Il mantra di Forza Italia è: «Siamo essenziali per la costituzione del nuovo governo». Lo ripete ad ogni occasione soprattutto Silvio Berlusconi, che nonostante l’età ha voluto essere il volto della campagna elettorale e si sta impegnando su tutti i mezzi comunicativi possibili. Dopo lo sbarco sui social tradizionali è arrivato anche su Tik-Tok, si spende sia in radio che in interviste quasi quotidiane sui giornali d’area e anche in selezionate trasmissioni televisive per non affaticarsi troppo.

La sua scelta comunicativa è quella di ripercorrere i passi della sua discesa in campo del 1994 e poi della sua rimonta del 2013. Tra le promesse, sono tornati il ponte sullo stretto di Messina e l’inappellabilità delle sentenze di primo e secondo grado, la strategia invece è di puntare sulla sovraesposizione della sua immagine, che paradossalmente è proprio la chiave del successo sulle piattaforme social, dove ammicca e ha rispolverato anche il repertorio di barzellette. Nessun altro parla a nome di Forza Italia, se non il fido coordinatore Antonio Tajani. 

Del resto, dopo l’epurazione di alcuni dei volti più noti del partito a livello territoriale e l’addio dei tre ministri Mariastella Gelmini, Renato Brunetta e soprattutto Mara Carfagna, Forza Italia non ha più volti riconoscibili oltre a quello del leader.

I sondaggi

La paura, ad Arcore, è quella dell’irrilevanza. L’ultimo sondaggio di Noto per Porta a Porta ha sancito il sorpasso di Azione, che con l’8 per cento supera Forza Italia al 7,5. Molto diverso è invece il sondaggio di Ipsos per il Corriere della Sera, in cui Forza Italia è all’8 per cento mentre Azione rimane fermo al 5.

In ogni caso, nei prossimi venti giorni di campagna elettorale l’obiettivo è recuperare i due punti necessari per arrivare alla doppia cifra: il 10 per cento, che rappresenta la soglia oltre la quale FI diventa il tassello essenziale per il centrodestra. Nelle analisi dei vertici, Giorgia Meloni, sta cannibalizzando la Lega e lo scontro a due con Salvini sta producendo un travaso di voti, ma non tocca la fetta di elettorato che guarda al centro. Per questo, Forza Italia punta a costruire una campagna autonoma e parallela, che permetta di recuperare almeno una quota del suo storico voto d’opinione in particolare in quattro regioni: Lombardia, Campania, Veneto e Sicilia. 

Il risultato può essere raggiungibile, anche grazie al traino di una coalizione di centrodestra forte che attira i voti anche di chi non si sente rappresentato dall’estremismo della destra di Meloni ma comunque è orientato a votare in quell’area. Non a caso, Berlusconi ha scelto di discostarsi dal programma di coalizione parlando di «rimodulazione» e non più di «cancellazione del reddito di cittadinanza».

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Con il 10 per cento, Berlusconi conquista la golden share del prossimo governo: sarebbe necessario per costituire la maggioranza e andrebbe debitamente ricompensato, perchè senza la sua quota di voti potrebbero diventare possibili altre maggioranze diverse da quella di centrodestra. 

Il futuro non è prevedibile e l’esito delle urne lo determinerà, ma per ora in campagna elettorale l’interesse azzurro è di spingere per l’unità del cartello elettorale di centrodestra. Infatti la coordinatrice della Lombardia e fidatissimo braccio destro di Berlusconi, Licia Ronzulli, ha scansato qualsiasi ipotesi di alleanze alternative: «Forza Italia dopo il 25 settembre è disposta a governare esclusivamente con la coalizione di centrodestra che si è presentata unita alle elezioni e non ci sarà bisogno di alcuna stampella. Dopo più di 10 anni di maggioranze “accrocchio” adesso è importante votare per una coalizione che si presenta già unita agli elettori». 

I collegi proporzionali

Perchè il piano del 10 per cento vada in porto, FI deve puntare soprattutto a differenziarsi nella proposta rispetto ai due litigiosi alleati. Se nei collegi maggioritari l’accordo di coalizione permette di eleggere senza grossi sforzi i propri candidati che hanno ottenuto collegi sicuri, quella su cui lavorare è la quota proporzionale. Il consenso della lista, infatti, è quello che determinerà il peso di Forza Italia dentro la coalizione e poi in parlamento. Per conquistarlo, il bersaglio più facile è quello di lavorare soprattutto sul voto d’opinione, sfruttando la leva mediatica che Berlusconi è ancora abile a governare.

L’obiettivo del 10 per cento di Forza Italia è determinante anche per la Lega di Salvini, che a sua volta è in difficoltà a causa della fuga di voti verso Fratelli d’Italia, soprattutto nelle regioni del nord che in passato erano state roccaforte leghista.

La premiership è un argomento spinoso dentro la coalizione e, per quanto tutti pubblicamente dicano che Meloni possa legittimamente ambirvi, sia Salvini che Berlusconi la considerano una eventualità che è ancora possibile evitare. Al netto dell’imponderabilità delle valutazioni del Quirinale, dentro la Lega e Forza Italia si ragiona di una possibile fusione tra i due gruppi parlamentari: in questo modo, potrebbe esserci la speranza di superare, anche solo di misura, il gruppo di FdI e in questo modo strappargli il primato di primo partito in parlamento. Questo produrrebbe anche l’effetto di modificare l’ordine delle audizioni per la costituzione del nuovo esecutivo. Per ora, si tratta solo di ragionamenti ad alta voce tra candidati e di ipotesi senza veri ancoraggi pratici.

Tuttavia, tutte le opzioni sono in campo e le prospettive di FI sono tanto più rosee quanto più si avvicinerà alla doppia cifra percentuale. E, per conquistare i nostalgici e gli indecisi che si collocano idealmente al centro, Berlusconi, rimane la migliore e forse anche l’unica risorsa del suo partito.

 

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