Tre donne, tre mondi letterari e tre generazioni diverse si incontrano per caso a Parigi. Sono storie di donne che attraverso la scrittura affermano la propria esistenza. La storia di una diventa la storia di tutte.

Nei giorni vissuti a Parigi, Valeria Nicoletti si è messa in viaggio alla scoperta della vita e della poetica di due autrici tra loro diverse, Annie Ernaux e Goliarda Sapienza. Da questo incontro è nato Incendiare il buio (Collettiva, maggio 2023), il primo libro di Valeria Nicoletti, laureata in letteratura francese, specializzata in noir d’oltralpe, scrittori migranti francofoni e autobiografia contemporanea.

È un saggio che mette in relazione tre donne: due grandi scrittici, colte nel loro costante divenire, e una lettrice appassionata e consapevole che dalla comparazione di quei loro testi ricostruisce le tappe di una vita che accomuna ogni individuo e nello stesso tempo lo rende unico.

«Ogni storia individuale si allarga, prende respiro, fino a diventare collettiva, quindi universale. Il personale diventa politico, il presente diventa storia», ricorda Nicoletti strizzando l’occhio alle femministe italiane degli anni Settanta. Incendiare il buio dunque fa conversare, «a distanza di decenni e chilometri, due voci femminili che si battono per sbarazzarsi di un certo determinismo, di un “destino coatto” avrebbe detto Sapienza, sessuale e sociale, che rischia di ingoiare la loro libertà d’espressione.

Che lottano per essere ascoltate, in quanto persone, esseri umani, utilizzando lo strumento dell’autobiografia per situarsi nel paradigma letterario contemporaneo, rispondendo all’urgenza di raccontare le proprie storie personali, per farle esistere, perché diventino pubbliche, collettive».

Prima persona

Ma cosa accomuna queste due donne così diverse che in realtà non si sono mai conosciute? «Entrambe hanno scelto la prima persona singolare per narrare la propria vita. Ernaux con una scrittura tagliente, che lei stessa definisce “autosociobiografia”, e con uno stile stringato, piatto, telegrafico. Sapienza, invece, con una scrittura bollente, che mescola i piani temporali e i personaggi, in una polifonia di voci.

Le due, in fondo, avevano orrore dell’espressione “scrittura femminili” e aspiravano, centrando l’obiettivo, a fare dell’autobiografia uno strumento che possa parlare a tutti. Tutte e due hanno poi rifiutato di essere assorbite dal femminismo attivista, scegliendo di esprimersi attraverso la scrittura. Lo scrivere, il raccontare le proprie esperienze, è stato per loro l’impegno femminista per eccellenza. Per Goliarda, per esempio la creazione del personaggio di Modesta, protagonista de L’arte della gioia, è la rivincita della scrittura sulla vita.

La sua personaggia è la “carusa tosta” che vive in profondità e ai margini, che si prende, senza vergogna, tutto quello che c’è da prendere nella vita, senza la paura di esistere, “incendiare il buio”, o procurare la morte, e infine rinascere tante volte quante ne servono per essere se stessa.

Infine, entrambe hanno scelto di tradire le famiglie di provenienza, famiglie diversissime tra loro eppure allo stesso modo ingombranti, quella di Ernaux imbrigliata nel quotidiano abitudinario della provincia francese, quella di Sapienza, quasi un clan di intellettuali e politici impegnati che nel loro antifascismo, per citare Sapienza, “erano un po’ fascisti”».

Raccontarsi per esistere

Mentre studiava letteratura comparata alla Sorbona di Parigi e dopo aver avuto il suo primo figlio, Valeria Nicoletti racconta di aver vissuto un tempo dilatato di letture e solitudine. «Ernaux e Sapienza hanno risposto a urgenze che erano anche le mie, come quelle sulla maternità, sul viaggio, sull’affacciarsi alla vita adulta. Mi sono rispecchiata nei racconti sulla casa che d’un tratto può diventare una gabbia dorata, sulla vita d’interni cui le donne spesso sono confinate. Una vita d’interni che, come diceva Camus, è tutto il contrario della vita interiore».

