Dopo la morte di Martina Oppelli in Svizzera, avvenuta il 31 luglio, il dibattito sul suicidio medicalmente assistito torna ad accendersi. Oppelli, affetta da sclerosi multipla da oltre vent’anni, si era vista negare tre volte la possibilità di accedere alla procedura in Italia, nonostante le condizioni previste dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019. Questa storia ha riacceso l’urgenza di una legge chiara e applicabile sul fine vita, ma hanno anche riportato in primo piano il vissuto spesso ignorato di chi resta: i familiari, gli amici, i compagni e le compagne che accompagnano i malati nella sofferenza e nelle scelte più difficili.

La lettera che pubblichiamo di seguito, firmata da Vito Perna e pubblicata sul nostro quotidiano il 5 agosto, tocca proprio questo nodo: la condizione di chi sta accanto. L’Associazione Luca Coscioni ha risposto, aprendo uno sguardo sulle esperienze internazionali che tengono insieme la libertà individuale e il sostegno condiviso.

La lettera di Vito Perna

Sto seguendo con molta attenzione e interesse il dibattito sul suicidio assistito, dopo i due casi che si sono verificati a poca distanza l’uno dall’altro. Entrambi hanno messo in evidenza – sia per chi ha ottenuto il permesso in Italia, sia per chi è stato costretto ad andare all’estero – quanto siano gravi le attuali lungaggini burocratiche e quanto pesi l’assenza di una normativa chiara, su cui sarebbe davvero urgente intervenire.

Premetto che sono un cittadino con poca cultura, ma credo che questo sia un tema di grande impatto sociale. Ritengo necessaria e doverosa una legge che tuteli le persone che si trovano in condizioni estreme. Ma la mia attenzione – e che rimetto anche alla vostra, e all’Associazione Coscioni – è soprattutto verso i familiari.

Bisognerebbe mettersi, anche solo per un momento, nei loro panni: nei panni di un coniuge, di un figlio, di un genitore cui una persona amata chiede di poter accedere al fine vita. Purtroppo la società è fatta di persone che effettivamente sono con te, ma non hanno e non provano in prima persona il dolore.

Penso che tutti gli sforzi si debbano fare per una buona normativa. Ma credo anche che molti più sforzi si debbano fare nella ricerca, non solo chiedendo donazioni private ma investendo nel pubblico, comprando meno armi e battendosi per una pace globale.

La risposta di Marco Perduca dell’Associazione Luca Coscioni

Colgo l'occasione di ringraziare Vito Perna per l'attenzione che dedica a quanto l’Associazione Luca Coscioni fa a proposito del fine vita, per segnalare che da settembre dell'anno scorso l’Associazione ha rivolto un appello al Ministro della salute Schillaci affinché, tra le altre cose, faccia proprie le esperienze canadesi in materia di terapie innovative attorno al tema del fine vita. Infatti, da ormai sei anni, in Canada, dove l'eutanasia è consentita per legge, è possibile avere accesso a psicoterapie assistite da molecole psichedeliche per affrontare l’ansia del fine della vita.

Una vita che non necessariamente si vuole terminare, ma una vita che, nel momento in cui non è più quella che si ritiene degna di essere vissuta, può esser conclusa volontariamente. A queste terapie possono partecipare anche i famigliari delle persone, solitamente malate di cancro in fase 3, in sedute comuni dove viene assunta psilocibina sintetica - la molecola psicoattiva dei “funghi magici” - in sedute di psicoterapia.

Queste attenzioni terapeutiche a chi decide per sé, aiutano anche chi accompagna la morte della persona cara e le sopravviverà; si tratta di possibilità che sono frutto di un'alleanza di pazienti, medici, psicologi e militanti dei diritti umani che si chiama TheraPsil.

Pur incontrando difficoltà iniziali di varia natura, queste terapie oggi sono un dato di fatto noto e utilizzato da decine di persone e vengono offerte con il sostegno delle autorità. La loro validazione medico-scientifica le rende proponibili anche altrove ed è quello che l’Associazione Luca Coscioni - e le 15000 persone che hanno firmato il suo appello “l’Italia apra alle terapie psichedeliche” - chiede al ministro (medico) Schillaci.

Molecole, piani terapeutici e protocolli sono già pronti, occorre prendere una decisione. Per quanto riguarda invece la pace globale, sicuramente necessaria e urgente, occorre qualche impegno ulteriore.

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