Chi ha paura dei racconti? Il mercato, sembrerebbe.

Occhi al cielo, labbra serrate e una scrollata di spalle. Queste le reazioni con cui qualunque editor o agente letterario risponderebbe alla proposta di un esordiente, e non solo, di fronte alla sua silloge dattiloscritta. I racconti non si vendono. Il pubblico ha bisogno di immedesimarsi, ha fede solo nella proporzione tra lunghezza e piacere. La brevità è fredda, impersonale; come faccio a ritrovarmi nelle pagine? Passare da una storia all’altra, poi, è troppo faticoso.

Il racconto è innocuo, pensano i più. Non mi prende, la maggior parte delle volte neanche li capisco… Eppure, se guardiamo più da vicino i romanzi contemporanei non ci sfuggirà una sorta di inconsapevole travestimento: narrazioni frammentate, veloci, episodiche; capitoli apparentemente slegati, tenuti insieme da una voce, una visione, una tensione; eterogeneità delle tematiche, espedienti extradiegetici. Insomma, tutte cose che una silloge fa più o meno dalla sua invenzione. 

Volendo applicare il concetto di vivibilità anche all’editoria, tra i numerosi indicatori economici e sociali bisognerebbe inserire proprio la narrazione breve. L’eudemonia – la felicità come scopo della vita umana – passa anche attraverso la buona tenuta della letteratura: una bibliodiversità che sostiene il nostro benessere e che solo il racconto consente appieno. Ahinoi, esso trova invece pochi spazi di espressione. Relegato in forme di sperimentazioni paraletterarie, e nonostante quella fucina sempre in combustione che sono le riviste letterarie, il racconto attraversa ancora una fase infelice nel nostro paese.

A ben guardare, solo chi ama i racconti e li legge sa quanta paura facciano davvero, quanto siano efficaci come strumento di immedesimazione (o contro di essa!) e con quanta potenza riescano a scavare e insinuarsi in anfratti personali da cui vengono difficilmente rimossi. I racconti spesso devono chiudersi male, o bruscamente, per essere riusciti. Sono polaroid dell’attimo prima che tutto accada, o quando ormai è già tutto finito, troppo tardi. In questo sono più simili a certi giorni della nostra vita di quanto i romanzi lo saranno mai. La loro imprevedibilità, alcune loro feroci eruzioni.

Ma, certo, devono essere di qualità.

In questo scenario per nulla scontato e in vivace fermento, conforta l’audacia che Danilo Bultrini e Luca Verduchi – forti dell’esperienza di Alter Ego, casa editrice che proprio quest’anno spegne dieci candeline – hanno dimostrato dando vita a Tetra, una nuova casa editrice di racconti singoli.

Il progetto

Quattro volumi, il quattro del mese, quattro volte l’anno, in formato quadrato e al prezzo di 4 euro. Non sillogi ma racconti singoli e inediti – 80 pagine circa per volume – di scrittrici e scrittori tra i più interessanti del panorama letterario, con la sfida di proporre una lettura di qualità accanto all’esperienza della brevità. I volumi numerati sono poi corredati da splendide illustrazioni di copertina con effetto collage.

Il direttore editoriale è Roberto Venturini (in dozzina al Premio Strega nel 2021 con L’anno che a Roma fu due volte Natale, SEM) che ha raccolto la sfida con l’ambizione di creare uno spazio di assoluta libertà per le autrici e gli autori coinvolti, alcuni dei quali, nonostante l’esperienza, approdano al racconto per la prima volta.

Per le prime quattro uscite, il 4 maggio, Venturini ha voluto il contributo di Andrea Donaera, Paolo Zardi, Emanuela Canepa e Valerio Aiolli.

I primi quattro volumi

Ad aprire la serie è il racconto La notte delle ricostruzioni di Andrea Donaera (scrittore salentino al secondo romanzo – Lei che non tocca mai terra, NN Editore 2021). La potenza della punteggiatura e il linguaggio poetico tengono insieme i frammenti, come un’opera di puntello che si fa garante delle parti di un palazzo dopo una forte scossa di terremoto: il trauma famigliare. La mente del protagonista infatti non ricorda, ricostruisce. Tira fuori piccoli pezzi di sé dalle frane, e li usa tra prosa e poesia per costruire un nuovo solaio. Sotto di esso, però, l’hikikomori preferisce la tana alla vita, oppure spera di diluirsi davanti allo schermo di un computer, mentre madre padre amici e amore già si sciolgono tra le sue gambe. “C’è un’altra notte, nella semiosfera del tu che eri.”

La coppia è al centro di Ultimo raccolto di Paolo Zardi (scrittore padovano di romanzi e racconti, in libreria con l’ultimo romanzo Memorie di un dittatore, Giulio Perrone Editore 2021). Lui e lei sono alle battute finali, intorno c’è una natura che cambia e si evolve. Prima rifugio immutabile, poi occasione di un orizzonte diverso, uno spazio aperto senza soluzione di continuità. Il paesaggio della storia di Zardi non è solo uno sfondo. Il rapporto tra scienza e natura – temi molto cari allo scrittore – sembra suggerire un rinnovamento di sguardo, come se la posizione dell’uomo nel cosmo non fosse più valida. C’è ancora posto per noi? Forse, a patto di dimenticare tutto quello che crediamo di sapere delle persone che amiamo.

Valerio Aiolli col suo X – Una caccia (in dozzina al Premio Strega 2019 con Nero Ananas, Voland) racconta una caccia all’uomo dai contorni quasi caricaturali, in stile Killing Eve o Prova a prendermi, che però nasconde una matrice spionistica così verosimile e concreta da affondare nei segreti della Prima Repubblica. Un gioco del gatto e del topo in cui preda e cacciatore hanno i contorni sfumati, in cui ogni passo alla ricerca dell’inseguito pone all’inseguitore un acceso dilemma: come entrare nella testa dell’avversario senza perdere se stessi?

La piccola protagonista del racconto Quel che resta delle case di Emanuela Canepa ricorda una delle sorelle Blackwood di Shirley Jackson, per il suo sodalizio con una natura selvaggia che invece di spaventare nutre le zone più oscure. Perché “si può offrire aiuto solo a chi ammette l’esistenza dell’ombra”. La casa in cui viviamo si carica di dolore, si impregna di vissuto, si fa contenitore metafisico e poi rigetta sotto forma di fantasmi le ossessioni accumulate. La scrittrice (che ha esordito con Einaudi dopo la vittoria al Premio Calvino nel 2017, e in libreria con Insegnami la tempesta, Einaudi 2020) mette in risalto gli aspetti magici e primitivi alla base di ogni nuovo adattamento, gli incantesimi che siamo in grado di praticare grazie alle tradizioni e al valore della parola. Il lascito di una nonna per una bambina che attraversa l’infanzia.

Già in cantiere per prossimi appuntamenti di Tetra- le storie, tra gli altri, di Romana Petri, Eduardo Savarese, Giorgia Tribuiani, Antonio Moresco e Daniele Petruccioli, giusto per citarne qualcuno in anteprima. Inganniamo l’attesa coraggiosamente leggendo racconti.

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