Harry Potter vs Mercoledì? Sarà questa la prossima sfida su piattaforma, a colpi di poteri oscuri? HBO Max ha avviato le riprese della nuova serie tv ispirata ai romanzi di J.K. Rowling e diffuso la prima (insipida) immagine ufficiale di Dominic McLaughlin, che succede all’ormai stagionato Daniel Radcliffe nei panni del maghetto di Hogwarts. Appuntamento al 2027 per la prima stagione, che a più di un quarto di secolo di distanza dal film di Chris Columbus rivisiterà Harry Potter e la pietra filosofale. Sarà il pregiudizio verso le rimasticature, che sono sempre moleste, sarà per le esternazioni transfobiche della scrittrice, ma spero tanto che per allora Tim Burton, absolute beginner della serialità con la sua rampolla degli Addams, abbia fatto in materia di Fantasy terra bruciata.

Le analogie sono tante: Hogwarts e la Nevermore Academy sono tetre scuole di lusso per outcast superdotati, gli eroi sono ragazzini e gli effetti speciali sono di rigore. A fare la differenza è un autore passato dal grande al piccolo schermo senza la puzza al naso di tanti suoi illustri colleghi, senza abdicare a estro e passione, senza considerare sprecate per la platea “bassa” della Tv le sue ordinarie finezze cinefile e letterarie.

La prima stagione di Mercoledì (Wednesday) ha debuttato nel 2022, è la serie Netflix più vista di sempre in lingua inglese ma soprattutto ha segnato la resurrezione di Tim Burton dopo anni di opaco declino. Si annuncia una terza stagione, ma già la seconda, che esce in due blocchi di quattro episodi il 6 agosto e il 3 settembre, riserva imprevedibili ghiottonerie intellettuali. Debito da pagare, del resto, se per denominare una boarding school scomodi il cupo intercalare del Raven di Edgar Allan Poe: Nevermore.

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La forza dei camei

Il vero pregio degli otto Harry Potter cinematografici, diciamolo, era il vezzo dei comprimari carismatici, il Gotha delle star britanniche che si dividono tra cinema e teatro arruolate per i cameo. Per Mercoledì-stagione 2 Tim Burton copia il vezzo, ma non è reato.

A far notizia è soprattutto Lady Gaga (si materializzerà nella seconda parte, che non ho visto), ma che ne dite di Steve Buscemi, Thandiwe Newton e Christopher Lloyd, che vanno a dar man forte a Mano, che è il personaggio più cool, a Catherine Zeta-Jones, Luis Guzmàn, Christina Ricci e alla protagonista Jenna Ortega piazzata da Burton anche nel suo ultimo Beetlejuice Beetlejuice?

Ci sono ragioni di familiarità dietro il casting. Christina Ricci era la Mercoledì dei due film sulla Famiglia Addams - longeva tribù partorita dal vignettista Charles Addams nel 1938 – e Christopher Lloyd era lo zio Fester. Il regista dei nightmare gentili però gioca sempre a spiazzare, a sovvertire l’immaginario mainstream. Così Steve Buscemi, icona del cinema indy off-Hollywood, diventa il viscido Preside della Nevermore Academy, e Haley Joel Osment, il bimbetto inquietante di Sesto Senso, si commuta in sanguinario serial killer. Lady Gaga aveva consacrato, replicandolo, il balletto cult della prima stagione, diventato virale sui social. È una guest star pertinente.

Una ferocia inedita

C’è però una virata che mette le ali a questo sequel fin dall’avvio, di pura natura stilistica. Tim Burton radicalizza il suo gotico soft, corteggia l’horror e i suoi derivati, strappa gli occhi ai suoi cadaveri, inanella minuzie raccapriccianti. La sua Mercoledì ha una ferocia macabra inedita, oltre a quel sano humour noir che difettava a Harry Potter. Il mini-film che precede gli eventi è un’escursione-lampo nelle convenzioni di genere, con l’eroina inchiodata a un sinistro banchetto di vittime che al sadico “Scotennatore di Kansas City” somministra l’identica sadica pena. Il corollario è una geniale gag al metal detector dell’aeroporto, con la teenager fornita di ogni arma letale censita e i controllori che le contestano solo i vietatissimi “oltre 100 millilitri” di crema solare. Dialogo burtoniano: «Quale parte della lista oggetti non consentiti non le è chiara, signorina». «La parte in cui credete che stipare centinaia di persone in un tubo di metallo produca un’utopia in cui le armi non servono!».

