Uno degli aspetti del dibattito attuale sullo stato della scuola italiana è che, ogni tanto, si alza qualche voce che richiama alla necessità di costruire una “nuova pedagogia”.

Potrebbe anche essere interessante, se non fosse che la “nuova” pedagogia, declinata in diverse forme sia in Italia che fuori, esiste da tanto, tantissimo tempo.

Potremmo, per convenzione, farla partire almeno dalla Escuela Moderna di Francisco Ferrer Guardia (fucilato a Barcellona nel 1909) e dal primo congresso della Lega Internazionale dell’Educazione Nuova, che si tenne a Nantes nel 1921, che diede il via ad una serie di appuntamenti, fino alle soglie della Seconda guerra mondiale, al quale parteciparono protagonisti e protagoniste del rinnovamento pedagogico e didattico. Solo per fare qualche nome: da Adolphe Ferrière a Maria Montessori, da Alexander Neill a Ovide Decroly, da Paul Gheheb a Célestin Freinet.

È uscito di recente un completo e prezioso libro di Enrico Bottero, Célestin Freinet. Storia e attualità di una pedagogia, Edizioni Junior, che ci aiuterebbe a rimettere in ordine alcune delle nostre conoscenze storiche e pedagogiche, confermandoci che sperimentazioni pratiche e innovazioni teoriche, strettamente collegate, vengono da lontano.

(Un altro valido aiuto è il film Il maestro che promise il mare, di Patricia Font, che ripercorre la vicenda del maestro catalano Antonio Benaiges, seguace della pedagogia Freinet, giustiziato dai franchisti nel 1935).

Enrico Bottero, che è stato insegnante di scuola primaria, dirigente scolastico e docente all’Università di Torino, si impegna ormai da anni non solo nella ricostruzione storica della vita e del lavoro di Célestin (ed Elise, la moglie, che ebbe un ruolo di non poco conto nella vicenda biografica e intellettuale del maestro francese), ma anche nel far conoscere i princìpi e le pratiche delle “pedagogia Freinet”, per confermarne l’attualità e la praticabilità anche al giorno d’oggi.

Ecco quindi che il suo libro ci introduce in un viaggio affascinante che parte da una constatazione che non dovremmo mai dimenticare: «(...) si impara facendo, si parte dall’esperienza per giungere alla forma, alle regole, non viceversa». Già qui si vede la distanza netta di questo tipo di educazione (di volta in volta, “moderna”, “nuova”, “attiva”, “democratica”) dalla scuola idealistica, che ha un’immagine astratta di “fanciullo”, al quale impartire regole e nozioni che nulla c’entrano con la sua vita quotidiana.

Nell’arco di tutta la sua vita (1896-1966) Freinet ha cercato – spesso riuscendovi, alcune volte meno, e le pagine di Bottero non sono reticenti quando si tratti di sottolineare i punti critici, – a collegare le sue sperimentazioni pratico-didattiche (il testo libero, la tipografia a scuola con la stampa del giornalino di classe e la corrispondenza con altre classi, l’autovalutazione e le schede autocorrettive, i materiali provenienti dall’osservazione della realtà ambientale e sociale e dalle tecnologie a disposizione, come il giradischi, la fotografia, il cinematografo etc.) con una elaborazione concettuale e teorica tutt’ora apprezzabilissima.

Il “materialismo pedagogico” (che, nonostante l’appartenenza di lungo periodo, poi interrotta suo malgrado, di Freinet ai movimenti e ai partiti marxisti, ha pochissimo a che fare col “materialismo storico”), contrapposto alla tradizionale “forma scolastica” può essere ancora oggi punto di riferimento per chi volesse ha a cuore una scuola e un’educazione liberanti.

Ancora oggi, dopo che, in Italia, le tecniche e la pedagogia Freinet furono seguite da quella che nel 1951 si chiamava Cooperativa della tipografia a scuola e nel 1957 divenne Mce, Movimento di Cooperazione Educativa: i nomi di Giuseppe Tamagnini, Giovanna Legatti, Bruno Ciari, Aldo Pettini, Mario Lodi, dovrebbero ancora dirci qualcosa.

Fosse qui tra noi, probabilmente Freinet userebbe Internet, la posta elettronica, ChatGPT al posto della tipografia a caratteri mobili o del limografo, ma certamente non cambierebbe né idea né azione su ciò che veramente si intende per “nuova pedagogia”, orientata alla potenziale liberazione della massima energia fisica e psichica dei bambini e delle bambine, delle ragazze e dei ragazzi, per renderli protagonisti attivi di un potenziale cambiamento del mondo in cui vivono.

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