Cose da maschi

Per calzare la maschilità occorre a tutti un infilascarpe

  • In una compostamente tragica e splendida poesia di Montale, l’infilascarpe diventa metafora di un cortocircuito tra rimpianto e imbarazzo. Da studente non riuscivo a immaginarmelo questo correlativo oggettivo, perché il poeta lo descrive come un “cornetto” mentre io ero abituato a lingue di plastica o bachelite, che da piccolo usavo come spade nei miei giochi.
  • Immaginando la performance del maschile come una scarpa da uomo, nuova e rigida, da calzare, l’infilascarpe cantato in Satura potrebbe semmai diventare una chiave, invece che una spada. Ma allora all’imbarazzo di Montale se ne aggiunge forse un altro: quello di aver bisogno, per stare comodi nella propria supposta natura, di un grimaldello.
  • Più che una chiave infatti, l’infilascarpe è un piede di porco che ci ricorda come dall’identità (e non solo quella di genere) ci divide sempre un uscio senza serratura, da scassinare.

Uno dei tratti caratteristici della mia maschilità mi è sempre parso il passo pesante, la tendenza alla tallonite tradita dal collo delle mie calzature, tipicamente un po’ sfondato. Da che ho memoria odio i lacci: cerco di infilarmi e sfilarmi le scarpe senza chinarmi né sedermi, col solo gioco di tacco e punta dei piedi, e così le deformo, facendole più facili ma anche meno presentabili. Fantastico, senza il coraggio di esplorarne le opzioni adulte, di bambineschi strappini al velcro, dei fu

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