La riforma della giustizia della ministra Marta Cartabia e del premier Mario Draghi è stata approvata definitivamente alla Camera. L’aula ha approvato con 396 voti favorevoli, 57 contrari e 3 astenuti il ddl delega di riforma del processo penale. Hanno votato contro i parlamentari di FdI e Alternativa c'è. Il testo passa ora all’esame del Senato.

«Oggi non c'è alcun trionfalismo. Quello che abbiamo votato non è quello che avremmo voluto, ma grazie al M5S i tempi vengono raddoppiati e per i reati di mafia e terrorismo. Ministra Cartabia il percorso è ancora lungo. Noi continueremo a dare il nostro contributo con lealtà, questo non significa essere d'accordo. Non ci saranno restaurazioni o passi indietro con noi nella maggioranza. Abbiamo il dovere di essere leali soprattutto nei confronti del M5S. Con questo spirito e con questo orgoglio dichiaro il voto favorevole del M5S», ha detto il deputato pentastellato ed ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, nel corso della discussione in aula.

La fiducia sui primi due articoli

Durante la notte del 2 agosto i deputati hanno votato sui primi due articoli della riforma su cui il governo ha posto la fiducia. L’articolo 1 è stato approvato con 462 voti a favore, 55 voti contrari e solo un astenuto. 458 invece i favorevoli all’approvazione dell’articolo 2, 46 i contrari e un astenuto.

Dopo l’esame degli ordini del giorno, alle 20.45 del 2 agosto si è dato il via alle dichiarazioni di voto, poi alle 22.30 l’appello nominale dei deputati per la votazione dei due articoli del provvedimento. Il primo articolo su cui è stata posta la fiducia riguarda la delega al governo «per la revisione del regime sanzionatorio dei reati e per l’introduzione di una disciplina organica della giustizia riparativa e di una disciplina organica dell’ufficio per il processo penale». La seconda fiducia invece è stata apposta all’articolo 2, «Disposizioni per l’efficienza dei procedimenti penali e in materia di notificazioni». Ogni gruppo, secondo l’intesa raggiunta nella capigruppo, ha fatto un’unica dichiarazione di voto. La questione di fiducia era stata richiesta dalla guardasigilli Cartabia e approvata dal Consiglio dei ministri del 22 luglio scorso.

Il Movimento cinque stelle ha votato in modo compatto, con una percentuale di partecipanti al voto dell’87,42 per cento, nonostante ci fossero a entrambe le votazioni 13 assenti non giustificati. Il Partito democratico ha fatto registrare la percentuale più alta di partecipazione: 89,5 per cento.

A partire dalle 9 del 3 agosto a Montecitorio sono ripresi i lavori, con l’esame degli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto e il voto finale sull’intero disegno di legge. Il provvedimento sarà all’esame del Senato dopo la pausa estiva, alla ripresa dei lavori a settembre.

Discussione e questione di fiducia

Nel pomeriggio di domenica 1 agosto l’aula di Montecitorio ha respinto, con 357 voti contrari e 48 a favore, le questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate da Fratelli d’Italia e da Alternativa c’è, il gruppo di fuoriusciti dal M5s. 41 deputati del M5s, assenti ingiustificati, non hanno preso parte alla votazione.

Sulla questione è intervenuto il leader del movimento, Giuseppe Conte, che non ha apprezzato l’assenza dei deputati pentastellati: «Oggi c'è stato un episodio che non mi è piaciuto. È vero che era domenica, che la nostra presenza non era fondamentale, ma noi la nostra forza politica la dimostriamo con la compattezza». Conte si è poi rivolto direttamente al deputato Alessandro Melicchio che si è schierato con il gruppo dell’opposizione al governo: «Con il tuo voto hai mancato di rispetto a tutti i tuoi colleghi ed è arrogante e presuntuoso pensare che la tua coscienza sia più importante di quella collettiva e dei tuoi colleghi», ha detto l’ex premier. Anche Matteo Salvini ha commentato l’assenza di un gruppo consistente di cinque stelle, esortandoli a lasciare le poltrone «se non credono piu' a Draghi, alle riforme e all'Italia».

Dopo la discussione in aula, il ministro per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà, a nome di tutto il governo, ha posto la fiducia sui primi due articoli della riforma della giustizia. La decisione di apporre la fiducia ha creato tensione alla Camera, provocando reazioni soprattutto da Alternativa c’è, che ha occupato i banchi del governo in segno di protesta gridando «vergogna, vergogna». Il presidente della Camera Roberto Fico ha chiesto l’intervento dei commessi per riportare l’ordine nell’aula.

Spirito della riforma

L’approvazione della riforma è indispensabile per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il documento predisposto dal governo con cui si illustra il piano di investimento dei fondi europei nell’ambito del programma Next generation Eu. Il testo approvato dalla Camera mira a velocizzare i procedimenti, rendendo compatibili i tempi del processo con quelli europei.

La ministra Cartabia ha risposto alle accuse, secondo cui la riforma porterebbe all’impunità, spiegando che «la prima forma di impunità sono i processi che non terminano mai. Perché se il processo non si chiude i responsabili non sono assicurati alla giustizia». Cartabia ha precisato che «la riforma va letta nel suo complesso». Nelle ultime settimane infatti l’attenzione mediatica si è focalizzata sulle questioni dell’improcedebilità e della prescrizione, ma le misure delineate nel testo della riforma mirano, nel complesso, ad eliminare le lungaggini burocratiche cercando così di velocizzare tutto l’iter processuale.

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