La settimana scorsa, a Parigi, l’Italia dei libri è stata al centro di eccezionali celebrazioni come paese ospite al Festival du Livre. Nella cornice del Grand Palais Éphémère, con una magnifica vista sulla Torre Eiffel, cinquanta fra i narratori italiani più noti hanno tenuto incontri e firmacopie da tutto esaurito, incantando migliaia di lettori. E se in Francia autrici e autori come Milena Agus, Alessandro Baricco, Erri De Luca o Giuliano da Empoli sono di casa da tempo, non tutti si aspettavano il calore con cui sono stati accolti i maestri del crime tricolore, protagonisti degli eventi di maggior successo: Gianrico Carofiglio in dialogo con Giancarlo De Cataldo, Donato Carrisi a confronto con Maurizio De Giovanni, Fulvio Ervas fianco a fianco di Ilaria Tuti, in un Pavillon Italien che straripava neanche fosse l’arrivo del Tour de France. L’Italia in maglia gialla.

Questo successo, già segnalato dalle vendite crescenti degli ultimi anni, conferma lo stato di salute di noir e thriller nostrani oltreconfine: tutti ricordano l’exploit de La sostanza del male, l’esordio di Luca D’Andrea tradotto in 35 paesi, o la favola inglese di Sandrone Dazieri, il cui Uccidi il padre fu adottato dal book club più influente della tv inglese. Del resto vivono in Austria due dei nostri autori più amati, la coppia Monaldi&Sorti del celebre Imprimatur, mentre la fama estera è maggiore di quella italiana per Luca Di Fulvio, autore da un milione di copie in Germania, e Oriana Ramunno, tradotta anche in America e Australia, risultato che spesso sfugge ai pesi massimi della categoria.

Profeti in patria

In patria il favore del genere si misura non solo con le classifiche, dominate da commissari, vicequestori, investigatori privati e detective per caso, nelle varie collane di Einaudi Stile libero, Rizzoli o Guanda noir. La tv generalista è sorretta dalle fiction ispirate a serie gialle nate su carta: il sornione Màkari di Gaetano Savatteri, l’affascinante Lolita Lobosco di Gabriella Genisi, la ruvida Teresa Battaglia di Ilaria Tuti, Imma Tataranni nella sgargiante Matera di Mariolina Venezia, presto la Catania di Cristina Cassar Scalia, che nei romanzi di Vanina Guarrasi raccoglie l’eredità di Camilleri. Il solo Maurizio De Giovanni conta tre adattamenti di successo – Il commissario Ricciardi, Mina Settembre e I bastardi di Pizzofalcone – mentre Rocco Schiavone buca lo schermo a ogni nuova stagione, conquistando le prime pagine anche in virtù dei suoi vizi.

Potere del piccolo schermo? O potenziale sottovalutato della buona vecchia lettura? Più la seconda che la prima, a giudicare dall’affluenza nei festival letterari di genere, che aumentano ogni anno. Tre su tutti: il MystFest di Cattolica, già feudo dell’indimenticato Andrea G. Pinketts; Giallo Pistoia, ospitato nella biblioteca San Giorgio, una delle più vivaci d’Italia; e soprattutto il Nebbiagialla di Suzzara, ormai un punto di riferimento internazionale, con guest star come Michael Connelly e Irvine Welsh.

Un panorama che rispecchia la sterminata offerta editoriale del nostro crime. Per dar voce a una frazione di ciò che si pubblica ogni anno non basterebbero dieci Festival du Livre, e l’amante del genere dovrebbe soffrire dell’insonnia ideale vagheggiata da Joyce solo per restare aggiornato sulle uscite, mappate da portali web dedicati (MilanoNera, ThrillerNord).

Consigli di lettura

Ma se è impossibile tracciare un quadro esaustivo del fenomeno, si possono pur sempre offrire consigli di lettura. Ecco quindi una carrellata tra le voci più interessanti del momento, dove il punto di partenza non può che essere il “giallo brillante”, vero erede della commedia all’italiana. Inaugurato dal Montalbano di Camilleri, ha conosciuto grandi fortune nell’elegante livrea blu di Sellerio, infilando autori mirabilmente spassosi come Marco Malvaldi (i vecchietti del BarLume, portati sullo schermo da Roan Johnson) e Alessandro Robecchi (Carlo Monterossi, altra fiction di successo). Prima di loro c’era (e continua a esserci) Marco Vichi con il suo commissario Bordelli – un nome, un programma – mentre le incarnazioni più recenti sono i Cinque di Monteverde di François Morlupi, guidati da quell’enciclopedia ambulante della nevrosi che è il commissario Ansaldi, e gli Insospettabili di Sarah Savioli, la cui protagonista ha il dono di parlare con piante e animali.

