Gli studi indicano che la distanza tra le mie sopracciglia, in questa società, è problematica.

Il mio amico Tristoforo Baruffi, che quando parla cita continuamente altre persone, sostiene che sarebbero bastati alcuni millimetri in più e la mia vita sarebbe cambiata in maniera inesorabile e vantaggiosa. Cionondimeno, dice il mio amico Tristoforo Baruffi, la natura percorre strade che l’intelligenza non conosce (sta sicuramente citando qualcuno, ma non so chi), e nessuno sarà mai in grado di aumentare la distanza tra le mie sopracciglia.

Buon Dio, quanto è ingenuo.

Frivolezza

Ammetto che i miei metodi di stima fisiognomica siano un tantino casalinghi, ma ricordate Lombroso ai primi tempi, quando era ancora studente all’università di Pavia; ricordate Benedict Lust, che si servì di una semplice lente d’ingrandimento per esaminare le cellule umane.

Io mi sono servito di un righello Maped da trenta centimetri; d’accordo, non sarà il massimo dell’accuratezza, ma date un righello Maped da trenta centimetri a un uomo dotato d’ingegno e tenacia, e quell’uomo vi misurerà il mondo.

Insomma gli studi sulle mie sopracciglia hanno rivelato che soffro di una spaventosa malattia mentale: la frivolezza.

Il mio sopracciglio gibboso inoltre palesa che non sono capace di armare un qualsiasi fucile, di preoccuparmi per una crisi economica o per una violazione dei diritti umani. Se ciò non bastasse, una ptosi della palpebra inferiore mostrava fin dalla prima infanzia che non avrei mai potuto essere un poeta. Questo e un certo influsso epato-biliare che predispone all’impulsività e alla leggerezza di mente.

I poeti non mi sono mai stati simpatici. Ricordo le rare volte che li ho incrociati, sprofondati su comode sedie con le gambe accavallate, corazzati di un turbamento laconico.

Quanto avrei desiderato sedermi nel dehors di un caffè per scrivere poesie, fumare, mangiarmi le unghie. Invece le unghie sono il primo posto dove la gente guarda, e non è facile essere grevi e pensierosi con le unghie curate.

Così ho deciso di riunire un gruppetto di persone – Gesù, mi verrebbe da dire una vera e propria banda – la cui distanza tra le sopracciglia era ritenuta problematica. Si trattava di un bel gruppetto, anche se poi uno dei membri ha preso il cancro e un altro è finito impiccato al lampadario di casa.

Alla fine sono rimasto solo io, un’individualità malata d’inconsistenza.

Selezione naturale

Forse è per questo che una serie di combinazioni mi ha fatto incontrare te, affinché potessimo dare il nostro contributo alla conservazione della specie; imbastire una creatura, insomma, la cui distanza tra le sopracciglia fosse soltanto simile (non: identica) a quella del padre, del suo papà; in fondo pochi millimetri possono rappresentare la differenza tra un figlio iscritto ad Amnesty International e uno la cui sola passione sono due caviglie ben tornite.

Vedi queste sopracciglia? La loro distanza ha firmato la mia condanna alla riprovazione pubblica. Mi consolo ragionando sul fatto che nessuno può scegliere la propria malattia, tantomeno io; la natura sceglie, anzi, come si dice, seleziona, al posto nostro.

A me non resta che vivere in una stanza tappezzata con ritagli di giornale, cartoline, figurine, fumetti. L’albo originale numero sette di Tex (Il patto di sangue, gen. 1960, copertina di Galeppini) ha una lieve increspatura sul bordo superiore, per il resto è ben conservato, e non intendo privarmene.

D’altra parte, quando mi domandasti la ragione per cui trascorressi tanto tempo a consultare fumetti, figurine, libri di fantascienza, non avrei mai creduto fosse tua intenzione contattare uno squallido rivenditore di fumetti usati. Per mettere da parte qualche soldo, dicesti. Come se il denaro potesse surrogare una prima edizione intonsa di H. G. Wells.

Nasi suscettibili

Ikon Images via AP

Il nostro tutore coniugale ci consigliò di confermarci ogni singolo giorno la decisione di trascorrere una vita insieme, legati dal sacro vincolo del matrimonio.

