Le ore passano, la quantità di miglia che ci separa dalle acque Gazawe si assottigliano. Questa notte le barche della Flotilla hanno raggiunto la zona in cui sono state intercettate, infrangendo ogni diritto internazionale, le missioni precedenti: tra le cento e le centocinquanta miglia dall’obiettivo.

Alle due di notte abbiamo quindi perso la protezione della nave di Emergency (che ovviamente non può rischiare che un ospedale galleggiante, attrezzato e carico di preziosi macchinari, possa essere sequestrato illegalmente dall’esercito israeliano) e quella della nave militare italiana, che il ministero della Difesa ha chiarito non essere disponibile ad arrivare più vicino alla costa di così (malgrado non sia quello il confine delle acque internazionali).

Il rispetto del Diritto internazionale

Il diritto internazionale è chiaro, e vale la pena ripeterlo: non commette alcun reato chi trasporta, in maniera pacifica, disarmata e non violenta, aiuti di primaria necessità (come cibo e medicine), destinati a una popolazione in conclamata crisi umanitaria, indotta da un assedio, questo sì, completamente illecito e criminale.

Stiamo agendo nel pieno solco del diritto internazionale e della convenzione di Ginevra; e stiamo, soprattutto, rispondendo a un principio etico elevato e chiarissimo: l’impossibilità di abbandonare un’intera popolazione nelle mani di chi sta commettendo un genocidio, senza provare a fare quanto in nostro potere per fermarlo.

La storia ce ne chiederà conto: cosa stavamo facendo mentre a Gaza, stretta tra bombe, deportazioni e carestia indotta, veniva infranto ogni residuo di umanità, di solidarietà, di rispetto per la vita umana?

La delegittimazione

In questi giorni la Flotilla è stata passata al microscopio, con una furia ossessiva e maniacale, utilizzata per depotenziarla, ridurla a caricatura, sminuirne il valore, addirittura si è arrivati al parossismo di contestarne l’indipendenza dalla formazione terroristica di Hamas.

Molti sforzi sono stati fatti per fermarla, per distorcere e ribaltare la narrazione, per tentare di raccontare chi ha deciso di mettersi in mezzo al mare come un provocatore, un violento, uno scellerato che, addirittura, abbia deciso scientemente di scatenare una guerra.

Chi commette i crimini

La guerra, invece, purtroppo c'è già, e ha continuato a mietere centinaia di vittime innocenti ogni santo giorno, mentre questo esercizio di delegittimazione andava avanti.

Chi commette crimini scellerati e gravissimi – che si preferiva si vedessero meno e che la missione della Flotilla ha invece definitivamente svelato – c'è già; è il governo di Netanyahu, che infrange sistematicamente il diritto internazionale serrando in un assedio mortale la popolazione palestinese che sopravvive all’inferno, in quel che resta (poco) della striscia di Gaza.

La Corte Penale internazionale lo ha sottolineato più volte, sempre più chiaramente, come anche hanno fatto le Nazioni Unite, per ultimo con l’indagine indipendente che ha certificato che quello che sta accadendo abbia un nome preciso: genocidio.

In questo scenario, non può non essere evidente che chi si appresta a commettere nuovi crimini, fermando illegalmente in acque internazionali una missione umanitaria che si muove totalmente nel solco del diritto e dell’etica umana, va cercato altrove e non tra le barche della Flotilla.

Se solo una piccola parte della veemenza con cui si cerca di convincere la Flotilla a fermarsi si dirigesse sul convincere Netanyahu a fermarsi, forse il governo italiano sarebbe riuscito a sortire qualche effetto reale, per alleviare lo strazio della Palestina, in cui frana e si distrugge tutta la nostra umanità perduta.

Si chiede alla Flotilla di comportarsi come se il blocco navale costruito da Israele fosse legale, non si chiede al suo presidente di sollevarlo una volta per tutte.

Sono ore molto complesse queste a bordo, il rumore di fondo è altissimo, la tensione anche, ma è necessario concentrarsi, ora più che mai, sulla nostra missione, sul suo senso più profondo.

Prima di partire ho detto ai miei figli che, a parti invertite, se fossimo stati noi a Gaza, avrei sperato con tutte le mie forze che qualcuno non ci abbandonasse al nostro destino, senza nemmeno provarci. Nei momenti in cui sale un po’ di più il livello dell’angoscia, provo a concentrarmi su questo.

E buon vento a tutte e tutti coloro che non si arrendono all’orrore, da ovunque questo arrivi.

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