Presente le promesse di fine serata? Le belle idee figlie di un bicchiere di troppo, nutrite dall’euforia del momento?

Tipicamente a me succede il sabato sera, quando l’energia è in calo ma è ancora presto per i saluti, si è presa la seconda (terza?) consumazione e tra il qui e l’ora della notte inizia a insinuarsi la prospettiva della domenica – improvvisamente meno festosa, vuota di senso, così vicina al lunedì.

«Ma perché non ci vediamo domani?» «Mah sì, un brunch!» – che è come a Milano viene chiamato un pranzo che non vuole prendersi sul serio, un uomo adulto che si ostina usare parole come “bella zio” e “scialla”. Ovvero io.

«C’è un mercatino!» «Gita fuori porta?»

Grandi piani, programmi dettagliati, prospettive di festa all’orizzonte. Quasi sempre, piani che falliranno. Tipicamente in un ghosting reciproco. Sembrava una bella idea ieri sera, ma mica eravamo seri. Era l’euforia che parlava.

Ecco, questa è la sensazione che avevo associato all’Eurovision. Dopo una settimana di ebbrezza da Sanremo, ho fatto e ascoltato promesse di grandi kermesse, cene a tema, watch parties – che è come a Milano viene chiamata una serata davanti alla tv che sappia meno di pigiama e sia più instagrammabile.

Addirittura, ho sentito ipotesi di trasferte a Torino. A fare cosa, non si sa, forse a spendere tanto in Airbnb.

Niente maratone

Premetto che non avevo mai visto Eurovision, quindi ciò che dirò può essere banale e già conosciuto. E di norma chi in Italia già seguiva Eurovision e queste cose le sa, ci tiene a fartelo notare «eh ma certo che si fa così, ma come lo scopri ora???». Se siete tra queste persone, e volete sottolinearlo, scrivetelo nei commenti.

È arrivata la fatidica settimana di maggio, non è stata ghostata come temevo, ma un po’ ho percepito quel senso di spaesamento e diffidenza da post-sbornia.

In questo caso la sbornia era il nostro Festival, che ha dato un imprinting alla nostra idea di competizione musicale ben più forte di quanto immaginassimo.

A partire dalla durata: siamo abituati alle maratone di Amadeus, si sa quando si parte ma non quando si arriva a fine serata, e non si fanno prigionieri. E qui, invece, una chiusura di trasmissione decisamente mitteleuropea, alle 22.30 si potrebbe andare a nanna ma si tira fino alle 23 perché gli spagnoli sono ancora a tavola.

Niente superospiti e monologhi, niente scalinate e quindi niente battute sulla discesa delle stesse. Niente serata cover, niente giovani emergenti da scoprire. Niente co-conduttrici, niente Beppe Vessicchio.

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Il sistema di voto

Le polemiche sessiste non sono previste da copione, ma a noi italiani piacciono e le portiamo da casa, come la parmigiana nel Tupperware al mare. In questo caso, il menu prevedeva generici commenti non richiesti di uomini sul corpo e i vestiti di Laura Pausini. Più indigesti della parmigiana a mezzogiorno di agosto in spiaggia, sicuramente.

Certo, dovremo farci andare bene questa versione di competizione internazionale, e iniziare a dipingerci le guance col tricolore, se continuiamo a non qualificarci ai Mondiali.

Anche perché all’Eurovision sembrano essere ammessi proprio tutti, dall’Australia a Israele. Sarei curioso di vedere l’esibizione di Città del Vaticano, che secondo me stupirebbe molto con i costumi, per non parlare dell’arrangiamento, celestiale. Ma si potrebbe includere anche lo stato di Palestina, un bel segnale, ecco.

Una cosa è matematicamente certa: per i tormentoni estivi serve lo spagnolo, e le sonorità latine. Altrimenti niente, non ci schiodiamo dalla sedia.

Ciò che ho trovato invece molto familiare è stato il sistema di votazioni, complicato e macchinoso, non l’ho capito, come non ho mai capito quello di Sanremo – giuria demoscopi-che?

Se noi in Italia siamo bravi con i sistemi elettorali, anche l’Europa non scherza: lo spoglio dei voti ha preso praticamente un terzo della finale, con la rassegna di tutti gli stati, una delizia di burocrazia senza uguali, che fa pensare con nostalgia agli scrutini infiniti per il Quirinale.

Altra esperienza interessante è stato vedere i tre conduttori in questo ruolo internazionale. Fa strano, perché noi li conosciamo, sono di casa, e sono bravissimi, ma chissà cosa ne pensano i milioni di europei sintonizzati. Certo, non sono degli emeriti sconosciuti all’estero, tutt’altro. Ma è come quando presentiamo i nostri amici a qualcuno che non li conosce, come i colleghi. Li troveranno simpatici come lo sono per noi? Quel misto di voglia di impressionare e di gelosia, sì, sono molto bravi e simpatici, ma sono amici nostri, non vi fate strane idee.

Comunque, anche questa è stata archiviata, ci siamo sgranchiti un po’ la Fomo, una piacevole distrazione, un’avventura estiva, ma si sa che nulla batte l’Ariston, perché Sanremo è Sanremo.

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