L’indagine su Giovanni Toti, il presidente della Liguria, è iniziata con un’ipotesi di reato diversa da quella poi contestato (corruzione) nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari il governatore. L’ipotesi iniziale era di finanziamento illecito: i pm avevano messo nel mirino i finanziamenti di un gruppo di imprenditori privati versati alla fondazione e al comitato di Giovanni Toti.  Strutture legate al politico che dal 2016 al 2021 hanno incassato oltre 2 milioni di euro di donazioni.

Domani aveva svelato l’esistenza dell’indagine sui finanziamenti sospetti nel novembre 2021 con una lunga inchiesta che andava oltre le perquisizioni avvenute alcuni mesi prima e raccontando i conflitti di interessi che si celavano dietro quei rapporti tra Toti e gli industriali che lo sostenevano. Imprenditori finanziatori i cui business in Liguria erano appesi a decisioni (delibere, autorizzazioni, concessioni) che dipendevano dall’autorità portuale o dalla regione stessa, cioè da Toti. 

Tra i nomi degli industriali sostenitori di Toti, svelati da Domani, il cui profitto dipende anche da concessioni pubbliche da rinnovare o autorizzazioni regionali da ricevere, c’è il gruppo industriale di Pietro Colucci. Sulla sua pagina web si definisce «imprenditore della green economy». Tramite le società del gruppo o con aziende riconducibili alla sua galassia societaria, Colucci ha versato nelle casse dei comitati oltre 100mila euro. La somma è stata divisa in diverse tranche dal 2016 al 2020 utilizzando diverse aziende.

In un caso nel gennaio 2020 ha donato 9mila euro dal proprio conto personale in occasione di una cena elettorale, serate sempre più in voga tra i leader, utili a far sedere al tavolo ambiziosi e munifici esponenti dell’economia italiana. Per accomodarsi e trascorrere la serata con il politico di turno c’è una fiche da versare: con Toti 9mila, per altri le cifre cambiano ma la storia degli ultimi anni è piena di serate e pranzi a pagamento per sostenere le carriere dei leader, sempre alla ricerca di una “pezza” finanziaria per coprire il buco (o meglio voragine) lasciato dall’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Soldi e autorizzazioni delle discariche

Il problema per Colucci, Toti e la sua giunta è però un altro e ha un nome: conflitto di interesse, plurimo. I bonifici al comitato Change si collocano infatti tra il 2016 e il 2019, un periodo cruciale per gli interessi del gruppo industriale in Liguria, precedono richieste di autorizzazioni regionali e seguono pareri positivi.

Nel 2017 Green Up, controllata del gruppo Colucci, presenta domanda di Via (Valutazione di impatto ambientale) regionale «per il progetto di ampliamento della discarica di Vado Ligure località Bossarino». La giunta vota compatta a favore, inclusi Toti e il leghista Edoardo Rixi (oggi sottosegretario del governo Meloni): nel 2018 Green Up ha così ottenuto il via libera per aumentare la capacità del sito di stoccaggio dei rifiuti. Sarà certamente un caso, che però si ripete nel tempo.

L’otto settembre 2021 per Green Up è stato avviato un nuovo procedimento, dopo un’ulteriore richiesta di allargamento del sito di rifiuti, questa volta dal lato ovest. L’iter è solo all’inizio, l’esito sarà noto non prima di un anno.

Un’altra società collegata al gruppo di Colucci gestisce una seconda discarica sempre a Vado Ligure, in località diversa denominata Boscaccio. È Ecosavona, che tra il 2019 e il 2020, aveva fatto domanda alla regione per ottenere il «provvedimento unico autorizzativo regionale» per aumentare i volumi della discarica di proprietà.

L’azionista di maggioranza di Ecosavona, con il 70 per cento, è una società lussemburghese (Green Luxco) sempre della galassia Colucci, i soci di minoranza sono pubblici, incluso il comune di Savona con un 5 per cento. La richiesta è stata depositata in regione Liguria, dopo un’integrazione di documenti inviata il 15 ottobre 2019, gli esperti degli uffici dell’Ambiente hanno richiesto ulteriori integrazioni. «Ecosavona ha preferito ritirare la domanda per ripresentarne una in futuro», spiegano fonti dell’azienda.

