L’attentato che ha colpito Istiklal Caddesi (viale dell’Indipendenza), a Istanbul, lo scorso 13 novembre, causando 6 morti e 81 feriti, è l’ennesimo attacco di un terrorismo stragista che colpisce i civili per danneggiare i governi.

Una strategia non nuova per il Pkk, da cui la siriana Ahlam Albashir, responsabile materiale dell’attentato rea confessa, ha dichiarato di essere stata addestrata. La Albashir avrebbe agito come parte di un reparto speciale dello Ypg, la milizia curda stanziata nell’area siriana di Kobane sostenuta dagli Stati Uniti nel conflitto contro l’Isis e spina nel fianco della Turchia, che sente la presenza di aree curde autonome al confine (Afrin/Kobane in Siria, Erbil/Musul in Iraq) come una minaccia alla propria integrità territoriale, pilastro della Repubblica costituzionalmente protetto sin dalla conquista di quell’indipendenza che proprio ad Istiklal Caddesi si commemora.

I video che collocano la donna sul luogo dell’attentato, circolati già pochi minuti dopo lo scoppio della borsa-bomba nonostante le autorità abbiano bloccato i social media per evitare la circolazione di fake news, non lasciano dubbi circa il suo ruolo; più complessa è l’identificazione dei mandanti.

La smentita di ogni coinvolgimento da parte del Pkk, la rapidità delle indagini e le lampanti prove di colpevolezza ritrovate nel covo della Albashir hanno spinto alcuni osservatori ad ipotizzare connivenze governative.

Restando ai fatti, l’attentato ha avuto un altissimo impatto psicologico sulla popolazione turca, che si è sentita nuovamente precipitata in quel vortice di violenza che ha lungamente caratterizzato la storia del paese, da ultimo tra il 2015 e il 2016 quando prima il terrorismo curdo e poi quello dell’Isis hanno mietuto centinaia di vittime.

Si trattava allora, come si tratta oggi, di un periodo di grande tensione interna e di esposizione del paese a livello internazionale.

Senza più Erdoğan?

Sul fronte interno,  l’attentato di Istiklal Caddesi giunge a pochi mesi (giugno 2023) da elezioni che potrebbero consolidare definitivamente la visione del presidente Recep Tayyp Erdoğan per una Nuova Turchia, nazionalista e pia, antitetica alla Turchia repubblicana di Atatürk, nazionalista e laica, di cui nel 2023 si festeggia il centenario.

Una tornata elettorale di portata storica, dunque, a cui il partito del presidente (l’AKP) e il suo alleato (il MHP) si avvicinano senza la certezza di una ennesima vittoria, dovendo confrontarsi con la composita ma compatta coalizione avversaria, il c.d. tavolo dei sei, che i sondaggi ritengono capace di battere Erdoğan, seppur di misura.

Il malcontento popolare verso le politiche restrittive delle libertà e le difficoltà nella gestione della crisi finanziaria ed economica che sta colpendo il paese, principali motivazioni per cui la popolazione starebbe valutando una alternanza al potere, potrebbero essere messe in secondo piano dalla ricerca di stabilità e sicurezza.

Iin momenti di alta tensione le linee di frattura fra i differenti segmenti della società turca si ricompattano e le posizioni delle forze politiche si avvicinano nel clima di solidarietà nazionale contro il nemico esterno, che le numerose bandiere esposte sul luogo dell’attentato visivamente simboleggiano.

In passato, questo scenario ha premiato la coalizione di governo piuttosto che la sua potenziale alternativa.

A quest’ultima appartiene, peraltro, l’attuale sindaco della Grande Municipalità di Istanbul, Ekrem Imamoğlu, la cui elezione nel 2019 ha marcato una chiara sconfitta per l’AKP/MHP al punto da porlo nella lista dei possibili candidati anti-Erdoğan, e contro cui oggi si levano le prime critiche per la gestione della sicurezza in una delle strade più affollate di turchi e di turisti, giacché è durante il suo mandato che sono state ripristinate le fioriere con panchina sotto cui la borsa-bomba è stata collocata.

Il precedente

I rischi per la sicurezza derivanti dal terrorismo erano stati utilizzati all’indomani del fallito golpe del 2016 e nella vigenza dello stato di emergenza che da quest’ultimo era derivato per giustificare il gerry-mandering dei seggi elettorali nelle aree a maggioranza curda dell’Anatolia sud-orientale che avrebbe contribuito ad assegnare la vittoria all’AKP nel referendum costituzionale del 2017 con cui si è introdotto il presidenzialismo.

L’attentato di Istiklal Caddesi proietta dunque una lunghissima ombra sul futuro della Turchia e sul prossimo momento elettorale, sia che la popolazione veda in esso una vanificazione degli sforzi internazionali con cui Erdoğan ha cercato di riguadagnare consenso interno, sia che confermi agli occhi dei turchi che solo l’Akp è in grado di garantire stabilità e sicurezza.

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