Grazie al Partito democratico, ai socialisti spagnoli e ai socialdemocratici svedesi, il gruppo socialista europeo perde pochissimi seggi, e resta determinante per una qualunque maggioranza. Ma i conservatori sono cresciuti e la destra, anche se non verrà direttamente coinvolta nella maggioranza, farà sentire la propria influenza sulla Ue.

La traiettoria di Ursula von der Leyen ne è un assaggio: ha iniziato il suo mandato con un programma eco-sociale e lo ha concluso con meno ecologismo e più anti-immigrazione, e con anche la proposta di agganciare la ripresa economica all’industria bellica. Insomma, l’Unione europea tiene a distanza la destra impresentabile ma ne accoglie parte del messaggio. E questo cambierà i connotati della Ue.

L’aria che si respira nel cuore dell’Europa è di rabbia e di richiesta di protezione. In Francia prima di tutto: rabbia per una revisione in senso restrittivo del sistema pensionistico; per la politica verde fatta pagare ai lavoratori pendolari con le accise sulla benzina; per le restrizioni del servizio sanitario; per un lavoro mal pagato o pagato non abbastanza. Il movimento dei gilets jaunes, che nel 2018 aveva mobilitato per diversi mesi i francesi, e poi quello sindacale contro la riforma delle pensioni sono stati assaggi di un moto di protesta contro un governo centrista che non ha saputo dare protezione e neppure voluto ascoltare.

Promesse di ascolto e di protezione che ora fa la destra, nel nome della difesa della nazione repubblicana, contro l’élite raccolta intorno a Macron e contro i migranti. E Macron fa l’azzardo di indire nuove elezioni politiche, una scelta che può risultare suicida per le forze liberal-democratiche.

A ruota segue la Germania, il cui sistema istituzionale non consente tanta radicalità ma che non ha meno problemi: anche qui l’inflazione ha peggiorato le condizioni di vita dei dipendenti meglio pagati e assistiti d’Europa, mettendo un freno alle idee progressiste ed ecologiste (spettacolare la caduta dei Verdi). Rabbia e protezione hanno segnato queste elezioni nei due paesi portanti (e non solo lí) dell’Unione.

Ma la novità di questa elezioni non sta solo nell’Europa continentale e solo a destra.

L’Europa mediterranea presenta una realtà più articolata e complessa: in Grecia, Spagna e Italia, i partiti di governo sono risultati premiati, come non è accaduto nei paesi continentali. Ma con dei distinguo importanti. La Spagna e l’Italia contengono le perdite del gruppo socialista europeo. Il Psoe è il secondo partito in Spagna con il 30 per cento. Come la Grecia, anche l’Italia premia la destra al governo, anche se il partito di Giorgia Meloni non arriva al 30 per cento come sperava. Tuttavia, nel bel paese il fatto importante è un altro: il Pd è in crescita solida, insieme ad Alleanza di Sinistra e Verdi. Un pieno riconoscimento della bella campagna di Elly Schlein che ha dribblato i media nazionali sigillati all’opposizione e attraversato l’Italia con i candidati dem. E oggi il Pd è più unito e plurale. Il problema è che intorno ad esso ci sono solo macerie: dai 5 stelle, crollati, ai centristi che non hanno superato la soglia di eleggibilità.

Se il Pd avrà un ruolo centrale nel gruppo socialista europeo (l’unico partito di sinistra che ha superato il deserto nel quale quasi tutti i partiti fratelli si trovano ora) il suo compito in Italia sarà difficile. Per arginare Meloni, che vorrà bissare il plebiscito con la riforma della costituzione, dovrà aiutare la costruzione dell’alleanza con quelle forze che queste elezioni europee hanno atterrato. E non sarà facile.

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