La volta che ti chiesi di confermarmi la tua decisione e mi rispondesti di no, non ricordo il giorno preciso (ma era certamente un giorno terribile, privo di giustezza, di quelli in cui il paesaggio si camuffa e mulinelli di insensibilità si levano al cielo come esplosi da cannoni sparaneve; la nostra ubicazione era un bar del centro storico, e tu dicesti: te la caverai), non ti nascondo che me la cavai piuttosto male; eppure avrei dovuto sospettarlo, se non altro per via della particolare conformazione del tuo naso, il tuo bel nasino piegato verso il basso nella parte inferiore, con punta ipertrofica e alette tese: sapevi che è indice di un grande potenziale emotivo, di una forte suscettibilità e di una predisposizione a compromettere rapporti umani e relazioni? Io lo sapevo, ma avrei certo preferito non assodare mai l’attendibilità dei miei studi. 

Il ritaglio di giornale cui sono più affezionato è quello riguardante la morte della Principessa Grace Kelly, datato 15 settembre 1982. Ma c’era un tepore, quel giorno, che un uomo può ricordare solo a patto di un enorme sforzo d’immaginazione. Utilizzai quel ritaglio come ammiraglia della mia flotta di carta, e ancora oggi continuo a smussarne gli angoli affinché assuma perfettamente la foggia di una immensa portaerei. Ho altri ritagli, che utilizzo da caccia torpedinieri. I più piccoli rappresentano i soldati. La guerra di carta è comoda ed educativa, e i soldati nemici prendono fuoco che è una meraviglia.

Colli insicuri

Il tutore coniugale aveva previsto la possibilità che dopo millecentotredici giorni tu non confermassi la decisione presa in una chiesa ben illuminata, colma di persone che non m’interessavano e fiori di campo? Io indossavo un mezzo tight in tinta coi tuoi occhi e avevo le unghie curate. Tu portavi un vestito semplice, e piangesti un poco. Gli invitati non se ne accorsero ma io sì, poiché il mio posto era per così dire privilegiato; la mia posizione mi permetteva di vedere il tuo orecchio destro, il tuo bellissimo orecchio destro con le sue caratteristiche irregolarità dell’antielice, ciò che ti distingueva per tenacia, voglia di emergere, egocentrismo.

Non ricordo di preciso cosa ci condusse nello studio di un tutore coniugale, ma qualunque cosa fosse aveva certamente a che fare con l’estensione del tuo collo: indica insicurezza e desiderio di essere ascoltati da qualcuno.

Diventare genitori

Fu lui, il nostro tutore dalla cravatta gialla e dal sapore di tabacco da pipa, a farci valutare l’idea di diventare genitori. Così, all’improvviso, dopo nemmeno novecentocinquanta giorni di matrimonio.

È vero, qualche tempo dopo ti dissi che desideravo ardentemente non essere padre, ma aggiunsi anche che avrei potuto diventare uno zio fantastico, se solo me ne avessi dato il tempo. Fu lo stesso giorno in cui ti confidai che la tua lingua stretta sprigionava energia yang, mentre la mia lingua larga emanava energia yin: temo di aver confuso lato della collina.

Ma guardalo, non è meraviglioso nostro nipote? Sembra nostro, ma non è nostro. Ha il privilegio di non esserlo. Le sue grandi orecchie indicano coraggio. E sto parlando di un bambino di tre anni. Farà grandi cose, il nostro nipotino dalle grandi orecchie e dalle sopracciglia caratteristicamente distanziate. Vedi come sono diritte? Indicano forte realismo. Il mondo ha bisogno di realisti, non di scribacchini.

Lingua per lingua

Il secondo ritaglio di giornale cui sono più affezionato racconta la vicenda di quattro studenti incarcerati perché sorpresi a far linguacce (vedi fotografia) alle spalle di un dittatore qualunque. La loro lingua, rossa e sana, mi è sempre sembrata la cosa più semplice e bella che il nostro mondo avesse prodotto negli ultimi mille anni.

I due maschi, leggo nell’articolo, se la videro mozzata. Occhio per occhio, lingua per lingua.

Viceversa gli aguzzini si convinsero che per i propri scopi pedagogici le lingue delle femmine sarebbero state molto più utili attaccate al loro posto, e lì le lasciarono.

