È spaccata in due la classifica di questa settimana. Da una parte i libri col vento in poppa grazie all’innesco di TikTok: Il fabbricante di lacrime di Erin Doom, Magazzini Salani, saldo in vetta, inseguito da La mascella di Caino tutto da Mondadori. Dall’altro il rumore della guerra.

E va bene che ci affidiamo ad algoritmi e sistemi computazionali per trovare non solo la strada da percorrere e l’indirizzo da raggiungere, ma anche il film o la serie da vedere, quali azioni comprare, quale lavoro accettare, quale libro leggere. Ma stavolta l’algoritmo di TikTok sembra ubriaco e promuove due libri davvero agli antipodi.

Come un melò strappalacrime per adolescenti frignoni e un puzzle romanzesco per nerd iperletterari dove tutto è enigmatico: la soluzione, l’autore, persino il traduttore che, per riuscire nell’impresa, sappiamo essere un collettivo. Perché La mascella di Caino è un enigma letterario pieno di trappole, false piste, indizi devianti, colmo di giochi di parole, citazioni, riferimenti culturali, e altri enigmi dentro l’enigma.

Basti pensare che il titolo stesso deriva da quella che è considerata la prima arma della storia secondo l’Amleto di Shakespeare, e non, come si potrebbe pensare, secondo la Bibbia. Si badi che il libro è del 1934, quando tutto lo scibile non era ricercabile su Google e occorrevano migliaia di libri e ore di studio in biblioteca.

La Russia di Putin

Dall’altra parte: i libri con le parole che ci aiutano a capire gli scenari ridisegnati da una guerra in Europa, tra Kiev, Odessa e Leopoli, che nessuno capisce e che nessuno si aspettava di vedere.

Come le parole postume di Gino Strada, uno che la guerra la conosceva bene: «Bisogna curare le vittime e rivendicare i diritti. Una persona alla volta». Da Kabul a Hiroshima, il racconto di una missione durata tutta la vita. Una persona alla volta. Da Feltrinelli. Al terzo posto.

Al quinto posto, opportunamente ripubblicato da Adelphi La Russia di Putin di Anna Politkovskaja. Con una nuova copertina, una foto dell’artista russo Danila Tkachenko.  Bravissimo. Che lavora con la fotografia documentaria. Le sue fotografie rivelano i segreti nascosti di uno stato come la Russia: razzi per viaggiare nello spazio, sottomarini diesel e aerei a decollo verticale, basi militari per esperimenti nucleari e antenne paraboliche per comunicazioni interplanetarie.

Ecco, vorrei dire ai putiniani d’Italia, a quelli «sì, ma Zelenski e la Nato», ai nostalgici del lettone di Putin o della vecchia Urss, leggete questo libro. Perché non è un saggio scritto da una politologa, è un racconto, è la narrazione del fascismo di Putin. Anticipa con straordinaria lucidità quello che vediamo oggi.

Ah, l’autrice non è morta nel suo letto, come dovreste ricordare. È stata assassinata a Mosca nel 2006. Aveva 48 anni. Vi regalo la prima pagina.

La prima pagina

«Questo libro parla di un argomento che non è molto in voga in occidente: parla di Putin senza toni ammirati. A scanso di equivoci, spiego sùbito perché tale ammirazione (di stampo prettamente occidentale e quanto mai relativa in Russia, dato che è sulla nostra pelle che si sta giocando la partita) faccia qui difetto. Il motivo è semplice: diventato presidente, Putin – figlio del più nefasto tra i servizi segreti del paese – non ha saputo estirpare il tenente colonnello del Kgb che vive in lui, e pertanto insiste nel voler raddrizzare i propri connazionali amanti della libertà».

«E la soffoca, ogni forma di libertà, come ha sempre fatto nel corso della sua precedente professione. Questo libro spiega inoltre come noi, che in Russia ci viviamo, non vogliamo che ciò accada. Non vogliamo più essere schiavi, anche se è quanto più aggrada all’Europa e all’America di oggi. Né vogliamo essere granelli di sabbia, polvere sui calzari altolocati – ma pur sempre calzari di tenente colonnello – di Vladimir Putin».

«Vogliamo essere liberi. Lo pretendiamo. Perché amiamo la libertà tanto quanto voi. Questo libro, però, non è un’analisi della politica di Putin dal 2000 al 2004. Le analisi politiche le fanno i politologi. Io sono un essere umano tra i tanti, un volto nella folla di Mosca, della Cecenia, di San Pietroburgo o di qualunque altra città della Russia. Ragion per cui il mio è un libro di appunti appassionati a margine della vita come la si vive oggi in Russia. Perché per il momento non riesco a fare un passo indietro e a sezionare quanto raccolto, come è bene che sia se si vuole analizzare un fenomeno. Io vivo la vita, e scrivo di ciò che vedo.»

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