Cosa saranno mai cinque anni di Matteo Salvini alla guida del ministero dei Trasporti?

Nella disaffezione dai partiti, nella crescita del non voto, c’è l’idea che nulla davvero cambi chiunque sia al governo e che la politica non ci riguardi. Nulla di più sbagliato, e un esempio calzante lo vediamo con quanto sta avvenendo sulla mobilità ciclabile con il nuovo ministro che ha derubricato la questione a un problema di sicurezza e a cui tagliare persino le risorse già stanziate.

Di fatto si chiude una breve stagione in cui il nostro paese aveva cominciato a guardare a quanto si fa da anni negli altri paesi europei.

Durante la pandemia si era infatti aperta una discussione su come ripensare le città italiane, perché ci si era resi conto della bellezza di strade senza traffico e del valore di un’aria finalmente pulita, e dunque di cosa fare per dare la possibilità a tanti cittadini di muoversi in modo diverso.

L’occasione persa

In pochi mesi sono stati verniciati chilometri di Covid lanes, il neologismo inventato in quei mesi per le ciclabili provvisorie. E tante di queste sono poi diventate corsie protette. Con i fondi del ministero e del Recovery plan si è data la possibilità alle città di programmare la realizzazione di piste ciclabili che vedranno la luce entro il 2026.

Poteva essere l’inizio di una nuova stagione di rigenerazione urbana e invece sembra che sia stata solo una parentesi. Davvero non si comprende perché in un paese dove negli ultimi anni si sono vendute 5 milioni di bici, dove ci sono marchi industriali di successo e un autentico boom dall’Alto Adige al Salento di sempre più articolati bike tours, la destra al governo debba trincerarsi dietro un approccio così ideologico e vecchio.

Salvini ha annunciato una revisione del codice della strada, dove si vuole ridurre gli spazi per chi usa la micromobilità e le bici, e ha subito tagliato 93 milioni di euro di investimenti nella legge di bilancio perché la priorità sono le grandi opere.

Sembra di tornare agli anni Cinquanta, quando l’allora ministro Giuseppe Togni dichiarava il suo impegno per far vincere la strada contro la rotaia. Oggi il nemico sono le bici e se la vedessero i sindaci con i ciclisti, perché noi siamo diversi dagli olandesi.

Le città rinascono con le bici

Alcune immagini di Amsterdam risalenti agli anni Settanta vengono utilizzate sui social per far capire che gli olandesi non sono sempre stati degli appassionati di biciclette.

Anche loro hanno avuto la stagione delle autostrade urbane, dei parcheggi nei centri storici. Non esiste una questione antropologica, semplicemente hanno capito prima di noi che per percorsi di alcuni chilometri in ambito urbano la bicicletta è il mezzo più veloce e economico per spostarsi. Soprattutto se si crea una rete dove le persone si sentano sicure. Ad Amsterdam il 36 per cento degli spostamenti delle persone avviene in bicicletta. Ma anche a Pesaro e Ferrara, si sta arrivando a numeri simili. Non è una scelta di sinistra o di destra, è semplice buon senso. Anche quando nevica, piove ci si attrezza e, come ricordano i medici, fa anche bene alla salute. Ma per arrivare a quei numeri serve la politica. È infatti necessario ripensare le priorità di investimento, le regole dello spazio pubblico per garantire le precedenze, l’integrazione con treni e autobus dando la possibilità di portare le bici a bordo o di trovare spazi per parcheggiare le bici in stazione.

L’esperienza olandese è interessante da questo punto di vista perché l’approccio è pragmatico e bipartisan, si punta a creare percorsi continui e protetti all’interno delle città e tra i centri urbani, in una rete che diventa sempre più fitta e integrata. A novembre 2022 il governo ha presentato il nuovo piano di investimenti decennale per complessivi 750 milioni di euro, con l’obiettivo di dare continuità agli interventi e garantire qualità e innovazione rispetto alle nuove sfide. Perché più si interviene per ripensare gli ambiti urbani e maggiore è la necessità di disegnare infrastrutture e viadotti complessi, che andranno a disegnare una nuova architettura dello spazio pubblico. E più i numeri crescono e più grandi dovranno essere le infrastrutture da costruire, come i bellissimi nuovi parcheggi di Utrecht e Amsterdam capaci di ospitare 20 mila biciclette.

Un film di 22 anni fa

Poi si torna in Italia a un film di 22 anni fa, con Silvio Berlusconi che presenta la legge Obiettivo e un governo che va appresso alla parte più becera dei commercianti e non vede le attività economiche e la rinascita di valli, strade e quartieri dove le persone possono passeggiare e girare in bici.

Lo scontro è culturale, per questo bisogna raccontare queste storie italiane e europee di successo, per far comprendere la miseria e l’ignoranza di chi guarda alle città con gli occhiali del secolo scorso.

© Riproduzione riservata