Il progetto presidenzialista di Giorgia Meloni corrisponde all’aria del tempo: crisi della democrazia, maggior efficacia percepita dei modelli autoritari, crisi delle élite legate all’establishment dei poteri forti.

Si tratta di un problema globale ma più particolarmente occidentale, dove la democrazia dovrebbe essere radicata da tempo. È proprio dall’interno del suo mondo che viene la sfida più pericolosa alla liberal-democrazia. Le critiche degli autoritarismi non sono una novità, se non nel fatto che oggi accampano un’apparente maggior efficienza.

Modelli di governance

In un mondo fluido dove tutti gli scenari si rimescolano, l’autoritarismo sembra rispondere più efficacemente alle sfide, tanto che leader importanti predicono la fine del liberalismo occidentale. In realtà tali modelli di governance sono molto rigidi e hanno difficoltà ad adattarsi ai repentini cambiamenti globali, inclusi quelli climatici o sanitari.

La pandemia ha dimostrato che, seppur disponendo di grandi mezzi, anche la Cina non è stata in grado di contenere il virus ma si è trovata a dover utilizzare mezzi non appropriati in presenza di una sorda opposizione popolare ai vaccini o alle misure restrittive.

Tali critiche sono esistite anche in occidente ma sono state gestite molto meglio grazie alla maggior elasticità della governance democratica, che può permettersi l’opposizione di una parte della popolazione senza che ciò mini il sistema. Con la pandemia si è visto che i tassi di vaccinazione sono stati molto più alti in Europa occidentale che altrove, come in Russia.

Il nemico interno

Ecco perché il nemico esterno della democrazia è meno pericoloso – anche se forte –  di quello interno. Va tenuta sotto controllo la crisi democratica di alcuni paesi membri dell’Ue come Ungheria e Polonia. Questi ultimi sono i modelli a cui si ispira la destra nazionalistica europea, incluso Fratelli d’Italia.

Recentemente il premier ungherese Viktor Orbán ha dichiarato che «gli ungheresi non intendono mescolare la loro razza con le altre», criticando il cosmopolitismo dell’Europa occidentale. È la sindrome da declino: la riapparizione ufficiale del termine razza dà il senso della sfida.

Tale è il modello a cui si ispira la destra nazionalista nostrana che punta al presidenzialismo proprio per imporre un prototipo di società dirigista basata sull’identitarismo etno-religioso (anche se di religioso rimane solo una sverniciatura).

Autoritarismo italiano

L’idea italiana di democrazia autoritaria si basa su alcune premesse identitarie passatiste, radicate nella paura del mondo. Il sostrato subculturale della destra radicale immagina un’Italia idealizzata, omologata e uguale da nord a sud, una società organica in cui ogni ceto svolga una funzione diversa e complementare.

Non si costruisce il futuro con lo sguardo nostalgico fisso su un passato mai esistito: l’Italia è stata sempre una dinamica mescolanza, terra di passaggi e incontri. È una aspetto che non cambierà. 

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