Alla ricerca del centro, qualunque centro, purché sia: l’impazzimento mediatico del gossip politico è alle stelle. Ogni mese si annuncia la nascita dell’oggetto misterioso centrista. Le ipotesi immaginifiche sono molteplici: prima c’era Carlo Calenda con Azione che venivano interpretati come un possibile centro liberale, anche grazie ad alcuni tentativi locali (l’ultimo e più significativo sarebbe stato la Lombardia con Letizia Moratti ma poi si è ripiegato su Carlo Cottarelli in accordo con il Partito democratico). L’unione con Più Europa ha spento un po’ gli entusiasmi liberalcentristi (i radicali sono piuttosto bipolaristi) ma non l’ambizione di un terzo polo.

Poi è stata la volta di Italia Viva che avrebbe portato sulle fonti battesimali il nuovo centro nazionale, magari assieme a Forza Italia o a parte di essa. In seguito si è passati al progetto di Italia C’è, non si sa bene se con leader l’ignaro Beppe Sala (al quale si sono attribuiti plurimi disegni politici senza mai andare a verificare dall’interessato ) o qualcun altro.

Sul medesimo registro ogni tanto rispuntano altri nomi come quello di Bruno Tabacci che appena qualche mese fa voleva fare il “partito di Conte” e ora si propone per quello di Mario Draghi. Ogni tanto risputa la questione “verde” o per meglio dire “bianco verde” (ipotesi attribuita a élite milanesi) o dei blu green (tentativo abortito in parlamento).

Poi c’è Giovanni Toti e (c’era) Luigi Brugnaro… Immancabilmente in tutte queste varianti appare il nome di Mara Carfagna che – a seguire i commentatori – avrebbe il dono della ubiquità. In ultimo si parla oggi del progetto di Luigi Di Maio al quale da tempo vengono attribuite tentazioni centriste: uscire dal Movimento 5 stelle per fare un nuovo centro assieme qualcuno degli appena citati.

A seconda dei gusti si possono mixare uno o più delle operazioni suddette. La cosa più assurda è che tali rumors si basano su chiacchiere (romane o milanesi) mai davvero verificate con i protagonisti.

Ancora più assurdo il fatto che i cronisti, prigionieri in buona fede dell’ingranaggio dei boatos, spesso non danno peso alle affermazioni dei diretti interessati che regolarmente smentiscono il presunto imminente accadimento. Passano le settimane e i gossip evaporano per riformarsi in una nuova versione, a seconda della meteo politica del momento.

Sullo scenario dei partiti ciò vale un po’ per tutto o quasi, ma specialmente per il fantomatico centro, una sorta di Godot che tutti attendono ma che non arriva mai.

Il guaio è che ci si scorda di analizzare lo scenario che stiamo vivendo: una polarizzazione talmente forte da scardinare qualunque quadro politico, anche quelli più stabili del nostro (vedi la vicenda francese).

Lo spirito del tempo è favorevole alla protesta, al frazionamento e allo schieramento antagonista, come si nota dalle crisi politiche europee (nessuna esclusa) ma certamente non a centrismi costruiti a tavolino.

Purtroppo non è ancora giunto il tempo favorevole a un centro spinto dal consenso popolare, basato su una politica di dialogo e di costruzione di una visione comune. Molti dei presunti centristi di cui si parla tacciano di opportunismo ogni tentativo di ricucitura del quadro, dimostrando di mancare della qualità necessaria (anche se insufficiente) per fare il centro: lo spirito del compromesso.

Non basta essere capaci di costruire coalizioni per diventare centristi: è necessario un senso non proprietario e non opportunista della politica. Il centro è una questione di “noi” e non di tanti “io” urlanti. Verrà quel momento ma ora, soprattutto non tra le grida o i pettegolezzi. 

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