Ricordava qualche tempo fa su questo giornale Walter Siti che «i padri fondatori della democrazia moderna parlavano della necessità che ad abitarla fosse l’individuo informato». Mi sono tornate in mente queste parole leggendo Non è giusta. L'Italia delle disuguaglianze (Editori Laterza), a cura di Giacomo Gabbuti. Il libro rappresenta esattamente ciò che serve per affrontare in modo serio la questione, oggi così centrale, della crescita delle disuguaglianze economiche, di reddito e di ricchezza.

Con un linguaggio chiaro e in un numero contenuto di pagine, il volume dischiude, in un’armonica sequenza di tableaux, l’evoluzione delle disuguaglianze dei redditi e della ricchezza nel nostro paese, nel complesso e fra regioni, fra generazioni, fra generi e in relazione all’andamento della disuguaglianza globale.

Mostra, inoltre, il peso delle vecchie di disuguaglianze di classe, ancora strettamente legate alle disuguaglianze di risorse, nonché quello delle nuove disuguaglianze nella distribuzione delle emissioni di CO₂ con i più ricchi responsabili della quota maggiore delle emissioni, che finiscono però per gravare soprattutto sui più poveri. Il quadro è aggiornato alle ultime statistiche disponibili.

Precisare spazi e norme

Un’indicazione si impone con nettezza. Al di là delle affermazioni semplicistiche che si limitano a declamarne l’altezza, definire e misurare le disuguaglianze richiede di precisare lo spazio selezionato, nella consapevolezza della natura inevitabilmente normativa della misura stessa che si utilizza. Ridurre ad alcuni numeri una realtà così complessa come la disuguaglianza (ancorché circoscritta alle risorse economiche) richiede, infatti, inesorabilmente di privilegiare un aspetto a discapito di un altro.

Ad esempio, anche limitandoci alle disuguaglianze di risorse (dunque, a prescindere da oggetti importanti quali l’accesso ai servizi o alle diverse opportunità), a quale reddito guardiamo? Al reddito di mercato, ossia al reddito che si acquisisce prima di pagare le imposte e ricevere eventuali trasferimenti oppure al reddito disponibile, che è quello invece al netto di imposte e al lordo dei trasferimenti? Considerare la prima dimensione, impone di guardare dentro i mercati del lavoro e del capitale. Considerare la seconda, di guardare al sistema fiscale.

Pur riconoscendo le interazioni fra fisco ed economia e la necessità di interventi sul piano fiscale, l’elevata disuguaglianza dei redditi di mercato presente nel nostro paese (e in crescita) dovrebbe però indurci a una maggiore attenzione a cosa capita nell’economia invece di continuare a ricorrere soltanto a misure di agevolazione fiscale.

O, ancora, si consideri la misura più utilizzata, quella di Gini. Tale misura privilegia gli spostamenti al centro della distribuzione, a discapito di cosa capita agli estremi e nulla ci dice cosa capita nei diversi punti. È dunque utile affiancarla a misure più disaggregate come le quote di risorse detenute dai diversi percettori di reddito. Ma anche a questo riguardo occorre attenzione.

Concentrazioni di ricchezze

Ad esempio, un rapporto spesso usato come quello fra le risorse detenute dal 20 per cento più ricco e quelle detenute dal 20 per cento più povero dice assai poco in presenza di una concentrazione nella parte altissima della distribuzione.

Si consideri, per esempio, la concentrazione di ricchezza nel nostro paese. Le ultime statistiche documentano una forte crescita: il 5 per cento della popolazione avrebbe il 46 per cento del totale e lo 0,1 per cento avrebbe addirittura il 9,3 per cento, situazione non rivelata dall’indice di Gini che ci mette invece, addirittura, sotto media Ue.

Infine, è fondamentale chiedersi quali dati si utilizzano. I dati campionari tendono a sottostimare il peso dei più ricchi, inevitabilmente sottorappresentati nei campioni. Dunque, vanno integrati il più possibile da dati amministrativi e fiscali.

Una consapevolezza di base di questi aspetti è indispensabile non solo per comprendere meglio ciò che sta accadendo, ma anche per formulare proposte più efficaci e per rispondere con argomenti solidi, evitando la retorica superficiale che troppo spesso domina il dibattito pubblico. Per questo, il volume rappresenta un indispensabile strumento di educazione civica.

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