Così mentre affrontava la maternità, una «deflagrazione di tutti i progetti e i piani», anche lei, come Ernaux e Sapienza, ha sentito il bisogno di raccontarsi per esistere. «La presa di parola alla prima persona singolare ha inevitabilmente una valenza politica, quella di riprendersi la realtà, di raccontare la propria versione della storia, di farsi portavoce anche di minoranze esiliate dalla rappresentazione letteraria».

Da Parigi al Salento

Se Incendiare il buio è il suo primo libro, Nicoletti ha con la scrittura un rapporto di lungo corso nato con il giornalismo per diverse testate locali, nazionali e internazionali, tra il Salento, la Francia e gli Stati Uniti. «Ho scritto a lungo in una redazione, quindi per me la scrittura è stata soprattutto un lavoro di trincea, tra telefonate e riunioni. Ma non sono riuscita a conciliare giornalismo e maternità».

Perciò preferisce la scrittura personale: «Un luogo cui fare ritorno, un orizzonte che attende e che fa sentire a casa. Citando Ernaux, scrivere è innanzitutto aprire la gabbia, avere il diritto di scrivere quanto vediamo o ci succede, perché, finché non lo scriviamo, tutto questo non esiste. Quando invece la parola è scritta, non smette di essere». Così è approdata «nelle stanze accoglienti di Collettiva, una casa editrice indipendente di base a Lecce, che fa dell’editoria un vero e proprio impegno femminista, pubblicando voci e libri ritenuti necessari».

Oggi Valeria Nicoletti, dopo dieci anni in Francia e qualche mese negli Stati Uniti, è tornata nel suo Salento con il marito e i tre figli. «Tornare a vivere al sud è stata una scelta molto tormentata, lo è ancora oggi. Abbiamo attraversato la fase dell’entusiasmo, poi del disincanto, oggi siamo molto pragmatici e, sebbene non tolleriamo alcune abitudini e modi di fare, ci siamo costruiti la nostra vita e abbiamo voglia di spenderci qui per cambiare qualcosa. Mi impegno ogni giorno per non cadere nella trappola della provincia, per mantenere uno sguardo che cerchi l’alterità. È facile sentirsi marginali in queste lande estreme, ma è bellissimo costruire reti pulsanti, è una sfida».

Parigi però le è rimasta nel cuore. «È la città in cui sono diventata grande. La mia poi è una famiglia italo-francese, quindi mi sono portata un po’ di Francia in valigia». Sul suo blog Au vent mauvais ama definirsi “traveler in residence”, «un’espressione che ho preso in prestito da una scrittrice che ammiro molto, Maeve Brennan, purtroppo ancora poco conosciuta. Mi impegno ogni giorno a non considerare questo angolo di mondo, geograficamente margine, una provincia dell’anima».

Oggi è insegnante di lingue e di sostegno. «Sono ancora precaria anche se, avendo collezionato traballanti esperienze di lavoro nel privato, devo dire che precaria non mi ci sento affatto. Anzi, cambiare scuola mi aiuta a conoscere realtà diverse e a imparare sempre da colleghi e alunni». Ed è impegnata come volontaria sul fronte sociale, si occupa di diritti delle partorienti e dei neonati e anima laboratori di lettura per bambini e ragazzi.

È anche guida turistica in Puglia: «È una professione che mette insieme il viaggio, la narrazione e la relazione, ne sono molto affascinata». Nel suo girovagare però i luoghi che visita più spesso sono le parole. Così, immersa «nell’universo fantastico di Margaret Atwood e nell’epica di Madeline Miller», oggi viaggia in direzione della fiaba.


Incendiare il buio. In viaggio con Annie Ernaux e Goliarda Sapienza (Collettiva 2023, pp. 170, euro 14) è un libro di Valeria Nicoletti

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