Il magma letterario si sta allontanando dalla realtà. Lo dice bene Marco Malvestio nel suo articolo New Italian Weird? Definizioni della letteratura italiana del soprannaturale nel nuovo millennio pubblicato a settembre sulla rivista The Italianist: «Negli ultimi anni, in Italia, si ha l’impressione di trovarsi davanti a una fioritura di poetiche che, per comodità di definizione, si potrebbero chiamare anti realistiche».

L’articolo continua dicendo che la critica fino a pochi anni fa salutava con decisione un ritorno al reale e al realismo, mentre oggi agli scrittori italiani sembra interessino forme di scrittura che prendono una strada completamente opposta. Malvestio calibra la sua analisi su generi come l’horror e la fantascienza sottolineando come, nonostante l’allontanamento dal reale, quelli siano invece strumenti speculativi utili a raccontare proprio la contingenza più urgente e palpabile – nel suo recente saggio Raccontare la fine del mondo. Fantascienza e antropocene (nottetempo, 2021) analizza tutto nel dettaglio.

Prendo in prestito lo sguardo del giovane critico e lo utilizzo anche su un altro genere che sembra tornato in voga in molti libri italiani di qualità: la fiaba e la favola – termini con una poderosa tradizione alle spalle, che meritano di essere (ri)maneggiati con cura.

Con approcci differenti, fiaba e favola stanno tornando massicciamente in libreria. E sono efficaci. Vanno da opere pensate per un pubblico di giovanissimi a testi che riformulano il fiabesco in riscritture perturbanti, passando per un riappropriarsi dello schema dei racconti folklorici o delle favole dotate di morale. Tutte quante, comunque, delineano l’umano e il reale con giochi metaforici inediti.

Scrittura magnetica

Un bell’esempio, passato forse leggermente in sordina, è la fiaba dall’altissima temperatura La penultima magia (Einaudi, 2020) di Tiziano Scarpa (che è anche collaboratore di Domani), dove un mondo ulteriore (mentale, interiore) ospita l’avventura di una nonna e una nipote con esiti commoventi e riflessivi, in una narrazione che può potenzialmente appassionare un pubblico trasversale.

Invece, in un mondo molto vicino alla concretezza di quello che ci circonda – con il suo ventaglio di allarmi climatici e crolli socioculturali – prendono vita le storie di un altro importante protagonista del revival fiabesco: Milo, il gatto nato dalla fantasiosa penna di Costanza Rizzacasa D’Orsogna. I bestseller Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare e il nuovo Storia di Milo, il gatto che andò al Polo Sud (Guanda, 2018 e 2021) sono storie rivolte a bambine e bambini, certo, ma che si sporcano le mani con temi attuali come il rispetto per ogni corpo, la salvaguardia del pianeta, la tutela della libertà di essere sé stessi. Lo fanno con una scrittura che quasi per incanto riesce a risultare magnetica anche per gli adulti, in intrecci che non hanno mai una fredda posa pedagogica, ma un respiro romanzesco.

Da Pixar a Camus

Un ulteriore episodio che si immette con decisione nella semiosfera del fiabesco (e del fantastico) per realizzare un testo di elevata statura letteraria è Io sarò il rovo. Fiabe di un paese silenzioso (effequ, 2021) di Francesca Matteoni: una raccolta di storie dove la fiaba si scrolla di dosso qualsiasi manto morbido, qualsiasi patina edificante, per immettersi nei sentieri oscuri del traumatico e dell’inconscio collettivo, ritornando al suo statuto originario. La scrittura di Matteoni, poetica e ammaliante, crea un sotto-mondo allusivo di segni (e sogni), con creature che popolano l’immaginazione di chi legge e creano un testo incantato, difficilissimo da mollare.