Tra l’altro quel ritaglio mi fa venire in mente quando andammo al cinema (che film davano? Non ricordo) e tu vomitasti la cena in grembo a una donna incinta.  Dovetti spiegarti la ragione per cui gli aguzzini preferirono non mozzare le lingue delle studentesse. Sei sempre stata così maledettamente ingenua e pura. Perlomeno fino al giorno in cui decidesti di modificare il tuo naso.

L’albo numero uno di Tex (La mano rossa, ott. 1958, copertina di Galeppini), che tu mi consigliasti di vendere per racimolare i soldi necessari all’acquisto di un completo grigio con cravatta azzurra, presenta trascurabili fioriture e un piccolo segno di tarlo limitato al margine esterno del titolo, ciononostante è prezioso quanto una guerra nel golfo, o uno tsunami nel mar del Giappone. E poi non ho mai avuto la reale necessità di un completo grigio, tantomeno se accostato con una cravatta azzurra. La mia vecchia giacca ha le toppe e mi piace moltissimo, anche se ti è sempre piaciuto trovare qualcosa per cui biasimarmi.

Ricordo quando biasimasti la scelta di iscrivermi a un Corso di Esegesi Nasale (Radice, Setto e Dorso), giacché non riuscivi a comprenderne l’utilità. Eravamo in una stanza bianca al terzo piano di una clinica di lusso pagata con soldi provenienti dal conto dei tuoi genitori, e ti lamentasti del fatto che i tuoi seni, quei seni delicati che amavo tanto, fossero sottodimensionati rispetto alle misure standard contemporanee. E quando ti domandai sorpreso se per i seni esistessero misure standard contemporanee tu ti rabbuiasti e mi cacciasti dalla stanza bianca, lasciandomi solo sui marciapiedi di una città che non conoscevo, una città distante e forestiera.

E sebbene sapessi che un mento quadrato e volitivo indica astuzia, intelligenza, aggressività, vitalità, autorità, decisione, continuai a vagare per le strade di quella città enorme, frutto del lavoro di uomini senza dubbio enormi, rimuginando sull’impossibilità di sostituire il mio mediocre mento curvo, o quantomeno sull’impossibilità economica di farlo.

Poi decisi di bere un caffè e mangiarmi le unghie, ma me ne pentii subito.

I motivi 

Florian Gaertner/picture-alliance/dpa/AP Images

Fu quello il momento in cui ti telefonai, chiedendoti ancora conforto nella decisione di iscrivermi al Corso Nasale per scoprire i segreti reconditi del naso umano, e tu riattaccasti scocciata.

Eppure, lo sapevi che il dorso nasale è lo specchio della personalità? Esso viene così suddiviso:

  • terzo prossimale = conscio
  • terzo mediale = subconscio
  • terzo distale = tubo digerente, senso del piacere
  • alette nasali = vie respiratorie

Il tuo desiderio di migliorarti il naso è encomiabile, dissi. Ma la nuova struttura del tuo naso, il tuo nuovo setto nasale rettilineo con columella simmetrica che non riconosco più, ha sensibilmente modificato la tua personalità, disponendola all’insoddisfazione: non è mai stato da te lamentarti per la cena. E la pizza capricciosa mi era sembrata squisita, cotta al punto giusto, senza bruciature e col cornicione alto 1,5 cm. Sono certo che con il tuo vecchio naso non te ne saresti mai lamentata.

Provai a convincerti anche se ormai era tardi, e subito dopo iniziai a studiare la relazione tra naso e religione, dotandomi tra l’altro di un utilissimo rinoigrometro. Trascorsi quattro mesi in un monastero, tra persone ospitali dotate di nasi disorganici e affette da rinorrea. Ma cucinavano meravigliosamente, soprattutto selvaggina di sottobanco rimediata da cacciatori occasionali che donavano lepri e fagiani per alleggerirsi la coscienza.

Vedi il mio sopracciglio sinistro? Indica che sono un carnivoro.

Al monastero imparai tra l’altro che i rimedi omeopatici più indicati da consigliare a soggetti con naso arrossato sono: Bryonia, Carbo animalis/vegetabilis, Natrium muriaticum, Jodum, Chelidonium, Lycopodium.

Inoltre mi convinsi che non esiste una relazione certa tra naso e vocazione religiosa.

Nello studio del tutore coniugale. Lo ascolto mentre sostiene che ci farebbe bene una vacanza, magari in Albania.

Perché proprio in Albania?, domando io.

Perché costa poco, dice lui, non li legge i giornali?

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