- Questo articolo fa parte di FINZIONI – il mensile culturale di Domani che puoi scaricare e leggere a questo link: https://bit.ly/3HEiFvL
- In questi quattro anni trascorsi a singhiozzo sui suoi romanzi mi sono detta che, dopo tutto, è una vita che traduco Jane Austen. È una vita, cioè, che sto seduta accanto a qualcuno che non c’è.
- Tradurre la scrittura di Jane Austen è difficile per il peso che il suo fragile carico porta con sé, perché ogni lettore – e i suoi sono una moltitudine agguerrita – ha forti attese e ostinate idiosincrasie riguardo alle sue storie
Se, come magnificamente scrive Andrea Zanzotto, ogni lingua rappresenta «il massimo inconchigliamento» che una comunità di parlanti raggiunge e si manifesta in un brusìo instabile e infinito che di quella lingua è l’essenza, allora al centro della conchiglia inglese, al cuore del suo brusìo e insieme a Shakespeare, danzano i romanzi di Jane Austen. Alla traduzione ideale chiediamo di essere per noi il lettore ideale che non possiamo essere: esperto ma non smaliziato, contemporaneo ma vicino



