Il caso del rigassificatore di Piombino è di scuola su tanti aspetti. Se la valutazione dei possibili impatti su ambiente e salute è stata debole (una vera Via non è stata fatta e tutto l’iter è oggetto di ricorso al Tar) il tema dell’equità ambientale non è stato neanche sfiorato, eppure non si tratta di una divagazione “solo” giuridica o politica.

La giustizia ambientale

La giustizia ambientale (in inglese Environmental Justice) è un concetto nato negli Stati Uniti nei primi anni ’80, stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e assunto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente.

Fatta propria dai movimenti sociali e politici impegnati a favore della distribuzione equa degli oneri e dei benefici ambientali, è diventata anche un’area multidisciplinare delle scienze sociali e dell'ecologia politica.

Pure essendo chiaro che azioni con effetti sulla sfera pubblica possano generare diseguaglianze, la problematica non viene considerata prioritaria nelle decisioni che riguardano l’ambiente e la salute delle persone e delle comunità.

Per dirla in sintesi, non c’è giustizia ambientale quando i rischi e i benefici non sono distribuiti equamente nella popolazione, quando non c’è equo accesso alle risorse naturali, agli investimenti per l’ambiente e alle informazioni, quando non è garantita la partecipazione a chi è soggetto alle conseguenze delle decisioni.

Nella transizione ecologica questo concetto sembra ineludibile, poiché tutte le decisioni da prendere, su quale energia e su come produrla, sull’accesso e gestione dell’acqua, su come gestire i rifiuti, ecc, sono dense di conseguenze, anche in termini di giustizia ambientale.  

Anche nel caso di Piombino non c’è stata attenzione al tema della giustizia ambientale, né al disallineamento tra diritti delle comunità locali e esigenze nazionali definite “strategiche”.

A tappe forzate è andato avanti l’iter per un rigassificatore da rendere operativo dal marzo 2023, si scriveva pochi mesi fa, obiettivo poi slittato a aprile, adesso si parla di maggio e con tutta probabilità anche più avanti e comunque ben oltre l’inverno. L’urgenza per coprire l’inverno, ormai sfumata, è costata fretta nelle valutazioni e autorizzazioni e il salto di passaggi importanti come la comunicazione e il coinvolgimento pubblico.

Piombino è da 16 anni un sito da bonificare ma non bonificato e soffre da decenni di pressioni ambientali e di conseguenti anomalie di salute.

Come in tante altre aree inquinate nel nostro paese, anche a Piombino i rischi ambientali e sanitari, oltre ad essere in eccesso rispetto ad aree esterne, non sono equamente distribuiti sul territorio, ed è assente una mappa dettagliata dei soggetti più vulnerabili, più suscettibili e più fragili.

Conoscere le aree

Questi limiti conoscitivi non sono trascurabili, perché conoscere in dettaglio quali sono le aree e le comunità più impattate è fondamentale per valutare gli impatti e per attuare misure di prevenzione, di mitigazione e anche di compensazione, in grado di ridurre le diseguaglianze ambientali, sanitarie, economiche, che potrebbero aumentare adottando un approccio utilitaristico, cioè “spalmando” rischi e benefici senza tenere conto delle differenze già esistenti.

Non è un caso che sia il Comune che l’Istituto Superiore di Sanità abbiano chiesto di realizzare al più presto studi in grado di stabilire quali sono i gruppi più esposti e impattati nelle varie sub-aree dell’area di Piombino.

Inoltre, non dovrebbero essere trascurate le sottolineature che trattandosi di un sito di bonifica, l’area non dovrebbe essere considerata come se fosse una qualsiasi, non considerando cioè le anomalie ambientali e sanitarie già esistenti ante-operam, bene testimoniate dai non certo tranquillizzanti rischi tossicologici ed epidemiologici deducibili da tanti studi disponibili e dalle analisi dello stesso proponente.

Decidere interventi, specie in aree inquinate è un’attività ultra delicata e affollata di responsabilità perché distribuendo rischi e benefici secondo un principio di uguaglianza si possono accentuare le disequità e creare più ingiustizia ambientale di quanta già sia presente, e quindi, meglio pensarci prima.

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