Nel processo di regolamentazione avviato in Europa sulla tassonomia verde (la classificazione delle attività economiche che possono essere definite, appunto, “sostenibili”), è arrivato il momento di entrare nel merito. Un merito prima di tutto politico, sul quale il governo è chiamato a esprimersi e a prendere una posizione.

Si tratta di scelte che determineranno la traiettoria al 2050 della transizione energetica, stabilendo quali fonti di energia saranno ammesse a ricevere finanziamenti pubblici e quali invece saranno penalizzate, scelte che andranno a influenzare tanto il quadro geopolitico europeo quanto le politiche energetiche dei singoli Paesi.

Per il governo, non schierarsi contro nucleare e gas e quindi non escluderne le attività da quelle che si possano definire sostenibili, così come fatto da altri Stati membri dell'Unione europea, significherebbe prendere una bella cantonata e perdere un'occasione d'oro.

Gas e nucleare non possono essere considerate fonti sostenibili: il primo, per l’effetto serra amplificato che crea e i potenziali impatti che comporta sul clima (per questo la si dovrebbe considerare soltanto una fonte di transizione); il secondo, non solo per le difficoltà che stiamo ancora incontrando nello smantellamento delle centrali nucleari italiane inattive da 30 anni (un gioco dell'oca con questioni aperte tutte ancora da affrontare e risolvere), ma anche per quelle legate al trattamento del materiale/rifiuto radioattivo, difficoltà che chiaramente aumenterebbero in caso di realizzazione di nuovi reattori.

Se poi si considera che quella solare (lo ha dichiarato l'Agenzia internazionale dell'energia di Parigi) è la fonte più economica di energia mai prodotta e che il processo di decarbonizzazione in corso si baserà su una progressiva elettrificazione dei consumi e su un mix differenziato in cui, tra gli altri, anche l'idrogeno verde e il biometano potranno dare il loro contributo al raggiungimento dei target al minor costo, è evidente che nella definizione delle regole di applicazione dei principi della tassonomia verde nucleare e gas debbano essere annoverate tra le fonti da penalizzare e quindi da tassare.

L’atto del parlamento

Ci aspettiamo che questa sia una posizione che il Governo faccia propria e assuma ufficialmente in sede europea. È quello che gli abbiamo chiesto attraverso una mozione, che mi ha visto come primo firmatario insieme a tutti i membri del Gruppo 5 Stelle al Senato, arrivata quest'estate dopo un botta e risposta con il Ministro della Transizione ecologica sull'insostenibilità e l’inutilità di affidarsi a nucleare e gas nel percorso intrapreso verso la transizione energetica.

A una nostra precedente interrogazione, infatti, il ministro della transizione Roberto Cingolani rispose dichiarandosi contrario a comprenderle tra le fonti sostenibili nel dibattito europeo sulla proposta di regolamento relativo alla tassonomia verde.

Le sue perplessità vertevano sui cambiamenti del quadro strategico delineato dall'Europa che ne sarebbero derivati e sui conseguenti posizionamenti relativi dei singoli paesi. In quella stessa risposta, il ministro riferiva anche che su questi temi era stata trovata una convergenza con la ministra tedesca tale da non escludere nemmeno iniziative congiunte in sede europea.

Per ogni stato membro, a fornire consulenza alla Commissione europea sull'adeguatezza dei criteri di vaglio tecnico e sull'approccio adottato nell'elaborazione dei criteri c'è un gruppo di esperti di finanza sostenibile, che per l'Italia fa capo al Ministero dell'economia e delle finanze (Mef) e che auspichiamo confermi la linea sostenuta dal Ministero della transizione ecologica. L'atto delegato sulla tassonomia verde dovrà essere presentato entro la fine di settembre.

Siamo nel pieno della danza, dunque. È chiaro che si tratti di aspetti che non riguardano solo l'energia, ma molti altri interessi politici e di competitività, e di decisioni che, sul nucleare soprattutto, vanno a impattare decenni di politica energetica.

La ragione per cui in Europa si continua a procrastinare la decisione se definire sostenibili o no le centrali nucleari e il gas naturale è puramente politica e la "cantonata" sopramenzionata sarebbe quella di trovare altre scappatoie per le fossili. La competitività delle rinnovabili, in passato persino troppo sottostimata, è un dato di fatto. Le comunità energetiche rinnovabili, per esempio, sono una realtà, in passato inimmaginabile e giuridicamente impossibile da realizzare, capace di stravolgere strutturalmente il sistema energetico italiano, abbattere le bollette, costruire un consumat(T)ore consapevole e fornire una sequela di vantaggi economici, sociali e ambientali a costo zero (non tirano una coperta troppo corta perché si sostengono da sole).

Il nucleare

Se poi andiamo a guardare anche l'attuale prezzo dell'energia, vediamo che i paesi che producono il nucleare non hanno chissà quali vantaggi in termini di riduzione dei costi, senza dimenticarci che devono comunque fare i conti con il problema delle scorie.

Riavviare la ricerca sul nucleare, considerarla la fonte di energia più pulita e sicura, pensare all'Italia "come unica fessa in Europa", sono affermazioni che solo un Salvini può avere la superficialità di fare, in barba persino agli italiani che si sono espressi con un referendum. Se il problema è affrontare i rincari delle bollette, la soluzione non è di certo pensare al nucleare.

Come ribadito da Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione Europea e responsabile dell’European Green Deal, che lo scorso 15 settembre ha illustrato di fronte al Parlamento Europeo la posizione Ue sul rapporto Ipcc e sul pacchetto Fit for 55, la vera alternativa sono le rinnovabili, i cui costi sono molto bassi rispetto a quelli dell'energia nucleare. La transizione energetica non è certo semplice, ma nemmeno impossibile. E se l'obiettivo è costruire una società prospera, inclusiva, resiliente, sicura, sostenibile e che non lasci indietro nessuno, non abbiamo altre scelte.

© Riproduzione riservata