L’estate scorsa Domani mi proponeva di collaborare con una certa assiduità, visto che cominciavo un sabbatico di ricerca durante il quale non avrei potuto granché viaggiare, come si usa tra noi accademici, per archivi e biblioteche. Penso di aver proposto l’idea di Cose da maschi, nata da un articolo sulle armature e le divise, proprio in giugno, e di averci ragionato lungo i due mesi successivi (anche grazie a utilissimi riscontri vostri su Instagram e Twitter) per poi partire con il confronto tra le collane di Sfera Ebbasta e quelle di Pietro Aretino, il re della trap nostrana e l’intellettuale forse più potente del Rinascimento.

Trentacinque settimane dopo, eccoci sulla soglia di una nuova estate, il cui inizio sto per celebrare con uno splendido nuovo festival letterario a New York, Multipli Forti, in compagnia di molte voci cruciali della narrativa italiana contemporanea. Mi pare sia dunque il momento di fare qualche bilancio, di prendere fiato. Anche perché questa prima galleria di oggetti che tradizionalmente – o inaspettatamente – si associano al genere di cui non si parla quasi mai quando si parla di genere sono destinati (spoiler alert!) ad abitare le pagine di un libro su cui lavorerò nelle prossime settimane, e che spero vada a finire nelle mani dei maschi a cui ho pensato tutto l’anno scegliendo le cose settimanali da raccontarvi in queste lettere.

Illustrazione originale di Didier Falzone per Cose da maschi

L’idea per questa trentacinquesima uscita è in realtà venuta dal mirabile ingegno di Didier Falzone, che ormai dai tempi della tuta (si era in gennaio credo!) illustra con incredibile acume ognuno dei miei pezzi. Mi ha scritto, inviandomi questo collage di assoluta eleganza, che il fermacravatta vero applicato all’inconfondibile carta ruvida delle sue silhouette colorate si aggrappa al nodo dell’emblematico accessorio maschile come volesse giustificare la propria presenza.

Dall’orecchio che si stacca dal profilo, dalla pagina, pende poi un orecchino, vistosissimo e quasi invisibile anellino discreto, ben più sottile dell’altro gioiello ma anche meno giustificabile. Su queste addizioni metalliche a carni e tessuti che formano un maschio al contempo normativo e sovversivo Didier ha costruito una polarità elettrica, un abbraccio che è anche lotta grecoromana, una contraddizione indistinguibile dall’alleanza. Non serve neanche un articolo a questa vignetta, prodigiosamente eloquente, che è già diventata lo screensaver del mio iPad. E tuttavia, ne ho scritto uno.

Trentacinque numeri fa, aprivo Cose da maschi sulle collane, appunto. Sono andato a riaprirmi la primissima newsletter, che diceva: «Siamo abituati a pensare alla gioielleria maschile come a una roba di orologi, fermacravatte, gemelli e altri discreti ori signorili, con un controcanto di catenine, anelli e bracciali sottili e cafoni».

Mi pare di essere cresciuto, come osservatore del maschile, da allora: di aver sviluppato qualche risorsa e imparato a percorrere strade mentali più impervie, più interessanti. Non ci credo più per niente alle dicotomie, o meglio mi risulta più facile oltrepassarle scegliendo terze opzioni. E dunque mi pare di offrire un’elegante credenziale di arco compiuto ragionando, nove mesi dopo, intorno alla «gioielleria maschile» su cui allora glissai e che ora mi intriga, mi sembra promettente.

Vi propongo dunque un’ulteriore contraddanza a quella iniziale fuga a due voci tra il signorile e il volgare, trattando dei preziosi virili che sono signorili proprio perché percepiti come volgari.

Trovate come di consueto l’articolo già qui su Domani online, e sabato lo troverete in edicola sul giornale cartaceo. Parto dai miei ori: quegli oggetti tendenzialmente utili (o disperatamente alla ricerca di una plausibile utilità) che quasi tutti i ragazzi di schiatta cattolica ricevono alla prima comunione, alla cresima. Sono presenti che mettono un’ipoteca sul futuro, doni da zia, suggelli di uno scambio normativo rassicurante che, tuttavia, avrei scambiato in blocco per un orecchino.

Impossibile però ottenere un simile gioiello inutile, senza funzione, che rischia agli occhi della mitologia di genere di trasformarti in “galeotto o pederasta”, come vuole la leggenda, a seconda dell’orecchio ingioiellato. Da questo dato di memoria l’articolo diventa un ragionamento sul dandy, grazie all’aiuto di Baudelaire e di Agamben, e sulle opzioni di brillante effeminatezza sovversiva che Ruggiero finisce per non imboccare nell’Orlando furioso, risolvendosi a portare avanti la trama invece che a godersi gli incanti di una strega.

Le cose da maschi che preferisco, ormai si sarà capito, sono quelle che inceppano i rodati meccanismi in cui automaticamente ci muoviamo, credendo di corrispondere a corpi e simboli e immagini invariabili e naturali. Si tratta talvolta di protezioni che non tengono, o che tradiscono le fragilità che dovrebbero negare; talvolta di addendi che si dimostrano più sostanziali del neutro manichino che dovrebbero decorare impermanenti. Talvolta sono interruzioni di materiali consueti, talvolta strumenti che invece continuano e portano all’ennesima potenza, moltiplicandoli, tratti altrimenti regressivi o invisibili della virilità.

In questo caso si tratta di pendagli: cose che minacciano di impigliarsi ad altre cose, che impongono accortezze ed eleganze solitamente interdette alla performance del maschile. Spero che, come ormai sempre accade, mi scriverete per email o sui social per dirmi cosa ne pensate.

Prendiamoci ora almeno un paio di settimane di vacanza, in cui però non escludo di pubblicare e diffondere anche via newsletter i pezzi fichissimi di altri per la rubrica che sono nati da conversazioni scaturite da queste lettere – pare che sia in arrivo un terzo contributo di Lorenzo Gasparrini ad esempio, nonché un articolo assai oltraggioso del mitico Luca Fontò che mesi fa ci istruì sul genere dei colori. Le cose da maschi mie torneranno più avanti, magari in un formato nuovo rispetto all’oggetto della settimana, che fin qui ci ha accompagnato con geometrica regolarità. Vi sono grato, gratissimo, per le interazioni che nascono da questi materiali e da queste idee.

© Riproduzione riservata