Il Dio che hai scelto per me è un romanzo che trasforma la biografia in letteratura, una storia intima di abusi e violenza, un libro che mostra come il coraggio di cambiare e dire addio nasca da un amore puro. È il romanzo di esordio di Martina Pucciarelli. Narra la vera storia dell’autrice, cresciuta nella comunità religiosa dei Testimoni di Geova. Ne pubblichiamo un estratto
Gli Anziani, Federico, i miei genitori hanno individuato in Manuela la colpa del mio cambiamento; non nella psicoterapia in sé, sebbene non sia consigliata dalla nostra religione, ma in questa giovane donna dai metodi terapeutici non ortodossi. Nessuno di loro mi ritiene in grado di una volontà personale, di un pensiero mio. Nell’alfabeto della mia famiglia, l’autodeterminazione non esiste e l’indipendenza non è prevista nel vademecum di Geova.
Sono un soggetto fragile, dalla personalità debole, che si è fatto circuire da una psicologa rappresentante di Satana. Gli Anziani si sono raccomandati di pregare di più, di ritagliarmi più tempo per lo studio della Parola di Dio che sto evidentemente trascurando. Mio marito e i miei genitori sono della stessa idea. Non riescono a vedermi neppure adesso. Sono colma di frustrazione, vorrei sparare un bengala nel cielo per urlare al mondo che io esisto, io penso, io desidero, io amo, io provo rabbia, io ho diritto di parola sui figli che ho portato in grembo, io non sono priva di voce, io sono dotata di sentimenti e di una volontà e non mi sta più bene nulla.
Ma per loro è più facile incolpare Manuela che accettare di vedere realmente me e loro stessi, perché implicherebbe vedere e ammettere anche i loro errori. «Tutto tollera, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta»: questo è l’amore sviscerato nella lettera ai Corinzi, ma qui dove mi trovo io l’amore tollera, crede, spera e sopporta solo in funzione di Geova.
Come si fa a parlare al cuore di una persona? A schivare tutte le sue difese, aggirare le sue costrizioni, dribblare i retaggi, arrivare alla base della sua struttura, lì dove risiede la sua parte più vera, e infine raggiungere le corde del suo cuore, scuoterle con forza?
Riesci a sentirmi, Federico? Fa male risvegliarsi da questo lungo sonno, mi causa dolore, adesso, aprire gli occhi. Sento la rabbia crescere in me, dapprima era solo un germoglio, ora ha fatto radici, il fusto ha squarciato la terra e punta sempre più in alto. La sento per te e la sento anche per i nostri figli: ci hanno preso in giro, ci hanno privato di tutto, ci hanno raccontato bugie, non voglio lo stesso per due vite appena venute al mondo, Levi e David possono invertire la rotta senza dolore ora.
Per me e te la strada era già stata tracciata prima di nascere, come l’infallibile traiettoria di una freccia che mira al centro, e ci siamo attenuti al percorso stabilito senza chiederci mai se esistessero altri sentieri, altre destinazioni, se si potessero esplorare con altre scarpe. Siamo sempre stati i primi della classe: mai una sbavatura, mai un passo falso, abbiamo anteposto in ogni circostanza il senso del dovere ai nostri bisogni e desideri perché è l’unica cosa che ci hanno insegnato a fare. Non a mettere al centro noi stessi, non a valorizzare le nostre potenzialità, non ad assecondare le nostre ambizioni; ci hanno addestrato a metterci immancabilmente per ultimi, mettendo a frutto le nostre capacità solo per Geova, che è un dio avido e incontentabile. Si è preso la nostra infanzia e la nostra adolescenza, si nutre del vigore giovanile prima e della maturità e della vecchiaia dopo, e ora si sazierà anche dei nostri figli. Siamo ingranaggi della macchina di Dio, prodotti in serie e anonimi, ma proprio per questo sostituibili. Questo baraccone può andare avanti anche senza di noi.
Ti ricordi quando siamo andati in viaggio di nozze negli Stati Uniti e alle Hawaii? La sensazione di meraviglia e stupore di fronte a quegli spazi giganteschi, la sorpresa nella vista a perdita d’occhio lungo le gole dorate del Gran Canyon, lo spaesamento in un ambiente più esteso di quanto avessimo immaginato nonostante lo conoscessimo già dai film, il senso di libertà sconfinata osservando i surfisti lanciarsi impavidi tra le onde dell’oceano, i miei goffi tentativi di parlare inglese: ecco, vorrei che ora tu provassi a immaginare il mondo fuori come uno dei nostri viaggi – perché di un viaggio e della scoperta di una terra straniera si tratta, noi che questo mondo lo abbiamo sempre visto attraverso gli occhi di altri. Potremmo scoprire una terra meno ostile di quello che ci hanno indotto a credere. Quale che sia la scoperta, la accoglieremo insieme.
Sei l’uomo col più alto senso del dovere che conosca e so che stai soffrendo: la traiettoria non doveva essere infallibile? Dici di non riconoscermi più, mi accusi di essere cambiata, ma in fondo non mi hai mai veramente conosciuta, e neppure io posso dire di conoscere il vero Federico: cosa pensi e cosa senti davvero? Cosa ti fa più paura?
Dammi la mano e fidati di me, si apriranno altre vie non battute per noi, le tracceremo insieme, impareremo a conoscerci. Salta con me, ho paura come te − di perdere tutto, di non sapermi orientare, di rimanere sola −, ma sapremo essere più forti di questa paura. Se non vuoi lanciarti con me, allora tienimi così… Cammineremo parallelamente, ai nostri figli mostreremo che esiste più di un sentiero, che incontreranno molti bivi e nessuno potrà scegliere per loro, ma noi ci saremo sempre. Riesci a sentirmi, Federico?
da Il Dio che hai scelto per me, HarperCollins 2025
© Riproduzione riservata


