«Vogliamo allargare lo spettro editoriale, puntare a un pubblico trasversale con professionisti di peso». Nelle parole di Pier Silvio Berlusconi, pronunciate nell’ambito della presentazione dei palinsesti Mediaset per la stagione 2023/24, si può intravvedere il senso delle operazioni che hanno caratterizzato nelle ultime settimane l’operato del gruppo di Cologno Monzese. La morte del fondatore e padre dell’amministratore delegato ha accelerato un processo di riarticolazione dell’offerta televisiva nazionale che era già in atto e che vede nell’avvento al governo di una coalizione trainata dalla destra un punto di svolta decisivo e non secondario.

Un’estate segnata da infinite sliding doors, tessere di un puzzle impazzito che ha rimescolato volti e programmi storici e rimesso in moto un sistema che sembra ora entrare in una nuova stagione. Fazio e Littizzetto via dalla Rai e approdati a Warner Bros. Discovery (ma per l’attrice torinese si profila uno spazio anche nell’intrattenimento dello stesso Biscione), Lucia Annunziata e Serena Bortone pure, non senza polemici riferimenti a un nuovo corso politico del servizio pubblico ancora tutto da decifrare.

È insito nella logica stessa della competizione il fatto che a ogni azione corrisponda una reazione, che ogni movimento ne induca altri; come nel calciomercato un acquisto o una cessione possono attivare una serie di spostamenti e triangolazioni, così nel panorama televisivo liberare una casella significa implicitamente dare il via a successivi incastri e contromosse, spesso inattesi, quasi sempre discussi.

Gli ultimi giorni hanno visto Mediaset come perno di una serie di trasferimenti eccellenti, luogo nevralgico nel quale si stanno consumando arrivi e partenze, dolorosi e inesplorati, in cui alle ragioni editoriali sembrano mescolarsi anche valenze profondamente simboliche. Tutto ruota intorno a tre volti femminili, icone di mondi (stili, canali, storie professionali) diversi che si trovano intrecciati in questi primi vagiti della nuova èra televisiva post-Cavaliere: Barbara D’Urso, Bianca Berlinguer, Myrta Merlino.

L’essenza del berlusconismo

LAPRESSE

L’allontanamento della D’Urso dal pomeriggio di Canale 5 non può certamente passare inosservato; la conduttrice napoletana ha rappresentato negli anni l’anima della tv “popolare” berlusconiana, un’innata capacità di connessione con certi strati del pubblico della rete, il rintocco dell’appuntamento quotidiano, una naturale empatia che veniva da lontano, e cioè dal fatto di aver militato per oltre quarant’anni nell’azienda, approdata alla corte di Berlusconi già dai tempi di Telemilano 58, l’antenata di Canale 5, agli albori della stagione delle tv private e di certi fermenti creativi e linguistici.

Associata spesso all’idea e al concetto di “trash tv”, Barbara D’Urso può rivendicare di aver condotto (soprattutto nell’ultimo periodo) programmi riconducibili in realtà alla testata giornalistica del gruppo (da Mattino Cinque e Pomeriggio Cinque a Domenica Live e Live – Non è la D’Urso).

La conduttrice ha incarnato l’essenza del berlusconismo televisivo, quella commistione tra cronaca e intrattenimento talvolta debordante, pruriginosa, solleticante l’emotività di un pubblico abituato agli eccessi più che alla misura.

Ecco, allora, che è anche e soprattutto in questa direzione che vanno lette le scelte effettuate da Berlusconi jr. che, liquidata la D’Urso, ha puntato su altri due nomi femminili dell’informazione generalista: Bianca Berlinguer e Myrta Merlino. Rai3 e La7 la rispettiva provenienza: quanto di più distante, nell’immaginario e nell’identità, dall’universo Mediaset che pure, con Retequattro, ha saputo costruire nel corso degli ultimi anni la più significativa e originale operazione di riverniciatura di un canale, trasformato da un rifugio di telenovelas a un presidio informativo costantemente “acceso” con talk show, speciali, rubriche. Ed è qui che approderà la giornalista ex conduttrice di Cartabianca, sia con un appuntamento settimanale in prima serata sia, più avanti nella stagione, con lo spazio quotidiano di Stasera Italia al posto di Barbara Palombelli, nella fascia pregiatissima dell’access prime time.

Falsa equazione

LaPresse

Ciò che fa discutere, e che per molti osservatori è considerato un azzardo, è la scelta di una personalità ritenuta una bandiera della sinistra politica (con il cognome ingombrante del padre, ex segretario del Pci, a stabilire un’appartenenza naturaliter antitetica alla storia di Cologno) e televisiva, dati i suoi trascorsi al Tg3 di Sandro Curzi (la cosiddetta “TeleKabul” a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta), testata di cui poi assumerà anche la direzione. Esponente di un’informazione rigida, schierata (che non coincide necessariamente con faziosa), tendente al pedagogismo, da ceto medio riflessivo nonostante i tentativi di ravvivare la platea: il sodalizio con Mauro Corona e le ospitate di Alessandro Orsini come concessioni alla regola non scritta del talk, quella della polarizzazione costante e della provocazione elevata a sistema.

Pier Silvio Berlusconi ha puntato dritto su di lei, vedendo nel suo stile quella “professionista di peso” di cui evidentemente sentiva il bisogno, provando ad andare oltre gli steccati eretti in un contesto di duopolio che oggi assume contorni sempre più vaghi e sfumati. Del resto, l’equazione Rai3 = sinistra sopravvive più nelle prassi di una certa semplificazione giornalistica e nel legame affettivo di un pezzo di pubblico che non nella composizione “ideologica” dell’offerta.

Certo, per la Berlinguer calarsi nella trincea dell’appuntamento quotidiano è una vera sfida, in una fascia che nell’informazione ha Lilli Gruber su La7 come riferimento al momento ineguagliato.

L’arrivo di Merlino

LAPRESSE

E proprio da La7, da un canale generalista che assume spesso i connotati da rete all news e che si esalta nel racconto (e nella chiacchiera) in tempo reale dell’attualità, arriva l’altra grande novità di casa Mediaset: Myrta Merlino, che lascia L’aria che tira dopo dodici anni e che proverà a non far rimpiangere la D’Urso nel pomeriggio di Canale 5. Contesti diversi, pubblici diversi, ambizioni di audience diverse: la giornalista ha capacità di mediazione con gli ospiti e di “traduzione” delle complessità della politica nel linguaggio comune dell’uomo della strada. Basterà? O pagherà lo scotto di un’inevitabile estraneità del suo nuovo pubblico di riferimento?

Quel che appare evidente è la sferzata impressa da Berlusconi jr.: scelte forti, spiazzanti, divisive e notiziabili. Innesti dettati dalla volontà di segnare uno scarto con il passato, di recuperare sobrietà considerando anche le sue non infrequenti esternazioni sulle derive di certi reality show: «Ci sono limiti che non vanno superati. Ci siamo distratti, la colpa è stata nostra». L’èra della tv post-Berlusconi (padre) è appena cominciata.

© Riproduzione riservata