È il Burton’s touch a estrarre gioielli da un plot (Alfred Gough e Miles Millar firmano da sceneggiatori e showrunner) che almeno fino al quarto episodio non è poi così elettrizzante. È il radunarsi strizzabudella dei corvacci di Hitchcock (Gli uccelli, ovviamente), presagio della pista di sangue su cui la detective in erba con le treccine dovrà indagare. È il bene mai veramente distinto dal male: con i loro scherzetti criminali i piccoli Addams (Pugsley, il fratellino, è una new entry seriale) non differiscono dai natural born killers. Sono le lacrime nere che inventa per Jenna Ortega – e non colano dal mascara – ma anche i bruchi pelosi bramati da Pugley come snack succulenti. Ecco un autore che non declassa la sua prestazione seriale a prodotto di serie B. La qualità non ammette spilorcerie: la fiaba nera che i liceali si raccontano al buio sfrutta le tecniche sofisticate di animazione di Frankenweenie, Nightmare Before Christmas, La Sposa Cadavere, i suoi capolavori.

Più che una serie, è un Luna Park a tema. Riassapori certe atmosfere de Il Mistero di Sleepy Hollow riprodotte al dettaglio, ritrovi i bizzarri cocuzzoli alieni di Mars Attacks!. Puoi sottoporti al quiz letterario in cui l’autore snocciola di soppiatto i suoi scrittori del cuore: Dickens e Proust, tra gli altri, e H.G.Wells. Di Poe, vero Convitato di Pietra, che anche in effigie è onnipresente, è superfluo parlare. Ma la giostra delle citazioni è la vera attrazione. In trasferta al campeggio (con dotazione di zombie), per dire, la scolaresca dei reietti si scontra con un capo-boyscout molto MAGA che fa il verso a Full Metal Jacket.

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La colonna sonora

La parodia di Apocalypse Now, con tanto di Walkurenritt wagneriana e con uno sciame di api al posto degli elicotteri, è irresistibile. Shining riaffiora dall’immancabile porta sfondata a colpi di scure. A dettagliare le troppe occasioni di godimento si rischia la pedanteria. Non pretendo peraltro di giudicare con equanimità, anche per una contingenza accessoria: proporre a chi va in trip per i corvi di ogni fattura e formato uno stormo assassino guidato da un corvo guercio è come offrire a Dracula un drink di sangue fresco.

Sembra l’ultima cosa, ma è la più dirompente. Sulla soundtrack di Mercoledì spoilerare sarebbe un delitto. Usati a schiaffo, e con impertinenza (nel senso di non-pertinenza) gioiosa, ci sono pezzi da vero attentato ai precordi. Sul palco che celebra l’avvio dell’anno scolastico esplode a sorpresa l’attacco di Dancing in the Dark, il preside Steve Buscemi balla sulla voce del Boss. Per non dire dei Cranberries di Zombie, opportunamente recuperati, o del tema di Vertigo, altro omaggio hitchcockiano. Mi fermo qui.

Auguriamoci che siano i reietti, gli emarginati, gli outcast della Nevermore Academy a ereditare il Cielo del Fantasy, soppiantando il maghetto di Hogwarts e le sue fortune buoniste. Se non altro perché portatori di un karma che accomuna gli adolescenti di tutti i tempi, che è poi il karma lucido di Mercoledì e per suo tramite di Tim Burton: «Sono a disagio fin dalla nascita». Oggi, per come va il mondo, assume perfino un sapore politico.

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