«Il tema delle disuguaglianze, di reddito, di ricchezza e di opportunità, è da tempo in cima alle priorità del paese e può essere affrontato solo se si agisce con decisione», scrive Carlo De Benedetti editore di Domani. Si rivolge al segretario del Partito democratico Enrico Letta che interverrà alla festa di Domani a Modena, sabato, chiedendo «proposte nette, tanto ambiziose quanto serie … un programma forte che dia speranza a chi l’ha persa e spinga gli elettori che si sono rifugiati nell’astensione ad abbracciarlo».

Sono le stesse parole che ascolti girando in tanti angoli del paese dove c’è effervescenza sociale, imprenditoriale e pubblica. Dove la trasformazione ecologica diventa buoni lavori e vantaggi per i più vulnerabili, dove nuove forme di welfare migliorano la cura delle persone e liberano le donne da ruoli subalterni, dove giustizia sociale e ambientale marciano unite, dove a disegnare le politiche è il confronto democratico di saperi locali e globali.

Sì, perché in Italia succede anche questo, altrimenti, fosse per i parlottii romani – o milanesi e palermitani, per intenderci – saremmo già affondati. Ma quell’effervescenza non basta.

Il sistema è guidato da politiche vecchie, che ancora si baloccano di semplificazioni che complicano, di bandi di gara che uccidono la creatività, di assunzioni in PA che scoraggiano chi cerca sfide, di bonus anziché di servizi, di monitoraggi ottocenteschi, di paternalismo verso i giovani senza trasferire loro potere, di “gran cambiamenti per le donne” perché nulla cambi. Politiche che, anziché cogliere la potenzialità straordinaria della svolta ecologica, frenano il cambiamento, rischiando, loro sì, di provocare un “bagno di sangue” al paese.

E dunque serve una svolta di sistema. E se non verrà presto, se si continuerà a lavorare “al margine”, senza indicare gli avversari del cambiamento, senza costruire spazi di democrazia partecipata dove la rabbia e il risentimento divengano conflitto e cambiamento, allora tornerà a spirare il vento potente dell’autoritarismo.

Se una larga parte di tutti noi continuerà a essere convinta che un futuro più giusto è una chimera, allora ai più vulnerabili, che non possono “fuggire”, resterà solo di rintanarsi nell’illusorio sogno di un’identità delle origini, dove “gli altri” divengono nemici, dove “almeno” qualcuno comanda.

Era la tendenza in atto, da noi come in tutto l’Occidente, prima dell’esplodere della pandemia. Tornerà ora, rafforzata. Miserabile ma appagante.  

Questa è la biforcazione. La conservazione dello status quo è illusoria. È l’anticamera dell’autoritarismo. Ecco perché è così importante che il linguaggio, le visioni, il metodo, le proposte “tanto ambiziose quanto serie” che emergono dall’effervescenza culturale, sociale e politica che è sottotraccia penetrino nel sistema. Come?

Mentirei se dessi una ricetta. Ma so due cose. Che intanto, in ogni angolo del paese, è decisivo continuare a mettercela tutta, a sperimentare e rendere più robusti quel metodo e quelle proposte, esprimendo nuova classe dirigente. E intanto va raccolta ogni opportunità per portare le nostre idee a livello di sistema. Ogni opportunità.

È con questo spirito che noi del ForumDD, in alleanza con altre reti, abbiamo portato dentro le Agorà democratiche del Pd cinque proposte, che aggrediscono con forza e rigore altrettanti “ostacoli al pieno sviluppo della persona umana” (Cost. art.3).

 Abbiamo valutato e ci è piaciuto il disegno delle Agorà, pur critici come siamo (spesso molto critici) dell’azione di quel partito, perché le regole del gioco sono quelle di un confronto informato, acceso, ragionevole e aperto. E allora, abbiamo illustrato le proposte, le abbiamo discusse con cento-duecento persone ogni volta, di ogni età e opinione. E poi le abbiamo sottoposte al voto, previsto dalle Agorà.

Fra oltre 900 proposte, le nostre cinque sono le più votate, con un consenso che approssima il numero dei partecipanti. Non esauriscono certo i fronti di trasformazione urgente del paese, ma ne coprono una parte importante e spaziano dal locale al globale.

Ecco i titoli, in ordine di sostegno raccolto: eredità universale tassando i vantaggi di pochi; istituire imprese pubbliche europee ad alta intensità di conoscenza su salute, transizione ecologica e digitale che liberino l’innovazione dal blocco dei monopoli; riformare l’accordo internazionale TRIPs per una conoscenza che sia bene globale; patti educativi di comunità come politica ordinaria di contrasto alla povertà educativa; i consigli del lavoro e della cittadinanza nell’impresa per democratizzare l’economia e dare voce al lavoro e all’ambiente.

Su queste e su altre proposte “ambiziose quanto serie” che molte reti sociali e il ForumDD hanno “estratto” dalla ricerca e dalle sperimentazioni del paese – sui servizi per gli anziani non autosufficienti, la condivisione e gestione collettiva dei dati, la casa, le aree interne, etc. – attendiamo il confronto nei prossimi decisivi mesi che ci condurranno al voto, nel Pd e nell’intero arco delle forze emancipatrici. Per sapere così su cosa si batteranno in Parlamento i candidati che saremo chiamati a votare.

Se si pensa di fermare la svolta autoritaria solo evocandone i rischi, si commette un gravissimo errore. Solo proposte radicali e credibili di giustizia sociale e ambientale possono fermare la slavina dell’astensionismo, anticamera dell’autoritarismo.

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