinale, attaccando il suo predecessore David Ermini e parlando di Csm che agiva come «terza camera», dimenticando che anche nella scorsa consiliatura Sergio Mattarella era presidente dell’organo di governo autonomo della magistratura.

Di qui il cambio di data, così da far calmare gli animi e permettere una serena partecipazione da parte del Colle. Tanto più che Mattarella avrebbe apprezzato la scelta di intitolare il palazzo proprio a Vittorio Bachelet, che è stato presidente dell’azione cattolica in cui anche il Capo dello stato e i suoi fratelli sono cresciuti. Inoltre, Mattarella è legato da lunga amicizia anche al figlio Giovanni Bachelet, che terrà un intervento commemorativo.

Gli inviti

Eppure, qualcosa nell’organizzazione è andato storto comunque. Fonti del consiglio, infatti, raccontano che l’obiettivo iniziale di Pinelli era quello di avere seduta in prima fila la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a cui l’invito sarebbe stato recapitato. Senza successo però: formalmente per concomitanti impegni internazionali, vista anche la vicinanza con il prossimo consiglio Ue del 17 aprile.

Del resto sarebbe stato un unicum nella storia recente del Csm, dove di regola e in ossequio alla separazione dei poteri non mette mai piede il presidente del Consiglio, ma delega il suo ministro della Giustizia. Ufficiosamente, invece, il governo e Fratelli d’Italia avrebbero preferito mantenere le distanze.

In platea accanto a Mattarella, comunque, ci sarà il Guardasigilli Carlo Nordio, che tuttavia non figura esplicitamente nel programma ufficiale. O meglio, cade sotto la generica dicitura di «più alte cariche dello Stato». In sala con loro ci saranno i consiglieri del Csm, ha confermato la sua presenza il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia e un membro dell’ufficio di presidenza del Consiglio nazionale forense. Assente, invece, l'ex vicepresidente David Ermini.

La freddezza

La freddezza tra il Csm e il ministero, però, è stata notata da più parti. Secondo fonti vicine alla maggioranza, infatti, Pinelli non sarebbe ancora ben stato inquadrato. Secondo le aspettative, come primo vicepresidente d’area centrodestra dopo diverse consiliature d’area progressista, avrebbe dovuto essere una figura di garanzia, pur nella terzietà del ruolo. Invece «non è ancora diventato un interlocutore riconosciuto e considerato capace di guidare il consiglio» sulla delicata materia giudiziaria, che nei prossimi mesi diventerà incandescente.

Il Csm, infatti, dovrà presto dare parere sul decreto legislativo sui test psicoattitudinali alle toghe e nei prossimi mesi arriverà anche la riforma della separazione delle carriere, più volte annunciata da Nordio. E, fino ad ora, i pareri approvati dal consiglio sono stati considerati poco incisivi nella dinamica dello scontro tra governo e magistratura.

Di qui l’esigenza di Pinelli di lavorare per accreditarsi, anche attraverso un gesto dal valore simbolico come l’intitolazione del palazzo a Bachelet. Tanto che, nel cerimoniale, inizialmente era previsto solo il saluto dello stesso Pinelli e a seguire quello del figlio di Bachelet, Giovanni.

Alla fine, invece, una terza relatrice di peso è stata aggiunta: a prendere la parola sarà Marta Cartabia, presidente emerita della Corte costituzionale, giurista riconosciuta nel mondo cattolico e vicina al presidente Mattarella. Ma anche ex ministra della Giustizia, con il peculiare effetto di avere invece l’attuale ministro in carica seduto in platea. Nessun invito a partecipare alla stampa, invece: l’evento verrà trasmesso solo via streaming.

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