Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara incontra l’omologo egiziano Mohamed Abdel Latif, per confrontarsi sulle rispettive riforme. Che sembrano avere molti punti in comune
Oggi, 25 novembre, il ministro Giuseppe Valditara è in Egitto per incontrare il governo egiziano e soprattutto il suo omologo, Mohamed Abdel Latif. Ovviamente l’argomento del delitto Regeni (studente universitario) manco si sfiora, e piuttosto si confrontano le riforme dell’uno e dell’altro paese. Da noi abbiamo la riforma del 4+2 e quella della maturità; in Egitto Mohamed Abdel Latif, ministro dell'istruzione dal 2024, sta trasformando la “Thanaweya Amma” (la maturità egiziana tradizionale) in un nuovo esame, il “baccalaureato”, che dovrebbe essere più semplice ma allo stesso tempo più serio e più qualificante.
Chi ci ricorda?
Latif è un politico che viene dal mondo dell’istruzione privata e che sta provando a implementare una serie di novità che ha studiato nei sistemi scolastici in tutto il mondo. La sua retorica è tanto un’esaltazione del nuovo quanto del nazionalismo; i suoi annunci sono rivolti al mondo della scuola, sia ai docenti che agli studenti che alle famiglie, e promettono di superare le disuguaglianze educative che sono una piaga per l’Egitto.
Chi ci ricorda?
Secondo il nuovo sistema delle superiori egiziano, al secondo anno gli studenti scelgono fra quattro percorsi principali: medicina / scienze della vita, ingegneria e informatica, business, letteratura e arti. Poi ci sono quattro materie comuni a tutti gli indirizzi: arabo, prima lingua straniera, storia egiziana ed educazione religiosa.
Il punto centrale nella trasformazione dell’esame di maturità è l’eliminazione di un certo numero di materie e il concentrarsi su quelle materie che sono più utili a entrare nel mondo del lavoro.
Chi ci ricorda?
Quella che viene spacciata per una riforma che dovrebbe garantire più equità sembra nei fatti un regalo al sistema delle ripetizioni private che in Egitto è molto florido. Mohamed Abdel Latif ha lavorato tantissimo nelle istituzioni private dell’educazione e quella che viene presentata come una grande riforma pubblica cela un sistema per élite con ambizioni globali a scapito della maggioranza della popolazione locale.
Chi ci ricorda?
Tutte le politiche scolastiche egiziane degli ultimi anni sono state profondamente influenzate dall’agenda globale sull’apprendimento, promossa da istituzioni internazionali come la Banca Mondiale, che spingono verso standardizzazione, valutazioni per competenze e digitalizzazione. Queste riforme sono pensate come risposte a una presunta “crisi globale dell’apprendimento”, ma finiscono per essere applicate come pacchetti tecnici, poco attenti ai contesti politici e sociali in cui vengono implementati.
Chi ci ricorda?
Introduzione di tablet e risorse digitali, nuovi curricoli basati su competenze, centralità delle prove standardizzate. Tuttavia queste riforme – fatte in nome di slogan modernizzanti – si scontrano con una realtà strutturale segnata da sottofinanziamento cronico, classi sovraffollate, scarso sostegno agli insegnanti, e un sistema educativo fortemente dipendente dalle lezioni private.
Chi ci ricorda?
Le scuole più ricche e urbanizzate possono beneficiare delle innovazioni tecnologiche, mentre quelle rurali o pubbliche ordinarie non hanno infrastrutture per sostenerle. Questo crea un sistema a doppia velocità, in cui solo una parte degli studenti usufruisce davvero delle promesse della riforma. L’insistenza sulla digitalizzazione, in particolare, appare come un esempio di soluzione tecnologica importata che non considera la reale capacità dello Stato di garantire dispositivi funzionanti, reti stabili e formazione dei docenti.
Chi ci ricorda?
Un altro punto chiave riguarda la figura dell’insegnante. Nonostante gli alti proclami, il rischio della riforma di Mohamed Abdel Latif è di essere in assoluta continuità con il sistema precedente, la riforma Education 2.0 promossa da Tarek Shawki, ministro dell’istruzione dal 2017 al 2022, soprattutto nel marginalizzare la professionalità docente, riducendo gli insegnanti a meri esecutori di manuali e piattaforme digitali. In un contesto in cui gli stipendi sono bassi e molti docenti dipendono economicamente dal mercato parallelo delle ripetizioni private, le riforme calate dall’alto e dall’altrove possono compromettere ulteriormente la loro motivazione e autonomia. Il risultato è un sistema che parla di qualità ma continua a ignorare il nodo centrale del lavoro degli insegnanti.
Chi continua a ricordarci?
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