Russia e Turchia tentano di salvarsi a vicenda dal punto di vista economico. Pagare il gas russo in rubli –almeno parzialmente – permette ad Ankara di ridurre la sua domanda di valuta estera mentre il grande afflusso di turisti russi, sconsigliati di recarsi altrove, ha salvato la stagione estiva turca. Allo stesso tempo la non applicazione delle sanzioni da parte turca lascia aperto per Mosca un importantissimo hub commerciale e finanziario verso il mercato globale.

La Turchia sta diventando un porto sicuro per i capitali russi colpiti dalle sanzioni. Ma questi ultimi rappresentano anche una boccata d’ossigeno per il paese alle prese con forti turbolenze economiche. Mosca permette ai turchi di pagare in rubli una parte delle sue importazioni di gas dalla Russia e favorisce l’espansione del suo sistema di pagamento (Mir), il che ha facilitato l’arrivo dei turisti dalla Russia, i cui conti sono esclusi dal sistema internazionale Swift.

In tal modo le due economie trovano il modo di integrarsi progressivamente con reciproco beneficio: per Ankara si tratta di una aiuto cruciale in termini finanziari; per i russi il sistema economico turco diviene una via di uscita verso il resto del mercato finanziario. Quando l’Europa e gli Usa hanno deciso le prime sanzioni dopo l’annessione della Crimea, le imprese russe usavano il Montenegro come passaggio del loro import-export; ma ora poter utilizzare un gigante economico come la Turchia è molto più vantaggioso.

Numerose aziende russe stanno importando merci dall'Europa attraverso partner turchi, il quali ovviamente ci trovano il loro profitto. Gli importatori russi utilizzano la Turchia come base per le operazioni nei paesi occidentali, provocando di riflesso l’aumento del volume del commercio estero turco. Trasportano merci in Turchia usando valute estere e poi le riesportano verso la Russia tramite le loro società (o società di comodo di diritto turco) usando i rubli.

La sponda turca

Occorre ricordare che uno dei punti di forza dell’economia turca è il suo settore privato molto agguerrito e performante. Non si tratta di piccolo commercio: ad esempio è in atto una joint-venture russo-turca da cinque miliardi di dollari per la costruzione di una centrale nucleare con tecnologia russa nel sud della Turchia. Un’operazione di tale portata serve anche da schermo a vari passaggi di denaro. Secondo dati del ministero delle finanze di Ankara riportati da al Monitor, ad aprile di quest’anno già il 15 per cento delle imprese turche era in grado di utilizzare il sistema di pagamenti russo Mir.

Il presidente Erdogan avrebbe preferito che all’utilizzo del rublo corrispondesse un paritario trattamento per la lira turca – in forte deprezzamento – ma Vladimir Putin a Sochi non ha ceduto su questo punto. In ogni caso un forte movimento di denaro russo sta investendo le banche turche che diventano una specie di “parcheggio” in valuta, come prima era il caso di Cipro.

Lo schema è abbastanza semplice anche se rischioso: si tratta di trasferire fondi in rubli in Turchia, per poi trasformarli in titoli di stato turchi emessi in dollari o euro, da utilizzare in un secondo tempo come copertura a garanzia di ulteriori investimenti. L’attuale tenuta del rublo che si è rafforzato malgrado le sanzioni, non è estranea a tale politica.

Secondo numerosi esperti la Turchia sta diventando una base per gli uomini d'affari russi come anche è un luogo di rifugio per i russi che non condividono le scelte del loro governo e in particolare quella della guerra. La preoccupazione russa è che tale situazione favorevole possa cambiare nel caso di sconfitta elettorale di Erdogan nel 2023. Per questo la leadership russa sta facendo tutto il possibile per favorire l’attuale maggioranza di governo. 

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