Mentre proseguono le azioni legali contro i giornalisti, l’Italia non ha ancora avviato l’iter di recepimento della direttiva europea contro le querele intimidatorie, che fornisce loro uno scudo preventivo contro cause pretestuose
Dopo l’attentato a Sigfrido Ranucci, da più parti è stato chiesto di ritirare le azioni legali nei suoi confronti. Ma il conduttore di Report ha detto chiaramente che non vuole «vincere per assenza di giocatori», bensì «sul campo»; e che chi denuncia sapendo di mentire «poi paghi, e paghi salato». C’è uno strumento che - entro alcuni limiti - può fornire uno scudo preventivo e rimedi efficaci a giornalisti colpiti da azioni intimidatorie: la direttiva europea anti-Slapp (2024/1069). Ma l’iter per il suo recepimento in Italia non è ancora stato avviato.
Le SLAPP
Le Slapp (Strategic Lawsuits Against Public Participation) sono, in buona sostanza, cause civili intentate strumentalmente per intimorire o dissuadere chi partecipa al dibattito su temi d’interesse pubblico - in primis i giornalisti - logorandoli con tempi e costi del contenzioso. Basti pensare che Ranucci ha parlato di oltre 200 azioni giudiziarie contro Report.
La direttiva – in vigore dal 6 maggio 2024 e da recepire entro il 7 maggio 2026 – impone agli stati membri di introdurre, tra l’altro: un filtro rapido per rigettare le domande manifestamente infondate (su istanza del convenuto, con onere sul ricorrente di dimostrare che l’azione non sia priva di basi); la possibilità per il giudice di imporre al ricorrente una cauzione (security for costs) a copertura delle spese della difesa; la condanna a spese integrali e sanzioni in caso di abuso; la possibilità per associazioni, organizzazioni e sindacati di sostenere il convenuto nel procedimento; uno scudo contro il riconoscimento di decisioni di paesi terzi quando abusive o manifestamente infondate.
La direttiva riguarda solo i procedimenti civili e commerciali con elementi transfrontalieri, ma la Commissione europea ha raccomandato di replicare analoghe garanzie anche nelle cause civili interne, nonché di rivedere le disposizioni penali nazionali in tema di diffamazione (Raccomandazione 2022/758).
La direttiva segna un cambio di paradigma rispetto alla disciplina italiana attuale: dalla logica risarcitoria a posteriori si passerebbe a strumenti deflattivi e dissuasivi a priori. Chi porta in tribunale un giornalista dovrebbe dimostrare subito di avere argomenti seri, e ciò comprimerebbe i tempi di cause evidentemente pretestuose. Il messaggio è che la giustizia non può essere usata come una clava, e a costo zero.
A che punto è l’Italia
A circa sei mesi dal termine fissato per la trasposizione delle norme della direttiva nell’ordinamento nazionale, tutto tace. L’Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa hanno chiesto pubblicamente «che il parlamento e il governo si assumano la responsabilità di recepire l’anti-Slapp, adottando uno standard di protezione elevato».
Se non fossero attuate anche le raccomandazioni della Commissione, infatti, il provvedimento resterebbe un paracadute che si apre solo nei casi transfrontalieri, lasciando scoperta la gran parte del contenzioso che investe le redazioni.
Intanto, gli strumenti italiani restano quelli ordinari: regola delle spese di soccombenza e, nei casi più gravi, responsabilità aggravata per lite temeraria (art. 96 c.p.c.). Strumenti utili, ma tardivi: agiscono dopo anni di cause, quando il danno alla libertà di informazione - tempo perso, risorse drenate, autocensura - è già stato prodotto.
La posta in gioco
Siccome diverse azioni legali sono intentate da politici, anche esponenti della maggioranza, nei riguardi di giornalisti, il rinvio del recepimento della direttiva, e dell’ampliamento delle tutele per i casi interni e l’ambito penale, sembra evocare un possibile conflitto d’interessi istituzionale: chi più usa lo strumento è pure chi ritarda l’introduzione di norme pensate per scoraggiarne l’abuso.
Il punto non è sottrarre la stampa al controllo di legalità – nessuna immunità per i giornalisti, chi diffama deve risponderne – ma definire regole chiare che dissuadano dall’utilizzo strumentale del processo per intimidire, con l’effetto di congelare le inchieste scomode. La posta in gioco è la qualità della democrazia, di cui la libertà di stampa – come diritto dei giornalisti di informare e dei cittadini a essere informati – è un pilastro essenziale.
Dunque, serve il recepimento della direttiva anti-Slapp con l’estensione delle garanzie alle cause civili interne e con una revisione dei profili penali, affinché chi abusa del sistema giudiziario paghi davvero, «e paghi salato», come ha detto Ranucci. La politica avrà il coraggio e la responsabilità per farlo?
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