Espressioni come «fiaba nera» o «favola oscura» stanno popolando sempre di più il paratesto di tanti libri messi in commercio, e non è un caso: al netto dell’abuso di certi termini a fini promozionali, è effettivamente evidente che sono diversi i testi che inseguono in varia misura queste definizioni, pur non identificandosi con esse esplicitamente.

Non può non saltare all’occhio l’ottimo romanzo d’esordio Il buio non fa paura (NNE, 2021) di Pier Lorenzo Pisano che è effettivamente una fiaba dark e densa, dove un’atmosfera alla Ammaniti incontra i fratelli Grimm in una messinscena letteraria dal forte sapore cinematografico. Così come è del tutto basato sul meccanismo della favola un altro esordio eclatante, I miei stupidi intenti (Sellerio, 2021) di Bernardo Zannoni: il Bildungsroman di una faina che scopre il mondo, la vita, sé stessa, l’alterità, gli umani (e Dio) in una narrazione che spicca per precisione stilistica e per profondità emozionale – la quarta di copertina del libro, tra l’altro, sintetizza molto bene gli ingredienti di cui pare composta l’opera: condensa in sé un film Pixar a un personaggio di Camus.

Uno spazio ulteriore

Questo popoloso ritorno alla fiaba, riprendendo la prospettiva di Malvestio, non è una fuga dal mondo ma è anzi il desiderio letterario di raccontare il presente. Per farlo, però, servono formule in grado di liberare chi legge da quella realtà contingente che risulta altrimenti inenarrabile, se vista senza filtri e troppo da vicino. È come se le vicende umane non fossero sufficienti per raccontare sé stesse. C’è bisogno quindi delle avventure di un gatto o di un bosco dove avvengono eventi magici, c’è bisogno di uno spazio ulteriore, di mondi che non esistono per spiegare quel mondo così vero da risultare schiacciante.

La fuga dalla realtà procede dunque più spedita che mai, creando nuove estetiche o addirittura nuovi micro-canoni. Si pensi al “new-weird”, ad esempio: un approccio letterario che grazie a questa sensazione di impotenza di fronte a una realtà sempre più stretta e dolorosa costruisce universi che esondano – lisergici, paradossali, fuori misura e disordinati in maniera inquietante, come Antonio Moresco ha insegnato.

Bellissimi esempi attuali su questa linea sono certi libri di racconti (scelta formale non casuale): Neroconfetto (Racconti, 2021) di Giulia Sara Miori, dove il meccanismo del capovolgimento della realtà attraverso processi narrativi bizzarri è del tutto affidato alle capacità stilistiche dell’autrice, la quale disvela crudelmente i fingimenti del nostro vivere contemporaneo; Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa (Pidgin, 2021) di Francesca Mattei, opera prima capace di destabilizzare chi legge con una sequenza di racconti lynchiani e grotteschi, in uno spazio mentale che sembra lontanissimo da ogni realtà ma che, anche in questo caso, ha fin troppo a che fare con il nostro squallore quotidiano.

Rinascimento del fantastico

Specialmente nella media e piccola editoria, la corsa verso queste movenze fantastiche è febbrile, purtroppo archiviate le esperienze della narrativa di Tunué e della collana Altrove di Chiarelettere, continuano a spiccare in questo senso l’intero catalogo dell’editore Wojtek, certi titoli di Polidoro editore, certe scelte nella collana di narrativa di Aguaplano e alcuni esordi editi da Il Saggiatore, come l’interessantissimo Arruina. Una favola oscura di Francesco Iannone (2019).

Un rinascimento dunque del fantastico, del fiabesco, della favola, nato forse anche con la complicità di quello che si può ormai definire “ricambio generazionale”: nel mercato si affacciano opere di rilievo di scrittrici e scrittori esordienti dotati di un immaginario composito fatto non solo di libri, ma anche di cinema, manga, serialità televisiva, fumetto, anime. Per loro, spostarsi tra reale e fantastico, tra romanzo e fiaba, tra racconto e favola, appare naturale, quasi inevitabile.

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