C’è un dato sconcertante che affiora dalle vicende liguri, ed è lo scontro fra le istituzioni frantumate. I fatti: c’è un’indagine da tre anni, e poi una richiesta di interventi giudiziari da quattro mesi. Il che vuol dire che l’indagine – che non è relativa a reati marginali, ma riguardano addirittura l’intreccio fra potere e mafia – è a conoscenza in via ufficiale di magistrati, cancellieri, della polizia giudiziaria di due procure: per lo meno qualche centinaio di persone.

È assolutamente impossibile che il potere ufficiale, che era sotto controllo, non abbia avuto non dico dettagli di informazioni ma almeno la sensazione che era in corso una delicata inchiesta. Sarebbe quasi curioso sapere se di questa indagine la mafia fosse informata, e il potere istituzionale no.

Oggi si solleva la questione della magistratura ad orologeria. In realtà la magistratura, che abbia fatto bene o male lo diranno i giudizi che si apriranno, aveva messo le sue carte sul tavolo a fine di dicembre. Dunque quale magistratura ha fatto scattare questo potere di orologeria quattro mesi dopo? La verità è che ormai lo scontro non è solo tra forze politiche, né solo fra forze istituzionali, ma fra istituzioni spappolate al loro interno.

Il Ministro che sfida

Se così stanno le cose, resta solo un bel portacenere di mozziconi, i desideri. Tutti esprimono desideri di ciò che sanno che non c'è e probabilmente non ci sarà. Il presidente della Repubblica esprime desideri costituzionali sia sul piano internazionale che sul piano nazionale, ma sa che che probabilmente non ci sarà la forza per attuarlo. Le forze politiche, anche quelle che hanno una tradizione, esprimono ormai desideri frantumati: non è bello che dentro i partiti che hanno ancora legami con le culture politiche del primo cinquantennio si dica che tutte le posizioni sono legittime, anche se non sono unificabili.

Ancora a proposito di spappolamento, osserviamo quello che succede all’assemblea dell’Anm a Palermo, dove va il presidente della Repubblica e del Csm. Il ministro della Giustizia prima dice che non andrà, poi ci ripensa. Lui ha il compito di osservare se l’ordinamento è efficiente e rispettoso delle regole costituzionali, e deve esprimersi sulle modifiche costituzionali in corso, fra cui la modifica del rapporto tra magistratura e potere politico. Per di più c’è un’incertezza generale per le riforme che incidono sull’assetto del sistema politico italiano: si tratta di un cambio radicale attraverso una via autoritaria, che è quella della destra.

Quella della sinistra è, o dovrebbe essere, la via della maggiore partecipazione democratica ma che non trova oggi forze capaci di esprimere con vigore una tendenza dominante nella società italiana.

Il mio timore è che in questi ultimi giorni prima del voto possa venire un vento qualunquistico, che soffia verso l’abbandono della via democratica, della partecipazione, e verso un astensionismo che in parte dovrebbe essere di protesta politica e in parte di rassegnazione alla decadenza del sistema.

Scuotere gli astenuti

È sorprendente il cedimento che avviene anche in un settore estremamente delicato, quello della stampa. Vedo con grande preoccupazione la mancanza di solidarietà unitaria che c’è stata nel mondo dell’informazione e della stampa nei confronti di quel giornalismo e di quelle redazioni di libero pensiero che hanno cercato di introdurre un linguaggio di libertà.

Diciamolo onestamente: c’è un drammatico segnale di decadenza politica nell’abbandono del giornalismo che non vuole piegare la testa, e che non la piegherà – perché la sua storia e la sua ragione di vita – ma di fatto non ha se non la forza, certamente la capacità unitaria di resistere all’involuzione.

Il paese, nella sua parte migliore, resterà ad attendere che il vincolo estero sia sempre più vincolo, che l’ombrello della difesa estera sia sempre aperto, e che la pace sociale sia garantita almeno dal buon senso, che forse ispirerà una tolleranza sociale a bassa tensione: perché la lacerazione e lo spappolamento è anche nel mondo sindacale e nel personale di guida dei sindacati delle imprese.

Se questo è il quadro, oggi non sembra aver senso sollevare le grandi questioni. Forse per questo ci leghiamo al carro di chi esprime desideri che sa essere difficilmente attuabili. Un’ingannevole pioggia di desideri senza prospettive, come nuvole, che rischia di incrementare l’abbandono del voto. Il campo non va mai abbandonato, ma alla vigilia del voto europeo è difficile vedere segnali di incoraggiamento.

La responsabilità ce l’hanno le forze del cambiamento, e fra esse quelle della sinistra, per non aver saputo suscitare le ragioni profonde dello scuotimento emotivo della massa dei non votanti. È l’unica carta da giocare per la possibilità di un largo consenso, per scacciare la destra dal governo. Ma, a qualche giorno dai fatti di Liguria, ancora non se ne vedono i segnali.

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