Il testo che segue è la prefazione di Paolo Nori al libro Picnic sul ciglio della strada di Arkadij e Boris Strugatskij, pubblicato da Marcos y Marcos. Nori ha curato la pubblicazione e ha tradotto il romanzo assieme a Diletta Bacci

Quando, nel 2011, mi hanno chiesto di scrivere una prefazione alla traduzione di Luisa Capo di Picnic sul ciglio della strada, ho scritto la cosa che copio qua sotto:

«Questa invenzione dei fratelli Strugatskij che ci sarebbe una Zona, e il fatto di chiedersi cosa sia questa Zona, è una cosa alla quale, da quando ho letto Picnic sul ciglio della strada, ho pensato molte volte.

Di Zone, nel mondo, secondo i fratelli Strugatskij, ce ne sarebbero sei, e disposte in un ordine geometrico singolare molto: tre in un emisfero, e tre nell’altro emisfero, e le une agli antipodi delle altre, se così si può dire, ma non secondo una linea che passi per un ipotetico centro della terra, ma seguendo delle linee che partissero da un immaginario punto di sparo.

Cioè è come se una pistola enorme, a qualche centinaio di chilometri dalla superficie terrestre, sto inventando un po’ le distanze, ma il senso spero si capisca, è come se una pistola enorme avesse sparato tre colpi; i fori di entrata e di uscita sul globo terrestre corrisponderebbero alle sei Zone.

In queste Zone succederebbero delle cose sovrannaturali, e pericolose, e utili molto, anche, tanto che l’energia usata nel mondo descritto dai fratelli Strugatskij verrebbe tutta dalla Zona.

Cioè gli scienziati saprebbero come sfruttare la Zona per trarne energia, ma non saprebbero spiegare il fenomeno che determina questa resa energetica, se così si può dire, e non saprebbero spiegare, né prevedere, la maggior parte dei fenomeni che si verificano nella Zona, tanto che l’ingresso nella Zona sarebbe interdetto ai cittadini, e la Zona recintata da fili spinati e controllata da militari.

Proprio per questo, nella Zona, ci sarebbe un traffico notevole di Stalker, che sono delle specie di contrabbandieri, che cercano di recuperare nella Zona tesori da vendere ai collezionisti, o ai ricettatori, e soprattutto di arrivare a una fantomatica sfera dorata che avrebbe il potere di realizzare i desideri di chi riesce ad arrivarci davanti, e alcuni di questi Stalker, nel cercare di raggiungere la sfera dorata, essendo probabilmente venuti a contatto con materie sconosciute e letali, sono morti, e i loro corpi son rimasti lì, nella Zona, monito per gli stalker successivi.

La vita di uno di questi Stalker e la storia del suo rapporto con la sfera dorata è la traccia che i fratelli Strugatskij hanno scelto per farne la spina dorsale di questo romanzo ambientato in un futuro imprecisato che il regista Andrej Tarkovskij ha reso con dei muri scrostati, con dei locali deserti, con delle jeep militari, con l’immancabile acqua che scorre e che cola in un film celebre e meraviglioso, che si intitola Stalker.

Ma cos’è questa Zona? verrebbe da chiedersi, e verrebbe da rispondere che non si sa bene, o meglio, che io non lo so bene, che posso dire soltanto che, dopo che ho letto il romanzo dei fratelli Stugatskij, la Zona per me sono stati i campi di lavoro sovietici descritti da Sergej Dovlatov nel suo romanzo Regime speciale (titolo originale: Zona, così si chiamavano in gergo i lager controllati dall’esercito); dopo che ho letto questo romanzo la Zona per me è stata il campo di concentramento di Birkenau quando mi han raccontato che, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, dei civili entravano abusivamente nel campo e scavavano delle buche per cercare i tesori sepolti dagli ebrei, e trovavano invece delle bottiglie con dentro delle testimonianze di quelli che erano morti (i cosiddetti rotoli di Auschwitz); dopo che ho letto questo romanzo le Zone sono, nella mia testa, i cosiddetti Centri di permanenza temporanea, che adesso credo abbiano cambiato anche nome, ma qual è il nuovo io non lo so, i quali Centri di permanenza temporanei sono dei posti che, quando ci penso, mi vien sempre in mente una targa che c’è in stazione a Pistoia, targa che ricorda la Seconda guerra mondiale e i cui estensori auspicano che il mondo, dopo il sacrificio della Seconda guerra mondiale, sia un mondo senza fili spinati».

Quando poi, nel 2022, mi hanno chiesto di tradurre la versione autoriale di Picnic sul ciglio della strada, cioè quella non censurata, io prima ho chiesto a Diletta Bacci, che si è laureata con una tesi di traduzione su Brutti cigni, un altro romanzo degli Strugatskij, di aiutarmi, e poi ho scoperto che quel libro che tanto mi era piaciuto, io l’avevo letto nella versione che era uscita in Unione sovietica nel 1980, che uno degli autori (Boris) ha definito «deturpata, mutilata, squallida», con «duecento umilianti correzioni al testo», e che per pubblicare questo libro straordinario Arkadij e Boris Strugatskij ci hanno messo 8 anni, e che quel libro che mi era piaciuto è, nella sua versione originale, ancora più bello.

Buona lettura (o rilettura).

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