«Durante l’incontro a porte chiuse fra conservatori, la vostra premier ci ha detto che si augura che la nostra cooperazione sia più forte che mai», racconta a Domani l’eurodeputato polacco Zdzisław Krasnodębski prima di salire a sua volta sul palco, per moderare uno degli eventi degli Ecr study days, le giornate di studio e dibattito dei conservatori.

Del resto nel giorno in cui Bruxelles ha pubblicato le sue pagelle di democrazia e ha bocciato sonoramente la Polonia, Meloni che ha fatto? Ovviamente questo mercoledì era proprio a Varsavia, a rinsaldare i legami con il governo polacco, all’evento dei conservatori europei. A insistere che le relazioni «sono eccellenti». A ripetere quanto lei e il premier polacco Mateusz Morawiecki siano in sintonia: «A volte ci basta uno sguardo», ha detto.

L’afflato meloniano verso gli alleati del Pis è tale che alla premier capita persino di confondere i confini tra Italia e Polonia: pare che attraversando i viali alberati di Park Łazienkowski, il poderoso giardino pubblico di Varsavia che si estende per una settantina d’ettari, Giorgia Meloni per il trasporto abbia esclamato «mio Dio che bello, sembra villa Pamphili».

I report sullo stato di diritto appena resi pubblici dalla Commissione europea lasciano intendere ben altre somiglianze, tra la Roma dell’èra Meloni e Varsavia: più che di giardini si tratta di derive indemocratiche. Ma su questo la premier ha sorvolato ora proprio come a febbraio, nella sua prima visita in Polonia, quando la aveva pure promossa a «frontiera morale» d’Europa.

«Momentum» conservatore

«Non è un caso che la Polonia sia l’unica nazione che da quando sono premier ho già visitato ben due volte», ha sottolineato Meloni questo mercoledì mattina, fianco a fianco col suo omologo polacco, nel breve intermezzo tra l’incontro a due e l’arrivo al summit dei conservatori. «Il tenore e la profondità dei rapporti», le «eccellenti relazioni bilaterali», l’accordo «nella quasi totalità o totalità dei casi: ci basta uno sguardo per capirci»; l’elenco è lungo, Meloni non ha fatto che lanciare in pasto ai cronisti lusinghe a Morawiecki ed esibizioni di affinità con la destra polacca.

Esiste una precisa ragione politica che l’ha spinta a ostentare un simile trasporto. La premier ha provato anzitutto a sgonfiare i titoli dei giornali sulla «mediazione fallita» coi polacchi sulla riforma del patto d’asilo. E poi – questo è il punto principale – Meloni è impegnata a tenere unita a sé la famiglia conservatrice, mentre al contempo tiene aperto il suo canale privilegiato coi popolari europei, il gruppo nel quale siedono gli oppositori dei suoi alleati polacchi. La scelta di non abdicare al trono di presidente dei conservatori europei – ruolo nel quale Meloni è stata riconfermata ufficialmente la settimana scorsa – riflette proprio questa necessità di mantenere strette le briglie sul gruppo conservatore nella fase che traghetta Fratelli d’Italia alle europee di giugno 2024.

Proprio la capacità di interpolazione con gli alleati garantisce a Meloni peso negoziale con il Ppe. E dalle parti del Pis, il partito polacco alleato, sono convinti che quel peso non possa che aumentare. «Già Vox sta andando forte, e poi dopo le elezioni spagnole ci saranno quelle polacche: i sondaggi danno il Pis tra il 35 e il 38 per cento, una performance persino migliore di quella di Fratelli d’Italia alle ultime politiche. Io penso che in autunno vinceremo e resteremo al governo in Polonia», dice l’eurodeputato del Pis Zdzisław Krasnodębski.

«Ma che vinciamo o meno, quel che è certo è che avremo un grande peso. Si sta creando un momentum per i conservatori in Europa». E al Pis la figura di Meloni alleata e presidente dei conservatori fa pure comodo da esibire in campagna elettorale, perché «mostra che non siamo isolati» in Ue.

Divergenze sotto il tappeto

Ecco quindi Morawiecki e Meloni esibire i piani per scorporare gli investimenti in difesa nella riforma del patto di stabilità, o il supporto incondizionato a Kiev che del resto garantisce tanto a Meloni che a Morawiecki la copertura dell’ombrello Usa.

Affinità elettive, ed elettorali, che prevalgono al punto da camuffare i disallineamenti. Il governo italiano per esempio aveva fatto filtrare una disponibilità a superare il principio di unanimità, che finora ha messo l’Ue sotto lo scacco dei veti polacco e ungherese; ma nell’incontro di Varsavia l’apertura di Meloni a questa linea, condivisa dalla Germania, è finita sotto il tappeto. «Non ci scordiamo l’importanza del principio di unanimità», ha detto Morawiecki con lei vicina.

Dietro le quinte, Krasnodębski decifra: «Sì è vero, abbiamo avuto segnali che l’Italia potesse sostenere l’altra posizione, ma speriamo ci ripensi». Nessun disallineamento permea le dichiarazioni ufficiali: pure Morawiecki non fa che ostentare «che con Giorgia abbiamo una visione di Europa comune».

Si torna così all’Europa delle nazioni sovrane e della Polexit, che del resto già prima di essere premier, Meloni supportava pubblicamente. Pure sui migranti la premier prova a tenere tutti insieme sotto lo slogan delle frontiere dure.

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