E se non bastasse credere che trasformare lentamente le nostre città in foreste, in boschi, in arboreti, possa risolvere nemmeno il più piccolo dei problemi? Stando alla vulgata universitaria e giornalistica, in termini di ecologia e sostenibilità, piantare alberi ovunque è diventata la soluzione univoca e irrevocabile.
Ma perché?

Questa nuova moda di pensare le città quali congregazioni arboree e vegetali ci aiuterà o no? Come non amare uno di quei lunghi e ombrosissimi viali a tiglio, o un giardino o un parco fiorito e fronzuto, a chi non piace vedere le persone sdraiate sui prati, raccolte a parlarsi sotto le fronde dei cedri del Libano o incuriositi dalle tavole che raccontano la storia di un albero monumentale fino a ieri ignorato?

Ecologia e libertà

Certo che ci auguriamo periferie verdeggianti e non soltanto casermoni cementiferi dove la gente si dispera perché non ha le possibilità di chi vive nei centri, nei quartieri, nei palazzi bioecosotenibili. Eppure non saranno centomila nuovi alberi per città, non saranno milioni di nuovi alberi che filtrano l’aria a darci qualcosa in più, come umanità. L’uomo non risolverà le ingiustizie cocenti, non fermerà la tragedia del mondo dei poveri che inevitabilmente continuerà a voler oltrepassare la linea di confine, rischiando tutto quel che ha o è per vivere meglio, per avere proprio quello che noi qui sembriamo essere semplicemente in diritto di avere.

Navigando per festival e manifestazioni da un quarto di secolo sempre più spesso si incontrano persone che rivendicano soluzioni per affrontare le grandi crisi della nostra epoca; anche persone che all’apparenza, per ruoli, interessi e attitudini, non sembrerebbero sinceramente preoccupati, davanti ad un minimo pubblico, tendono ad esibire grandi idee e soluzioni certe.

Consumare meno plastica? Ma certo, perché non dovremo farlo. Usare meno energia? Nonostante la nostra quotidianità racconti l’opposto anche in questo caso siamo di fronte a delle possibilità. Disporre di mezzi di trasporto privato e pubblico che non inquinano? Certo che sì. Stampare meno libri abbattendo meno boschi, seppur certificati? Ok. E poi? Case energetiche, domotiche, ben disegnate, in angoli suggestivi? Si proponendo modelli etici, ci ripetiamo allo sfinimento che dobbiamo cambiare, che dobbiamo trasformarci, che le soluzioni sono qui, a portata di mano, basta volerle, dobbiamo essere tutti più giusti, e citiamo sant’Agostino, e citiamo Aldo Leopold, e citiamo Thoreau, e citiamo santo Mario Rigoni Stern, e citiamo il papa.

Siamo cattivi ed egoisti, abbasso il capitalismo – qualsiasi cosa esso sia – e viva l’ecologia, l’ecosofia, l’ecopsicologia, la bioecoarchitettura. Mi sorprendo ogni volta nel constatare che nessuno parta invece dalla constatazione che siamo quel che siamo: l’uomo non sarà mai un San Francesco piccolo piccolo e ordinario, nonostante i proclami: siamo abitanti di un pianeta nel quale prima di tutto vogliamo, anzi, pretendiamo, libertà. L’ecologia nasce da queste cose, prima che dalla ricerca scientifica.

Proteggere gli alberi

Analizziamo brevemente quel che è capitato in diverse città italiane negli ultimi mesi: venti e temporali hanno abbattuto decine di alberi a Milano, a Firenze, a Torino, a Roma. In un mondo che va a fuoco gli incendi divampano, bruciano la California, bruciano le Hawaii, brucia l’Australia e brucia la Sicilia. Piove sempre meno, il caldo aumenta. E gli alberi delle città, lo sappiamo, hanno una vita dimezzata rispetto ai consimili che vivono fuori dalla città, studi internazionali lo comprovano.

Sono ovviamente comprensibili le motivazioni, le esigenze, l’apporto creativo di studiosi, docenti, ricercatori, architetti, botanici, giardinieri, che abbelliscono, adornano le nostre città con le più recenti soluzioni ingegneristiche e avveniristiche. Ma gli alberi come stanno nelle nostre città-forno? Nelle nostre città-traffico? Non bene, quanti viali vengono proposti per l’abbattimento e la sostituzione? E noi ci parcheggiamo sopra, erodiamo il loro spazio vitale, li sottoponiamo a interventi drastici e traumatici, come potature severe, senza parlare dei rumori, del chiasso e di molto altro ancora.

Prima di riempire le città di alberi forse sarebbe meglio capire come proteggerli e come crescerli meglio, come assicurare, se è possibile, una loro esistenza più salutare, adesso, in questi giorni, quanto in prospettiva futura, quando l’acqua sarà meno disponibile, i venti saranno ancora più veementi e pazzi. Allora forse anche la soluzione che viene proposta pappagalmente ovunque potrebbe avere un senso, un piccolo senso, i grandi problemi restano ben altri e lì l’umanità non può credere di farsi degli sconti soltanto perché abiterà il futuro.


Tiziano Fratus parteciperà al Festival UNA SOLA TERRA che si terrà a Brescia dal 22 al 24 settembre, dedicato a ambiente, sostenibilità e biodiversità.

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