Lo scorso 16 settembre la Commissione europea ha approvato una proposta di regolamento e una raccomandazione sulla libertà dei media, aprendo una consultazione pubblica che si concluderà il prossimo 20 gennaio. La proposta dovrà poi essere adottata dal parlamento e dal Consiglio europeo. Mira a creare un quadro di regole comuni, per proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’Unione europea rispetto a interferenze politiche, pressioni o spionaggio.

Va premesso che la libertà dei media e il loro pluralismo sono tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 11) e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art. 10). Tuttavia, le relazioni sullo stato di diritto predisposte dalla Commissione europea nel corso degli anni e il “Media Pluralism Monitor” del Centre for Media Pluralism and Media Freedom, centro cofinanziato dall’Unione europea, evidenziano problemi legati alla politicizzazione dei media, alla mancanza di trasparenza della loro proprietà, all’attenuazione della tutela al diritto all’informazione.

Nel 2022 la Commissione ha adottato una raccomandazione sulla protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani attivi da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi (Raccomandazione 2022/758, Strategic Lawsuit Against Public Participation, Slapp). La raccomandazione intende contrastare le «azioni legali strategiche», vale a dire intentate per «sottoporre a vessazioni e mettere a tacere i convenuti». In sintesi, per intimidire le voci critiche, incidendo sulla loro credibilità, ed «esaurire le loro risorse finanziarie e di altro tipo».

È bene dare conto della nuova proposta di regolamento, specie in questo momento. Com’è noto, Domani è destinatario di denunce da parte di esponenti politici.

La proposta di regolamento

La proposta di regolamento europeo intende creare le condizioni affinché i media – pubblici e privati – possano operare più facilmente a livello transfrontaliero nel mercato interno dell’Unione europea, attraverso un quadro normativo che, superando le differenze nazionali, fornisca garanzie e meccanismi comuni a tutela del loro buon funzionamento.

«Le ingerenze pubbliche e private indeboliscono l’indipendenza dei media», scrive la Commissione. Le scelte editoriali non devono essere influenzate da parte degli stati membri, delle autorità di regolazione e di altri soggetti. Inoltre, non devono potersi realizzare attività di sorveglianza o intercettazione a carico dei fornitori dei media, dei loro dipendenti o familiari. La proposta impone agli stati di migliorare la protezione delle fonti giornalistiche e vieta di perseguire penalmente i giornalisti che tutelano la riservatezza delle proprie fonti.

Sempre a fini di indipendenza editoriale, si prevede che i fornitori di servizi di media, con esclusione delle micro-imprese, assicurino la trasparenza di proprietà e finanziamenti. L’obiettivo è quello di fare emergere elementi idonei a influenzare operazioni e decisioni strategiche, nonché di rilevare conflitti di interessi attuali o potenziali. Le misure di trasparenza, tuttavia, non sono vincolanti, essendo rimesse alla raccomandazione che accompagna il regolamento.

La proposta contiene, inoltre, tra le altre cose, norme relative all’indipendenza e al finanziamento stabile dei media del servizio pubblico; alla pubblicità su tali media; alla trasparenza e all’obiettività dei sistemi di misurazione dell’audience, dato l’impatto che essi hanno sugli introiti pubblicitari dei media, in particolare online. Inoltre, gli stati membri dovranno valutare non solo la conformità delle concentrazioni nel mercato dei media alla relativa disciplina, ma anche l’incidenza delle concentrazioni stesse sul pluralismo e sull’indipendenza editoriale.

Ancora, il regolamento prevede che le piattaforme online di maggiori dimensioni (con oltre 45 milioni di utenti nell’UE) che intendono eliminare contenuti considerati contrari alle politiche della piattaforma – ad esempio, in attuazione del nuovo codice di buone pratiche sulla disinformazione - comunichino ai fornitori di servizi di media i motivi della prevista eliminazione prima che la stessa abbia effetto; e che eventuali reclami siano trattati in via prioritaria.

Infine, la proposta normativa dispone l’istituzione di un Comitato indipendente per i servizi dei media (European Board for Media Services), costituito dalle autorità nazionali di regolamentazione del settore, con il compito di assistere la Commissione nella preparazione di orientamenti sulla disciplina dei servizi informativi e formulare pareri in merito alle misure e alle decisioni nazionali riguardanti i mercati dei media. Il comitato dovrebbe altresì coordinare le misure normative nazionali relative ai media di paesi terzi che presentano un rischio per la sicurezza pubblica. Il pensiero va alle recenti sanzioni europee nei confronti dei media russi, bloccati nei paesi dell’Unione europea.

La libertà dei media

«In numerosi stati membri si registrano crescenti ingerenze nelle decisioni editoriali» – si legge nella proposta di regolamento – «ingerenze che possono essere dirette o indirette, esercitate dallo stato o da altri soggetti, tra cui autorità pubbliche, funzionari eletti, funzionari amministrativi e personaggi politici, ad esempio al fine di ottenere un vantaggio politico».

Il regolamento è destinato a incidere soprattutto su alcuni paesi dell’est Europa, dove i limiti alla libertà di stampa sono palesi. Ma avrà rilievo anche per altri stati. In Italia si riscontrano da anni storture determinate dalla concentrazione della raccolta pubblicitaria su mezzo televisivo, dal controllo del servizio pubblico da parte delle maggioranze dei governi pro tempore, dalle querele presentate contro giornali e giornalisti che provano a svolgere con coraggio il proprio mestiere. E Domani può dirlo con cognizione di causa.

Del resto, secondo l’ultimo World Press Freedom Index – una classifica annuale che valuta lo stato del giornalismo e il suo grado di libertà in 180 paesi del mondo – l’Italia occupa attualmente la 58esima posizione, perdendo 17 posti rispetto al 2021 e al 2020. La principale novità rispetto agli anni scorsi è legata all’autocensura. «I giornalisti a volte cedono alla tentazione di autocensurarsi», per evitare, tra le altre cose, «una denuncia per diffamazione o altre forme di azione legale», si legge nel report.

Il rapporto evidenzia anche «un certo grado di paralisi legislativa», che «sta frenando l’adozione di vari progetti di legge» finalizzati alla tutela dell’attività giornalistica. Nei giorni scorsi, su queste pagine, sono stati rilevati i ritardi, la lacunosità e la scarsa adeguatezza di una proposta legislativa nazionale su questo tema.

Il contrasto alle querele temerarie, cui potrebbe contribuire il regolamento europeo, è destinato a restare una mera dichiarazione di principio, se non realizzato nei fatti dai singoli stati. Si auspica comunque il regolamento sia adottato al più presto. In questo momento, qualunque atto che solleciti interventi concreti può essere importante.

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