Se è vero che in Europa la destra è cresciuta, gli equilibri del prossimo parlamento europeo rimarranno pressoché invariati. In alcuni paesi degli scossoni ci sono senz’altro stati – in Francia e Germania in primis – ma la situazione nel resto del Continente ha retto e le due grandi famiglie politiche che governano l’Ue da anni – popolari e socialisti – continueranno a rimanere centrali anche nella prossima legislatura. Sono i liberali quelli che più escono con le ossa rotte dal voto europeo, ma nel perimetro europeista il loro calo è compensato dalla crescita del Ppe.

Con buona probabilità, la prossima commissione europea sarà sostenuta dagli stessi partiti che appoggiano l’attuale – popolari, socialisti e appunto liberali – con Ursula von der Leyen lanciata verso un secondo mandato. Insieme i tre gruppi raggiungerebbero 401 seggi, ben al di sopra della maggioranza di 361 necessaria per eleggere il prossimo presidente della commissione. In sintesi: la destra potrebbe pesare più di quanto fatto finora su singoli dossier, ma la struttura politica delle istituzioni europee sarà in linea con quella degli scorsi cinque anni.

Crescono i popolari

I popolari continueranno a fare da padroni. Come prima, più di prima. Secondo le ultime stime diffuse dal parlamento europeo, il Ppe è il gruppo che, come nella scorsa legislatura, avrà più europarlamentari. Nel 2019 aveva ottenuto 178 seggi, ora il contatore segna un 186 (8 in più), il 25,7 per cento del totale. Un risultato che fa della loro spitzenkandidaten von der Leyen la candidata naturale alla presidenza della commissione, anche se una sua nomina dovrà passare al vaglio dei leader dei 27 Stati europei. Il dato del principale eurogrupopo di centrodestra è trainato dal buon risultato della Cdu tedesca che, con il 30 per cento dei voti, dovrebbe portare a Bruxelles 29 parlamentari (la Germania è il paese che elegge più delegati in Europa, seguito da Francia e Italia). Dei popolari fanno parte anche i rappresentanti di Forza Italia.

Su cosa significhi il risultato dei popolari in ottica alleanze future lo ha spiegato Manfred Weber, presidente e capogruppo del Ppe: «Invito i Socialisti e Renew a unirsi a noi per un’alleanza pro-europea – ha detto ieri sera –. Invito il presidente francese, Emmanuel Macron, a confermare von der Leyen alla Commissione».

Reggono i socialisti (ma perdono qualche seggio)

Coerentemente con i sondaggi pre voto il secondo gruppo è quello dei socialisti, che otterrebbero 135 seggi, cinque in meno rispetto alla scorsa legislatura. Il calo della Spd del cancelliere Olaf Scholz è compensato dal buon risultato del Psoe spagnolo e del Partito democratico: la formazione di Elly Schlein supera in termini di rappresentanza quella di Pedro Sanchez e diventa così la delegazione più forte del gruppo

«Rispettiamo assolutamente il principio dello Spitzenkandidat», ha detto il vicepresidente del gruppo S&D, Pedro Marques, aprendo alla possibilità di un von de Leyen bis. Poi le condizioni: «Se se altri gruppi dovessero essere chiamati ai tavoli negoziali, devono essere pro Europa e democratici».

Male i liberali

Sul gradino più basso del podio i liberali. Ma è il loro gruppo quello che, insieme ai verdi, perde di più in queste elezioni europee. Se nel 2019 erano stati premiati con 102 seggi, le stime pubblicate dal parlamento europeo segnano 23 rappresentanti in meno rispetto a cinque anni fa, 79 in totale.

A pesare è stato innanzitutto il pessimo risultato di Macron in Francia, ma anche quello delle due liste italiane – Azione di Calenda e Stati Uniti d’Europa di Renzi-Bonino – entrambe nel perimetro di Renew Europe ma per la prossima legislatura con zero europarlamentari in dote perché nessuna delle due è riuscita a superare la soglia del 4 per cento. 

Salgono i conservatori

Quello dei liberali è un terzo posto comunque non scontato. Perché molto dipenderà da un’eventuale allargamento dei conservatori europei. Da mesi si parla infatti di un possibile ingresso di Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orban: una scelta che potrebbe comunque portare a delle fuoriuscite, considerate le diverse posizioni che il partito al governo in Ungheria ha, ad esempio, sulla politica estera rispetto al Pis polacco, ma anche a Fratelli d’Italia. In ogni caso, il partito europeo guidato da Giorgia Meloni cresce di quattro seggi, passando dai 69 del 2019 agli 73 del 2024.

Id è stabile

Identità e democrazia, il gruppo di Matteo Salvini e di Marine Le Pen, passerebbe da 59 a 58 eurodeputati. Nonostante il successo del Rassemblement National francese, sconta la contrazione della Lega, che passa in soli cinque anni dal 34 per cento al 9. Con un’incognita: l’Afd, che in Germania ha avuto un buon risultato ed è è stata la seconda lista più votata. Il partito di estrema destra tedesco nelle settimane precedenti al voto europeo è stato fatto espulso dal gruppo perché troppo estremista, ora ha intenzione di rientrarci estromettendo Maximilian Krah, l’eurodeputato al centro delle affermazioni sulle SS che hanno causato il terremoto dentro Id.

Flop dei verdi

Ci sono poi i verdi, il gruppo che – con 19 seggi in meno rispetto a cinque anni fa – perde proporzionalmente di più e passerebbe da 72 a 52 delegati. Anche per loro pesa il pessimo risultato in Germania, dove sono al governo e dove passerebbero da 21 a 12 seggi, mentre in Francia superano di poco la soglia di sbarramento.

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