Quello che sto per descrivere è successo realmente e continua a succedere. Non invento nulla.

Un uomo e una donna sono nudi uno di fronte all’altra, piuttosto vicini, in piedi, appoggiati agli stipiti di una porta. Non sono soli, si trovano in un luogo pubblico dove altre persone, vestite, vanno e vengono. Le persone vestite, anzi, devono decidere se passare tra l’uomo e la donna per entrare o uscire da una stanza: quei due, infatti, con i loro corpi, restringono l’accesso.
Le persone devono cioè decidere se affrontare questa interazione fisica, se confrontarsi con il corpo dei due estranei, con i propri confini personali, con le norme sociali riguardanti la nudità e lo spazio intimo. Perché sia chiaro: l’uomo e la donna non hanno intenzione di spostarsi. O, se è per questo, di vestirsi.

Esiste anche un accesso alternativo alla stanza, le persone possono dunque evitare di passare fra l’uomo e la donna, e optare per un attraversamento “normale”. La maggioranza sceglie di fare così. Ma alcuni, lo stesso, decidono di passare. E quando lo fanno, li vedi che per un attimo riflettono su come muoversi, su come posizionarsi: è meglio passare con il corpo rivolto verso la donna o verso l’uomo?

Passare frontalmente è infatti impossibile. Non c’è spazio, l’accesso è davvero angusto. Passare con il corpo rivolto verso la donna sembra avere un significato, passare con il corpo rivolto verso l’uomo sembra avere un altro significato. Altrimenti non si spiega questa esitazione. O no? Comunque sia, è davvero una situazione strana.

La performance

La situazione è in realtà un’opera d’arte e si intitola Imponderabilia. È una performance di Marina Abramović, realizzata la prima volta nel 1977 insieme all’ex compagno Ulay, e da allora riproposta (usando degli attori) più volte. Una performance che ha 46 anni: sottolineo il numero perché nei nostri tempi rapidissimi 46 anni sono sufficienti per la classicità. In questo momento potete vedere Imponderabilia alla Royal Academy di Londra, dove è in atto una retrospettiva su Marina Abramović (per inciso, la prima donna nella storia della Royal Academy ad avere una retrospettiva).

L’opera, potremmo dire con i toni un po’ astratti dell’arte, sfida il tradizionale ruolo passivo dello spettatore. In termini meno astratti, diremo che è un’opera dalla fruizione non semplice, perché per goderne appieno bisogna mettersi in una situazione particolare che può non piacere, e le buone intenzioni culturali non bastano.

Imponderabilia è di sicuro ancora oggi significativa, esplora i temi della vulnerabilità, dell’intimità, della relazione tra l’artista, l’opera d’arte e il pubblico. Non solo: come accade quando c’è di mezzo la nudità, contiene anche un richiamo forte ai conflitti di natura economica, perché la nudità e l’abito sono metafore forti della ricchezza e della povertà.

Scelte

L’opera, tanto per cominciare, sfida la concezione dell’arte come merce. Essendo fatta di soli corpi, Imponderabilia non può essere venduta, a meno che i due performer non decidano di vendere sé stessi, interamente, al miglior offerente. Sicuramente l’opera pone domande sulla differenza fra valore e vendibilità.

Contiene poi una riflessione che trovo molto intima sul concetto di disuguaglianza. L’atto dei visitatori che si fanno strada tra i due performer nudi richiama questioni di privilegio e disparità. La nudità è vulnerabilità e svantaggio, ma nella sua scarsa accettabilità sociale è anche sfida. Mette in discussione il disagio. Fa riflettere su come la disuguaglianza influenzi le esperienze e le scelte di ciascuno di noi.

Infine, i vincoli fisici della porta fatta di persone nude crea un senso di scarsità ed esclusività. I visitatori devono fare la fila e muoversi in quello spazio per partecipare alla performance. E soprattutto devono superare le proprie reticenze. L’accesso a determinate esperienze o opportunità è spesso limitato e comporta un costo.

Ho pensato a Imponderabilia mentre mi imbattevo per l’ennesima volta nelle critiche a una cantante italiana di grande successo, accusata dai suoi detrattori di essere sempre “troppo nuda” e di farlo per esibizionismo e per superficialità (naturalmente parlo di Elodie). Queste critiche mi sembrano sempre stranissime. I performer di ogni genere sono nudi da molto tempo.
La nudità – se è una scelta, se non è imposta – è una riflessione sulla libertà. Mi sembra che molti tollerino la donna più o meno svestita solo se è schiava di qualche sistema (in Italia, per esempio, della televisione come la inventò Berlusconi o di altri simili imprese). Non la tollerano, invece, se è azionista della sua nudità.

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