Un mese fa, in Francia, è uscito un libro dal titolo: Souveraineté et Solidarité, un Défi Européen (Sovranità e solidarietà, una sfida europea), edito da EuroDéfense. Gli autori sono una trentina di economisti, scienziati, sociologi, politici, diplomatici che hanno occupato posizioni di rilievo nelle istituzioni europee.

La prefazione è di Emmanuel Macron che oggi vede «la necessità di prendere in mano il destino dell’Europa e costruire una sovranità europea, basata sulla solidarietà, per progredire insieme». I temi richiamati da Macron sono quelli della sicurezza, della difesa, la tecnologia con i settori industriali chiave, e infine una diplomazia comune. La prefazione di Macron è stata scritta sei mesi fa, quando si stava già costruendo il Trattato con l’Italia firmato a Roma il 26 novembre.

La sovranità

Gli argomenti sono gli stessi che troviamo nel Trattato ed è sorprendente leggere un forte accento sulla sovranità dell’Unione Europea da parte della Francia che nel 2005 bocciò con un referendum il progetto di Costituzione europea.

Leggendo le premesse del Trattato, pare quasi che Macron, dimenticando per un attimo la sua ambizione a essere rieletto l’anno prossimo, con questo Trattato voglia creare un nuovo patto fondativo dell’Europa, come fu quello che fondò la Comunità Economica Europea nel 1957, e magari arrivare alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa, entrando così anche lui nella storia.

La parte diplomatica del Trattato riguarda soprattutto la politica comune per la pace e la sicurezza, la salute, il Mediterraneo e l’Africa, il multilateralismo. Una forte collaborazione è prevista in materia di difesa e sicurezza che resta a livello bilaterale tra Italia e Francia. Infatti non si parla della costituzione di una forza armata europea, tema spesso evocato negli ultimi anni da Francia e Germania.

È certamente positiva la prevista cooperazione in materia di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, compresi gli aspetti di giustizia penale, mentre per quanto riguarda il problema dei migranti la collaborazione tra Italia e Francia risulterà efficace solo se riuscirà ad avere una voce forte verso gli altri paesi membri dell’UE.

Per l’economia si pone l’accento sui progetti relativi alla transizione energetica e digitale, all’intelligenza artificiale, alla connettività, alle nuove tecnologie, comprese quelle legate alla fisica quantistica. Importante è anche la collaborazione contro l’evasione e l’elusione fiscale, seppure indicata in termini troppo generali. Si parla delle Pmi, ma poco di politica per le grandi imprese a capitale franco-italiano - oggetto di scontro in passato per la cooperazione tra Fincantieri e STX - come Telecom-Vivendi e Fca-Peugeot, soprattutto per evitare intervento inopportuni da parte di uno dei due stati.

Il Trattato prevede azioni comuni e condivise sugli aspetti sociali del lavoro, la lotta alla povertà e l’esclusione sociale, i diritti civili, la biodiversità, il clima, alla realizzazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile.

Nulla di nuovo. La collaborazione tra Italia e Francia esiste da molto tempo. Il colosso francese Thales possiede il 67 per cento di Thales Alenia Space con sede a Roma, Leonardo il 33 per cento. Le posizioni sono invertite per Telespazio che ha sede pure a Roma. Andrebbe potenziato l’accordo tra Ariane e Vega per i lanciatori perché l’Europa dipende ancora troppo dai lanciatori russi o americani, mentre si stanno sviluppando anche quelli cinesi e indiani.

Forse Italia e Francia potrebbero favorire, attraverso l’Agenzia Spaziale Europea, missioni importanti sui corpi celesti, come stanno facendo Cina, Russia e Stati Uniti, basate su un’autonomia strategica europea perché l’economia dello spazio avrà un grande sviluppo anche grazie all’entrata dei privati in questo settore. Per ora non si vedono dei Bezos europei.

Per istruzione e ricerca la collaborazione non si presenta facile perché si parte da due sistemi scolastici abbastanza diversi. Il sistema francese fino all’università è basato sulla meritocrazia. In una classe di liceo francese ogni studente conosce benissimo la sua posizione nella classifica dei migliori e gli stessi giudizi degli insegnanti fanno cenno a questo. Alla fine della scuola media, solo chi ha raggiunto un certo livello viene ammesso al liceo delle migliori scuole nelle quali, poi, si potrà ricevere la preparazione per l’ammissione alle grandes écoles, cioè istruzione superiore. La collaborazione è più facile a livello universitario, dottorato e post-doc.

Sarà più facile la collaborazione in campo culturale dove esistono maggiori affinità tra i due paesi. Si spera che quanto verrà sviluppato in questo campo sia indirizzato soprattutto ai giovani, incentivandoli anche a partecipare ad attività culturali per le quali l’Italia ha un indice molto più basso della Francia.

In un’Europa da tempo senza frontiere non ci dovrebbero più essere problemi transfrontalieri, eppure dal testo dell’accordo appare che c’è ancora molto da fare.

La realizzazione dei progetti di questo Trattato è affidata soprattutto alla pubblica amministrazione dei due paesi. Esse dovranno collaborare nelle forme previste dal Trattato.  Ma anche qui dobbiamo subito evidenziare una differenza: è noto che la pubblica amministrazione francese è molto efficiente perché formata da dirigenti preparatissimi usciti dalle grandes écoles, come l’École Polytechnique, specializzati poi nella École National d’Administration. Dirigenti che passano indifferentemente dal pubblico al privato e viceversa.

Comunque, malgrado le difficoltà di realizzarlo, questo Trattato potrebbe rappresentare un passo decisivo verso un’Unione Europea più forte nel mondo globalizzato e, forse, la strada per trasformare l’Unione Europea in uno stato di diritto.

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