Cultura

La lingua dei politici ora non è più semplice, ma semplificata

  • Tutto inizia con Berlusconi, che porta la lingua della pubblicità in politica: il meccanismo è quello di fingere di porsi al livello dell’interlocutore. 
  • La lingua che si usa, dagli anni Novanta in poi, non è semplice ma semplificata. Le parole non diventano più chiare, ma vuote e sempre più indirizzate alla pancia degli elettori
  • In questo, ha fatto scuola la Lega di Umberto Bossi, il senatùr in canottiera che porta dialetto e frasi a effetto. Il suo successore Matteo Salvini invece diventa maestro nel comunicare sulla base delle oscillazioni dell’opinione pubblica

Nel passaggio tra prima e seconda repubblica la lingua rispecchia la crisi della politica. Al vecchio rischio dell’autoreferenzialità (i politici parlano un gergo che capiscono solo loro perché sono lontani da ciò che la gente realmente sente e vuole) tende a sostituirsi, almeno in molti rappresentanti del popolo, l’appiattimento su un linguaggio semplificato che rispecchia il sentire comune. Parla come me LaPresse Sostiene il linguista Giuseppe Antonelli: «Tutto è cominciato con Berlusconi

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