In questo territorio light crime, su cui imperano L’allieva di Alessia Gazzola e il filosofo del quotidiano Vincenzo Malinconico (dai romanzi di Diego De Silva da Einaudi), si muove anche Enrico Radeschi, eroe del prolifico Paolo Roversi, che condivide lo scenario (ma non i toni) con l’esordiente di maggior impatto dell’ultimo biennio, Gian Andrea Cerone. Da Guanda.

Cerone proietta le indagini della sua Unità di analisi del crimine violento sullo sfondo di una Milano imprevista e credibilissima, seguendo l’aspirazione cardine di molto giallo contemporaneo: raccontare l’attualità a cominciare dai luoghi, pensati non come fondali ma come personaggi. Segue la stessa intuizione la collana Nero Rizzoli, che nel tempo ha costruito una sorta di mappa criminale dell’Italia (la Torino di Enrico Pandiani, la Genova di Bruno Morchio), ma anche l’ultimo Carrisi, che ambienta a Firenze i casi del suo «addormentatore di bambini». Da segnalare poi la serie di indagini che Tommaso Scotti, autore romano trapiantato in Giappone, costruisce a Tokyo, raccontando la megalopoli nei risvolti meno noti.

Il suo non è l’unico caso di autore italiano che esce dai confini patri per raccontare le proprie storie (si pensi alla Libia di Roberto Costantini), ma la dislocazione più comune resta quella temporale, ovvero il giallo storico, nel quale siamo maestri riconosciuti sin dai tempi del Nome della rosa di Umberto Eco.

Marcello Simoni con le sue indagini medievali, Diego Lama e la Napoli di fine Ottocento, il nazismo rivisitato da Ben Pastor, Alice Basso e Leonardo Gori che raccontano il fascismo da prospettive inedite (sotto l’alto magistero di Carlo Lucarelli)… Chi dice che per fotografare il presente non convenga rivolgersi al passato?

Noir mediterraneo

Lo strumento più affilato, a questo scopo, resta però il noir mediterraneo, perfezionato in Italia da Massimo Carlotto, instancabile narratore delle malversazioni socio-economiche del nord est e mentore di giovani autori in ascesa (uno fra tutti: Piergiorgio Pulixi, vincitore del premio Scerbanenco con L’isola delle anime). Con il noir mediterraneo sono imparentati il commissario Soneri di Valerio Varesi (considerato oltralpe «il Simenon italiano»), i romanzi criminali di Giancarlo De Cataldo e anche, mutatis mutandis, i legal thriller romaneschi di Michele Navarra, già lodato da Carofiglio, che a suo tempo importò il genere in Italia. Poliziotti, magistrati, avvocati e giornalisti che per dire la verità ricorrono alla finzione: un paradosso tutto italiano che finisce per accrescere la credibilità del genere.

Il nostro giallo, insomma, non è mai stato più in forze, anche se di tanto in tanto qualche venerabile maestro ne lamenta la perdita di peso specifico. Evidentemente non legge Davide Longo, che nel ciclo di Bramard e Arcadipane esibisce uno stile e uno spessore da manuale di letteratura. Ma presidiare le classifiche anno dopo anno e immettere nell’immaginario personaggi sempre nuovi significa comunque padroneggiare un’arte rara: quella di avvincere il lettore con trame inedite e twist imprevedibili in un campo arato già milioni di volte.

Il racconto poliziesco è nato quasi due secoli fa (1841, I delitti della rue Morgue di Edgar Allan Poe – ma c’è chi anticipa al 1794, con il Caleb Williams di William Godwin) eppure la collana che in Italia ha dato il nome al genere, il Giallo Mondadori, ha superato i 5.000 titoli senza mostrare segni di stanchezza. Al contrario, il prossimo gennaio festeggerà i suoi primi 95 anni con un colpo di scena editoriale: l’esordio di un nuovo personaggio, con un romanzo che si interroga sul concetto di giustizia, firmato da un autore molto amato come Antonio Manzini. La volata è già iniziata.

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