Nel frattempo Colucci è stato molto generoso con chi dovrà dire l’ultima parola sulla procedura. Tra dicembre 2019 e i primi mesi del 2020 Toti e i suoi comitati hanno ricevuto quasi 40mila euro da Sostenya Green Spa, Innovatec Spa e direttamente da Colucci (9mila euro in occasione della cena, al comitato Giovanni Toti-Liguria). Entrambe le discariche del gruppo sono state interessate da un’indagine ancora in corso per disastro ambientale, «siamo fiduciosi perché un perito terzo ha dimostrato il contrario», aveva replicato l’azienda alle domande di Domani. 

Toti e Colucci si sono incontrati e sentiti spesso. Incontri personali e istituzionali in regione. E pure pranzi informali per discutere di politica. All’imprenditore non sarebbe dispiaciuto un ruolo in Cambiamo!, il movimento fondato da Toti. «Non c’è nessun mistero, Colucci e Toti si conoscono, sono amici e l’imprenditore è affascinato dal progetto politico del presidente della regione oltre a essere un vero appassionato di politica», lo difendono i suoi sostenitori, che aggiungono: «Ma quale favoritismi, per così pochi soldi? Oltretutto due progetti su quattro al momento sono stati bloccati». Certamente non quello di Green Up passato con i voti favorevoli di Toti e Rixi, entrambi beneficiari tramite comitati o partito delle donazioni di Colucci.

Ha votato a favore anche l’assessore all’Ambiente Raul Giampedrone, fedelissimo di Toti e riconfermato nello stesso ruolo. Il 25 agosto 2020 il comitato Giovanni Toti ordina un bonifico di 35mila euro destinati alla campagna elettorale di Giampedrone, l’ufficio che ha in mano le sorti dei business di Colucci, tra i più munifici finanziatori dei comitati del presidente della Liguria.

«Ho sostenuto Toti perché è un amico e perché credo nel suo percorso politico», dice Colucci a Domani. Sorprendente è la risposta sui possibili conflitti di interesse. Un politico che accetta finanziamenti, seppure dichiarati, da imprenditori che hanno interessi nei territori da lui amministrati, al di là della rilevanza penale, può far pensare a un conflitto? «Riflettendoci, sono d’accordo con lei. Ma il tutto è stato fatto in buona fede, in un momento in cui nel centrodestra c’era un vuoto di leadership e Toti rappresentava il nuovo, se ci avessimo riflettuto forse avremmo evitato il finanziamento».

E se anche il grande finanziatore di Toti si è persuaso dell’esistenza di un conflitto di interesse la questione si fa seria. Chissà cosa ne pensa il presidente della regione. Purtroppo non ha risposto né alle chiamate né ai messaggi con cui chiedevamo un replica. Sappiamo cosa aveva detto quando erano emersi i primi nomi dei finanziatori, «tutto regolare e dichiarato secondo la legge». Questo non basta, però, a sbrogliare la matassa di interessi privati le cui sorti sono spesso appese al filo sottile di scelte della giunta Toti.

Soldi anche per Rixi

Agli oltre 100mila euro regalati da Colucci a Toti va però aggiunto un altro finanziamento del gruppo industriale. Si tratta di 15mila euro dati da Green Up, che gestisce una delle due discariche in regione, alla Lega Salvini Liguria, che pesava parecchio nella prima giunta Toti e continua a pesare. Edoardo Rixi, deputato che conta moltissimo negli equilibri politici regionali, è stato assessore allo Sviluppo economico nel primo esecutivo regionale guidato da Toti. Il suo successore è sempre un leghista doc. I finanziamenti sono tutti dichiarati. «Colucci non è assolutamente leghista», assicurano persone che lo conoscono bene, «ma conosce Rixi e gli aveva chiesto una mano per la campagna elettorale».

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