Rappresentante di una diversità europea, ma sempre fortemente erotica, Bardot è il simbolo del boom economico francese, una modernizzazione che passa anche attraverso la mutazione dei costumi sociali e che porta la donna a un nuovo ruolo pubblico
Da mesi Brigitte Bardot lottava per la sua salute entrando e uscendo dagli ospedali, addirittura era stata già annunciata la sua morte mesi fa da alcuni giornali francesi. Ora l’atto finale, prima della chiusura di un 2025 sotto molti punti di vista già complicato se non tragico, sia per la situazione internazionale, sia per la Francia stessa piombata nella sua più grande crisi politica ed economica dal sessantotto a oggi. E ora che anche l’ultima sua grande diva, il giorno dopo il ricordo dei cento anni dalla nascita di Michel Piccoli, se ne va, ecco che la crisi diventa anche identitaria.
Un vortice pericoloso dentro al quale entra (evidentemente da protagonista) la figura contraddittoria, anarchica, polemica e seducente di Brigitte Bardot: simbolo di emancipazione e libertà, ma anche politicamente vicina prima al Front National di Jean-Marie Le Pen e negli ultimi anni alla figlia Marine e al suo Rassemblement national.
Forse sarà per i francesi una possibile occasione di riflessione e magarti di riconciliazione di sentimenti ora così distanti che dividono il paese, o forse sarà la scintilla che mancava utile a scatenare un tempo nuovo e dagli esiti imprevedibili, ma di certo ad oggi non molto rassicuranti.
Gli inizi
L’esordio di Brigitte Bardot è subito fulminante, in una commedia leggera, Le Trou normand (il titolo prende spunto da un tipico aperitivo a base di calvados) di Jean Boyer. Siamo nel 1952, Brigitte Bardot - una doppia B che non avrà bisogno di nomi d’arte - ha diciotto anni e sta per terremotare il mondo del cinema e dello spettacolo con un’esuberanza che la renderanno mitica fin da subito.
Parigina, figlia dell’alta borghesia, studi al conservatorio, Bardot viene notata inizialmente da Marc Allégret che dopo averla vista in alcune foto di moda le propone un film che poi non si farà mai, ma che sarà la scusa e l’occasione per lei di conoscere l’allora assistente di Allegret, un tale Roger Vadim: ed è subito amore.
La relazione con Vadim è fortemente contrastata dai genitori di lei, ma per Bardot si tratta finalmente dell’occasione che aspettava per uscire dalla casa paterna e dalle sue regole oppressive e asfissianti. I due giovani si sposano subito e nel nel 1956 Vadim gira Et Dieu... créa la femme, sua moglie è l’assoluta protagonista del film.
Ma sul set Bardot incontra anche Jean-Louis Trintignant con cui intreccia una tormentata storia d’amore. Lui è agli esordi e ancora relativamente sconosciuto e inoltre è estremamente riservato, Lei invece è ormai la star più celebrata e importante di Francia.
Entrambi si trovano così subito sotto i riflettori, protagonisti di uno scandaloso ménage à trois che occupa per mesi le pagine e le copertine dei rotocalchi illustrati. Brigitte Bardot è la prima diva a sfuggire ad ogni forma di controllo, non solo della famiglia, ma anche delle case produttrici.
Tuttavia il suo personaggio - proprio per la sua imprevedibilità - fa benissimo al cinema e all’editoria, si celebrano record d’incassi nelle sale e le tirature dei giornali schizzano quando lei in copertina. La sua vita tra contraddizioni, conflitti, amori e separazioni è da subito un fatto pubblico, il concetto di privacy è ben lontano da ogni dibattito.
Una forza liberatrice ed emancipatrice la anima nonostante i continui tentativi di un mondo arcaico e maschilista di arginarne l’evidente impatto pubblico. Insieme a Marylin Monroe è l’assoluta protagonista delle scene di quegli anni.
Rappresentante di una diversità europea, ma sempre fortemente erotica, Bardot è il simbolo del boom economico francese, una modernizzazione che passa anche attraverso la mutazione dei costumi sociali e che porta la donna a un nuovo ruolo pubblico. Gira esclusivamente in Francia, salvo che per il peplum di Robert Wise, Elena di Troia sempre del 1956, ma la sua fama è comunque globale.
La consacrazione
I suoi film vengono spesso censurati, come nel caso de La ragazza del peccato del 1958 diretto da Claude Autant-Lara, dove una scena evidentemente troppo esplicita per la cattolicissima Italia viene tagliata di netto. Nel 1963 arriva la sua consacrazione ne Le mépris di Jean-Luc Godard tratto dal romanzo di Alberto Moravia.
Bardot come spesso accade per Godard viene scelta anche per l’immaginario che il suo essere star e diva porta con sé. Al suo fianco uno straordinario Michel Piccoli in un film che descrive al meglio insieme a 8½ di Federico Fellini (sempre del 1963) la crisi della modernità e le nevrosi dell’intellettuale di fronte alle contraddizioni del proprio tempo.
Da un lato i colori - il rosso in particolare - dell’estate romana e caprese del film di Godard che mette in evidenza la luminosità anarchica di Emilia (Brigitte Bardot) e al tempo stesso il tedio sudaticcio di Paolo (Michel Piccoli) in crisi e noia perenne. Dall’altra parte il densissimo bianco e nero felliniano con una stupenda Claudia - interpretata da Claudia Cardinale (C.C. in opposizione a B.B.) per la prima volta non doppiata - e Guido Anselmi (Marcello Mastroianni) in dubbio perenne di se stesso.
I due film consacrano Bardot e Cardinale all’apice della loro carriera tanto che nel 1971 si ritroveranno insieme in un bizzarro western dal titolo Le pistolere diretto da Christian-Jaque. Il film non manterrà alcuna promessa di brillantezza e di divertimento e segnerà di lì a poco la fine della carriera cinematografica di Bardot che avverrà due anni dopo con il film in costume L'histoire très bonne et très joyeuse de Colinot Trousse-Chemise di Nina Companez.
Proprio durante le riprese di quel film Bardot racconta di aver salvato una capretta destinata a diventare il fine settimana successivo il piatto principale di una comunione. Salvare quella capretta ha significato per lei poter immaginare una nuova vita, lontano dal cinema e dedicata a difesa del mondo animale.
Il vero addio al cinema in realtà lei lo aveva già dato pochi mesi prima con Don Juan ou Si Don Juan était une femme… girato dal suo ex marito e mentore Roger Vadim, una chiusura del cerchio che segna anche la conclusione sostanziale della sua vita pubblica.
L’uscita di scena
Quello che verrà dopo sarà il tentativo di reggere il colpo in un mondo e in un’esistenza, la sua, ridotta a misure minime per quelle che erano evidentemente i suoi orizzonti precedenti. Bardot vive la sua uscita dalle scene con un rifiuto dell’umanità, maschile in testa, in favore invece di una radicale difesa del mondo animale.
Non poche le sue cadute di stile, costellate da giudizi omofobi e razzisti e da una rivendicazione delle politiche di estrema destra, anche con il sostegno esplicito al Front National. Quasi un sostanziale rifiuto del proprio passato e di un mondo a cui non sente più di dover appartenere, un po’ come capiterà allo stesso Alain Delon.
Due destini paralleli che si ritroveranno infine legati da una tenera amicizia di cui resta una bellissima lettera d’addio di Bardot a Delon: «Alain, morendo, mette fine al magnifico capitolo di un'epoca passata». Frase che si attaglia perfettamente ora anche a lei e forse all’intera Francia.
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